Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29847 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, interno 4, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DOTTA MARCO, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

COMUNE DI GAGLIANICO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 194/2010 del TRIBUNALE DI BIELLA del 3.3.2010,

depositata il 04/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Gabriele Pafundi che si riporta

agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

Osserva in fatto:

R.F. proponeva ricorso, davanti al GdP di Biella avverso un verbale di accertamento di infrazione della Polizia Municipale di Gaglianico per violazione dell’art. 41 C.d.S., comma 11 (superamento del limite di arresto all’accensione della luce semaforica rossa) e dell’art. 146 C.d.S., comma 3 (sanzioni per la prosecuzione della marcia nonostante la segnalazione semaforica di divieto) e comma 3 bis (reiterazione della violazione nel biennio).

Il GdP annullava il verbale di accertamento per vizi della notifica del verbale e il Comune di Gaglianico proponeva appello che, nella resistenza di parte appellata, era accolto dal Tribunale di Biella con sentenza depositata il 4/3/2010.

R.F. propone ricorso per Cassazione fondato su sei motivi.

Osserva in diritto.

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa o carente motivazione e la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, degli artt. 320, 342 e 112 c.p.c., in relazione alla declaratoria di inammissibilità dei motivi sub 2), 3), 6), 8), 9), 10), e 12) del ricorso introduttivo, proposti in appello, ma ritenuti solo astrattamente e genericamente enunciati in primo grado, in violazione del principio di specificità del motivi di opposizione.

Il motivo è inammissibile in quanto la pur ipotizzatale erroneità della decisione sull’inammissibilità delle censure, così come l’ipotizzabile vizio motivazionale, peraltro limitata alle censure su 10, 11 e 12, perchè per le restanti il giudice di appello ha comunque motivato nel merito, non hanno comportato una violazione delle regole sul giusto processo in quanto trattasi di censure del tutto infondate e quindi inammissibili per difetto di rilevanza.

Ed infatti:

A) Sulla censura sub 2), di violazione e falsa applicazione dell’art. 200 C.d.S., comma 1 in relazione ai motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, di violazione dell’art. 384 disp. att. C.d.S., lett. b e di violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 2002 e di vizio di motivazione il giudice di appello ha comunque deciso e motivato (pag. 10 della sentenza) e la censura è infondata.

Questa Corte ha già chiarito che “l’indicazione nel verbale notificato di una delle ragioni tra quelle indicate dall’art. 384 reg. att. C.d.S., che rendono ammissibile la contestazione differita dell’infrazione, rende “ipso facto” legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento, in sede giudiziaria, circa la possibilità concreta di contestazione immediata della violazione.

Ne consegue che, in riferimento al caso di infrazione riconducibile all’attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa (ex art. 384, lett. b), a cui si aggiungono gli accertamenti delle violazioni per mezzo di apparecchi di rilevamento (ex art. 384, lett. e), il giudice dell’opposizione non può escludere l’impossibilità di contestazione immediata con il rilievo dell’astratta possibilità di una predisposizione del servizio con modalità in grado di permettere in ogni caso detta contestazione” (Cass. 2/2/2011 n. 2436). Il testo dell’art. 201 C.d.S. prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 151 del 2003, art. 4 non conteneva la tipizzazione delle situazioni che non richiedevano la motivazione della contestazione differita (e Cass. 8465/2006, insieme ad altre precedenti, richiamate dal ricorrente, si riferisce a infrazioni anteriori alla suddetta modifica) ma con l’introduzione dei commi 1 bis (che esclude l’obbligatorietà della contestazione immediata in caso di attraversamento con luce semaforica rossa) e 1 ter (che nella suddetta ipotesi esclude la necessità della presenza di organi di polizia quando l’accertamento avvenga mediante apparecchiature omologate) dell’art. 201 C.d.S. sono state tipizzate le situazioni che escludono la necessità di contestazione immediata e di motivare la contestazione differita.

Ne discende che nel caso di specie, come correttamente rilevato dal giudice di appello, non era necessaria la contestazione immediata, nè la presenza di organi di polizia e neppure l’indicazione del motivo per il quale non si era proceduto a contestazione immediata, nè ricorreva la necessità che gli strumenti fossero gestiti direttamente da organi di polizia stradale, posto che tale imposizione è stata introdotta solo successivamente, con L. 29 settembre 2010, n. 120 (art. 36).

