Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29845 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

IDRAULICA FLLI GATTI DI GATTI CLAUDIO E SERGIO SNC (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE PLAMINIO 66, presso lo

studio dell’Avvocato ROMANAZZI MARIO MICHELE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato TOSI EMILIA;

– ricorrente –

contro

L.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 443/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata l’11/05/2010.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2

dicembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Sergio Smedile, per delega dell’Avv. Emilia Tosi;

sentito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale dott. ZENO Immacolata, che ha concluso: “nulla osserva”.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 5 ottobre 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: ” L.G. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2335, emesso dal Tribunale di Brescia il 23 novembre 1999, su istanza della s.n.c. F.lli Gatti, per il pagamento di una serie di opere in variante ad un contratto per la realizzazione di impianti sanitari, lamentando di non aver autorizzato i lavori in variante e che i lavori appaltati non erano stati completati ed e-rano affetti da vizi.

Il Tribunale di Brescia rigettò l’opposizione. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria l’11 maggio 2010, ha rigettato i primi quattro ed il sesto motivo del gravame ed accolto il quinto (quello relativo all’incidenza dei vizi rilevati dal c.t.u. sul valore economico dell’opera appaltata), e, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale, ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato il L. al pagamento dell’importo di Euro 2.754,13 (Euro 3.145,13 meno Euro 400), ordinando la restituzione all’appellante della somma eccedente versata in forza della declaratoria di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; ha regolato le spese del giudizio, compensandole per 1/4 e condannando il L. alla refusione del residuo.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello l’Idraulica F.lli Gatti ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 dicembre 2010, sulla base di quattro motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo mezzo denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ed assenza, contraddittorietà, illogicità ed arbitrarietà della motivazione della sentenza impugnata sull’unico gravame accolto, per cui su un punto decisivo della controversia”. Si lamenta che la Corte territoriale abbia ecceduto rispetto all’equa valutazione della relazione del c.t.u.

Correttamente – si sostiene – il primo giudice aveva invece rilevato che i vizi lamentati da parte opponente o erano stati immediatamente eliminati nel corso delle operazioni peritali (messa in sicurezza con sezionamento della tubazione in gas interrata non utilizzata), non erano stati riscontrati dal c.t.u. nel corso del sopralluogo (perdite d’acqua dalla tubazioni del quadro principale dell’impianto idro- termo-sanitario), non potevano essere ricondotti a negligenze della Idraulica e direttamente addebitabili alla stessa (perdita nel soggiorno dell’appartamento al piano terra in posizione est) o risultavano irrilevanti.

La Corte di Brescia avrebbe disatteso le valutazioni espresse dal c.t.u., omettendo qualsiasi valutazione critica ancorata alle risultanze processuali.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello, con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa, immune da mende giuridiche, si è discostata dalle conclusioni della c.t.u., secondo cui i difetti dallo stesso rilevati non avrebbero inciso sul valore economico dell’opera, ed ha invece quantificato in Euro 400 tale minor valore, in particolare rilevando: che le operazioni di apertura e chiusura delle valvole sono rese difficoltose collocazione delle stesse ; che le perdite d’acqua delle tubature devono far carico a chi ha realizzato l’impianto, non potendosene far ricadere la responsabilità, in mancanza di alcuna prova, su un terzo.

Le critiche della parte ricorrente – oltre a risolversi nella prospettazione, anche là dove denunciano vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge, di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito – non tengono conto del fatto che il sindacato di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, è limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esaustiva motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l’iter argomentativo seguito nella sentenza impugnata. Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 653 cod. proc. civ. e vizio di motivazione) si deduce che la Corte territoriale non avrebbe potuto, nè dovuto revocare in toto il decreto ingiuntivo, bensì limitarsi a ridurne l’importo. La censura è infondata, perchè dall’accoglimento, anche parziale, della opposizione deriva la nullità ope legis dell’ingiunzione, alla quale si sostituisce la sentenza pronunciata sull’opposizione stessa, sicchè non è consentito al giudice della opposizione confermare il decreto ingiuntivo entro i limiti in cui la statuizione in esso contenuta non sia stata modificata (Cass., Sez. 3^, 12 febbraio 1994, n. 1421).

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e vizio di motivazione per avere errato la Corte d’appello a ritenere che l’importo capitale originario del decreto ingiuntivo, da cui è stata detratta la somma di Euro 400, fosse di Euro 3.154,13.

Il motivo è fondato, sotto il profilo del vizio di motivazione.

Diversamente da quanto indicato dalla Corte territoriale, il decreto ingiuntivo n. 2335/99 del 23 novembre 2009 era di lire 10.329.000 per capitale, pari a Euro 5.334,48, sicchè la sentenza impugnata non spiega da dove abbia tratto il minore importo di Euro 3.154,13 come base di calcolo per operare la riduzione di Euro 400.

L’accoglimento del terzo mezzo assorbe l’esame del quarto motivo, relativo alle spese.

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e art. 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato nei primi due motivi ed accolto nel terzo, con assorbimento del quarto”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi specifici rilievi critici;

che pertanto, il ricorso il ricorso deve essere accolto limitatamente al terzo motivo e rigettato nei primi due, con assorbimento del quarto motivo;

che cassata la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia;

che il giudice del rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso limitatamente al terzo motivo e lo rigetta nei primi due motivi, assorbito l’esame del quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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