Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29848 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6502-2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.S., rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al controricorso, dall’avv. Maurizio SPIRITO, ed elettivamente

domiciliato in Roma, alla via C. Federici, n. 2, presso lo studio

dell’avv. Maria Concetta ALESSANDRINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10045/16/2017 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/06/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di una intimazione di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate sulla scorta della sentenza della CTP di Napoli n. 902/44/2013 che, a detta dell’amministrazione finanziaria, aveva accertato in Euro 27.383,00 il reddito d’impresa conseguito dal contribuente nell’anno d’imposta 2008, la CTR campana rigettava l’appello agenziale proposto avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che quello accertato dalla CTP di Napoli nella sentenza sopra indicata era da considerarsi reddito d’esercizio negativo;

– avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimato con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il motivo di ricorso, con cui la difesa erariale censura la statuizione d’appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per avere erroneamente ritenuto che quello accertato con valore di giudicato dalla sentenza della CTP di Napoli n. 902/44/2013 fosse reddito d’esercizio negativo, è infondato e va rigettato.

2. Pare opportuno preliminarmente ricordare il consolidato principio giurisprudenziale in base al quale l’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 769 del 16/01/2014, Rv. 629285; conf. Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19252 del 19/07/2018, Rv. 650243; Cass. n. 24749 del 20/11/2014).

3. Ciò precisato, osserva il Collegio che nella sentenza avente valore di giudicato esterno, per come trascritto nello stesso ricorso erariale, la CTP aveva affermato che “Il reddito di esercizio per l’anno 2008 va rideterminato riconoscendo validità al calcolo presente a pag. 5 del ricorso del contribuente in Euro 27.383,00”, in cui tale importo era chiaramente di segno negativo, rappresentando la differenza tra i componenti positivi di reddito, ammontanti a 568.336,00 Euro, ed i maggiori componenti negativi, pari a 595.719,00 Euro.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5. Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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