B) Sulla censura sub 3, di violazione e falsa ed erronea applicazione dell’art. 384 reg. C.d.S., lett. b) in combinato con il disposto dell’art. 201 ter C.d.S. come novellato dal D.L. n. 151 del 2003 e di difetto di motivazione, il giudice di appello ha comunque deciso e motivato (pag. 10 della sentenza) e la censura è radicalmente infondata per i motivi esposti sub a): non essendo necessaria la contestazione immediata non era neppure necessario motivare perchè non si era proceduto a contestazione immediata, tenuto conto che dal verbale risultava il passaggio con luce semaforica rossa e il rilevamento fotografico e che “l’accertamento è stato effettuato facendo ricorso all’apparecchiatura di rilevamento denominata T Red, debitamente omologata” (v. pag. 11 della sentenza impugnata).

C) la censura sub 6 di violazione e falsa applicazione della L. n. 273 del 1991, di violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 2002 e di mancanza di prova in ordine alla corretta taratura della strumentazione utilizzata si sostanzia nell’affermazione della inidoneità tecnica dell’apparecchiatura di rilevamento dell’infrazione in quanto non sottoposta a preventiva taratura presso laboratori accreditati dal servizio di taratura nazionale.

Preliminarmente si osserva che anche su tali censure il giudice di appello ha deciso rilevandone, con adeguata motivazione, la totale infondatezza sia in punto di diritto perchè l’apparecchio non doveva essere assoggettato a taratura, sia in punto di fatto perchè l’apparecchio era stato regolarmente collaudato e l’infrazione era stata commessa dopo pochi giorni dall’installazione e collaudo (pag.

13 della sentenza). Appare pienamente motivato il giudizio di totale infondatezza: il giudice di appello ha correttamente rilevato che l’apparecchiatura fotografica utilizzata per il rilevamento non è uno strumento di misura e non è, quindi, applicabile la L. n. 273 del 1991; ha aggiunto che l’apparecchiatura è stata regolarmente omologata (indicando gli estremi del decreto di omologa: v. pag. 12 della sentenza) e che è in atti la dichiarazione di conformità nella quale è altresì indicato che l’apparecchiatura è stata sottoposta a tutte le procedure di collaudo (pag. 13 della sentenza);

pertanto il motivo è infondato sia in fatto (quanto alla verifica, in concreto, del corretto funzionamento) sia in diritto in quanto come già affermato da questa Corte, le apparecchiature elettroniche, regolarmente omologate, utilizzate per rilevare le violazioni dei limiti di velocità stabiliti, come previsto dall’art. 142 C.d.S., non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla L. n. 273 del 1991 (avente lo scopo di assicurare la riferibilità ai campioni nazionali dei risultati delle misurazioni), istitutiva del sistema nazionale di taratura; tale sistema di controlli, infatti, attiene alla materia c.d. metrologica diversa rispetto a quella della misurazione elettronica della velocita1 ed è competenza di autorità amministrative diverse rispetto a quelle pertinenti al caso di specie (Cass. 23978/07; 9846/10, con riferimento ai misuratori elettronici della velocità, ma secondo principi applicabili anche agli strumenti di rilevazione dei passaggi regolati da semaforo); è appena il caso di aggiungere che la normativa in materia prevede l’omologazione e non la taratura.

D) con la censura sub Vili di violazione e falsa applicazione dell’art. 41 C.d.S., commi 10 e 11 si richiama il comma 10 che prevede che durante il periodo di accensione della luce gialla l’automobilista non può oltrepassare i punti stabiliti per l’arresto, a meno che egli non si trovi così prossimo al momento dell’accensione che non possa più arrestarsi in condizioni di sufficiente sicurezza; si sostiene che, malgrado nessuna disposizione stabilisca il tempo di accensione della luce gialla (nella specie pari a 4 secondi, mentre il conducente aveva superato la linea di arresto dopo circa 1 secondo 782 ms dall’accensione della luce rossa), il tempo di accensione della luce semaforica gialla non dava la possibilità al conducente di valutare se sussistevano le condizioni per fermarsi in sicurezza. La censura è inammissibile sia perchè alla censura ha dato esauriente risposta il giudice di merito rilevando che il conducente aveva impegnato l’incrocio quando il semaforo proiettava luce rossa da oltre 15 secondi (v. pag. 14 della sentenza) sia perchè completamente disancorata dalla prova, ma anche dalla mera allegazione di fatti (ad es. velocità tenuta nell’occasione, situazione di traffico, visibilità, peso del veicolo e quant’altro possa incidere sullo spazio di frenata e sui tempi di reazione) che possano avere impedito il rispetto del divieto di oltrepassare i punti stabiliti per l’arresto all’accendersi della luce gialla.

Poichè è pacifico che è stato violato il divieto di oltrepassare i segnali di arresto all’accendersi della luce gialla, incombeva proprio al R. l’onere di dimostrare che ricorressero le condizioni per rendere operante l’eccezione (ossia il passaggio) rispetto alla regola (ossia l’obbligo di arresto in corrispondenza dell’apposita linea (cfr. Cass. 14/2/1997 n. 1384).

E) con la censura sub 9^ si lamenta la violazione e falsa ed errata applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3 e si deduce l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa perchè l’incrocio sarebbe stato impegnato quando la luce semaforica proiettava il rosso da appena 782 ms ossia da un tempo insufficiente per l’arresto; la censura è manifestamente infondata perchè, come risulta dagli atti l’obbligo di arresto era sorto già da quattro secondi (v. pag. 14 della sentenza appellata), ossia da quando il semaforo aveva iniziato a proiettare luce gialla.

F) Con la censura sub 10) (sulla quale il giudice di appello non ha espresso una motivazione) si lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 convertito dalla L. n. 168 del 2002, in combinato disposto con l’art. 201 C.d.S., commi 1 bis e ter;

violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121 anche sotto altro profilo.

Nel ricorso si assume che nella fattispecie regolata dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4 è rimessa al prefetto, previa consultazione degli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere dell’ente proprietario, l’individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non e possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni, senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico od all’incolumità degli agenti operanti o dei soggetti controllati, e ciò sulla base della valutazione del tasso d’incidcntalità nonchè delle condizioni strutturali, piano- altimetriche e di traffico.

Si assume inoltre che, mancando (o non risultando) l’individuazione, da parte del Prefetto, del tratto di strada sul quale installare l’apparecchiatura di rilevamento, l’istallazione sarebbe illegittima con conseguente illegittimità del verbale; si aggiunge che un Prefetto di Lodi si sarebbe espresso nel senso che l’accertamento dell’infrazione semaforica deve sempre essere effettuato con la presenza di un agente del traffico.

Quest’ultima parte del motivo e infondata per il motivo già esposto (esplicita previsione normativa – D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201 ter – che esclude la necessità di tale presenza); altrettanto infondata è la prima parte del motivo perchè il citato art. 4 si riferisce al rilevamento delle violazioni dell’art. 142 C.d.S.(limite di velocità) e dell’art. 148 C.d.S. (sorpasso) e non agli apparecchi di rilevamento dei passaggi regolati da semaforo e, in ogni caso, l’art. 201, lett. f) richiama la natura del dispositivo e non le condizioni per la sua installazione.

G) Con la censura sub 11) (sulla quale il giudice di appello non ha espresso una motivazione) si denunzia la inidoneità nonchè illiceità della cartellonistica stradale e in particolare sull’eccesso di potere per la violazione dei principi generali di imparzialità correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa;

si lamenta inoltre la violazione e falsa applicazione del combinato disposto normativo di cui all’art. 39 C.d.S. e all’art. 131 disp. att. C.d.S..

Dall’esposizione del motivo risulta che ben due cartelli segnalavano la presenza del rilevatore automatico, ma si contesta che uno sarebbe stato di modeste dimensioni e non facilmente visibile (pag. 32 del ricorso) e l’altro sarebbe stato collocato quasi a ridosso dell’intersezione stradale controllata, sotto il segnale triangolare di avvertimento della presenza semaforica (pag. 33 del ricorso), tuttavia la presenza di ulteriori cartelli sarebbe circostanza idonea a rendere difficoltosa la percezione dell’avviso.

Il ricorrente cita a sproposito un precedente di questa Corte (Cass. 21/9/1998 n. 9438) nel quale si è semplicemente affermato il principio che in tema di segnaletica stradale, “la differenza di dimensioni del cartello installato rispetto a quelle normativamente prescritte, determina l’illegittimità del segnale solo quando tale differenza sia tale da rendere il cartello inidoneo ad assolvere la funzione assegnatagli, ossia quella di rendere edotto l’utente della strada della particolare norma di condotta che il segnale è destinato ad esprimere”. Per il resto basti osservare che, secondo quanto di desume dallo stesso contenuto del ricorso, la regolarità delle dimensioni della cartellonistica, (non risulta difforme dalle previsioni di disciplinari tecnici), la mancanza di contestazioni circa la presenza di ostacoli alla sua visibilità e la reiterazione dell’avviso rendono assolutamente evidente che la percezione non era affatto resa difficoltosa e rendono manifesta l’infondatezza della censura.

H) Con la censura sub 12) (sulla quale il giudice di appello non ha espresso una motivazione) si denunzia violazione e falsa ed errata applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 149 violazione e falsa ed errata applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63 illegittimità del verbale anche sotto altro profilo; si assume che il verbale sarebbe nullo perchè fondato sul rilevamento di un documentatore fotografico installato senza il nulla osta dell’ente provinciale che avrebbe bensì autorizzato l’installazione, ma a condizione che fosse realizzata su sostegni già esistenti, mentre nella fattispecie il sostegno sarebbe stato realizzato ex novo; il motivo risulta, ex actis e all’evidenza, infondato in quanto il nulla osta (peraltro esistente, essendo stata, al più violata una prescrizione tecnica attinente alla realizzazione del sostegno) è diretto a tutelare l’interesse dell’ente proprietario della strada e non attiene alle regole di comportamento dell’utente della strada, nè incide sulla regolarità della rilevazione dell’infrazione.

2. Con il secondo motivo si censura il vizio di motivazione laddove il giudice ha posto a fondamento della propria decisione la descrizione dell’iter di notifica descritto dal Comune di Cagliano in quanto non contestata; si assume che mai parte ricorrente avrebbe esplicitamente ammesso che la descrizione da parte del Comune di Cagliano dell’iter procedimentale di notifica corrispondesse al vero.

Con riferimento alla contestazione della ritualità della notifica, il giudice di appello ha rilevato, in fatto che:

la controversia s’incentra tutta sulla validità o meno della procedura in concreto adottata, in ragione del fatto che il funzionario accertatore si è limitato a redigere la relazione di notificazione, dichiarando di notificare l’atto a mezzo del servizio postale tramite raccomandata con avviso di ricevimento alla data risultante dal timbro postale, ma poi non ha compiuto direttamente l’attività descritta dalla L. n. 890 del 1982, art. 3, commi 2 e 3 cui pure rinvia l’art. 201 C.d.S., ma ha inviato ad una società privata per via telematica copia del verbale di contestazione e dell’allegata relazione di notificazione, lasciando che quest’ultima procedesse alla stampa, all’imbustamento e alla presentazione degli atti presso gli uffici postali per la notificazione a mezzo posta…

La particolarità è data dal fatto che, come sopra evidenziato, il funzionario accertatore, pur redigendo la relazione di notificazione, si è tuttavia avvalso di un ausiliario privato per presentare all’ufficio postale l’atto da notificare e per compiere gli adempimenti preliminari alla presentazione (pagg. 7 e 8 della sentenza).-, l’ufficio postale ha provveduto ad eseguire la notificazione nelle forme di legge e, per quanto riguarda l’interesse dell’agente notificatore, è documentalmente provato (e incontestato) che la presentazione dell’atto all’ufficio postale per la notifica è stata effettuata, con la conseguenza che l’agente accertatore può in questo modo dare prova dell’avvenuta spedizione (pag. 9). Su questa premessa di fatto il giudice di appello ha fondato la propria decisione ritenendo che la notifica non fosse nulla e che, comunque, l’ipotetica nullità sarebbe stata sanata dal raggiungimento dello scopo. Il giudice dell’appello ha, dunque, verificato che la notifica non venne effettuata tramite una agenzia privata di recapito (il che ne avrebbe comportato la nullità: v. Cass 11095/08), ma dall’Ufficio postale, ossia dal fornitore del servizio universale (v. D.lgs. n. 261 del 1999), al quale la legge ha riservato gli invii raccomandata attenenti alle procedure amministrative e giudiziarie e ha rilevato che la notifica fu correttamente eseguita tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

Tali modalità di notifica, poste a fondamento della decisione di appello non risultano mai contestate dal ricorrente che, invece, tardivamente contesta altri vizi (v., in particolare, le censure di cui ai punti b e c del motivo) attinenti alla formazione del verbale di contravvenzione senza indicare con quali modalità nel giudizio di primo grado tali vizi sarebbero stati contestati (tanto che le ulteriori censure sono state considerate contestazioni nuove e quindi inammissibili in appello) così violando il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione. Il motivo è pertanto infondato.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 201 C.d.S., dell’art. 385 reg. esec. C.d.S., deli artt. 148 e 149 c.p.c..

Il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice di appello avrebbe ritenuto corretta la procedura notificatoria, mentre la notifica sarebbe inesistente perchè la formazione del verbale sarebbe avvenuta ad opera di altro soggetto diverso dall’agente accertatore e comunque sarebbe stata illegittima la trasmissione del verbale per flusso telematico alla società incaricata della notifica.

Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni per le quali è inammissibile il motivo sub 2: vengono dedotte censure che attengono ai vizi non dedotti con l’opposizione.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 200 C.d.S., comma 1 e dell’art. 201 C.d.S. in quanto il giudice di appello non avrebbe rilevato la nullità dell’accertamento per mancata contestazione immediata dell’infrazione e per la mancata presenza degli agenti accertatori presso l’apparecchio di rilevamento.

La censura è manifestamente infondata per le ragioni già esplicitate decidendo sul primo motivo di ricorso, al punto A); è appena il caso di aggiungere che l’art. 200 C.d.S., richiamato dal ricorrente per riaffermare la necessità di contestazione immediata, è richiamato a sproposito perchè la stessa norma fa salve le disposizioni derogatorie dell’art. 201 bis.

5. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990 come integrata dalla L. n. 15 del 2005, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 11 e 12 l’illegittimità della procedura di acquisizione dati, la violazione e falsa applicazione della L. n. 445 del 2000 e del D.Lgs. n. 82 del 2005 codice dell’amministrazione digitale.

Il ricorrente assume che in violazione delle previsioni normative il Comune di Gagliarda) avrebbe affidato l’intero procedimento di acquisizione e elaborazione dati del documentatoli fotografico ad una società privata (CI.TI. ESSE s.r.l.)priva della qualità di organo pubblico.

Il motivo è inammissibile in quanto non risulta che il presupposto di fatto della censura sia mai stato dedotto tra i motivi di opposizione e in ogni caso in quanto difetta il requisito dell’autosufficienza del ricorso non essendo indicato con quali modalità il presupposto di fatto dal quale discenderebbe la violazione, se dedotto, sia stato tempestivamente dedotto in primo grado.

6. Il sesto motivo di ricorso riproduce esattamente il motivo esposto al punto F) del motivo n. 1 e, quindi, si richiamano le ragioni ivi sviluppate per rilevarne la totale infondatezza.

7. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere rigettato in considerazione della manifesta infondatezza”.

Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..

Considerato che il collegio condivide e fa proprie proprie le argomentazioni e la proposta del relatore osservando, a conferma del giudizio di infondatezza della censura relativa alla notificazione del verbale di accertamento, che la proposta opposizione al verbale di accertamento avrebbe comunque sanato l’ipotizzata nullità della notificazione (v. Cass. 17/5/2007 n. 11548).

Considerato che he nulla va statuito in tema di spese in mancanza di costituzione del Comune intimato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 2 Dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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