Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29845 del 13/12/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/12/2017, (ud. 18/01/2017, dep.13/12/2017),  n. 29845

Fatto

FATTI DI CAUSA

La spa Equitalia Nord ricorre con un motivo, illustrato con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello di P.A. e P.G.A., ha annullato sei cartelle di pagamento recanti iscrizione a ruolo di imposte per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002, 2003 per omessi o insufficienti versamenti, emesse all’esito della liquidazione in base alle dichiarazioni, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis della P. snc dei Fratelli A. e G.: le cartelle erano state emesse nei confronti della snc P., ed ulteriori cartelle erano state inoltre emesse e notificate nei confronti di P.A. e di P.G. come soci solidalmente ed illimitatamente responsabili della società stessa.

Il giudice d’appello rilevava che le cartelle, relative a dichiarazioni del 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003, erano state notificate nel 2009, e quindi oltre il termine fissato dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, come convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 156, e riteneva quindi essersi verificata la decadenza dell’ufficio.

I contribuenti resistono con controricorso.

Diritto

RAGICNI DELLA DECISICNE

Con l’unico motivo l’agente della riscossione Equitalia Nord, denunciando la “falsa ed erronea applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 in relazione all’art. all’art. 2291 cod. civ. e all’art. 1310 cod. civ. ed ai principi che regolano la responsabilità solidale dei soci delle società di persone”, assume che al coobbligato menzionato dalla prima delle disposizioni in rubrica, identificato anche con il socio di società di persone, essendo unico il ruolo emesso nei confronti della società – e valendo anche nei confronti dei coobbligati solidali -, la cartella di pagamento non debba essere notificata entro lo stesso termine di decadenza. Poichè “le cartelle esattoriali originarie” sono state tempestivamente notificate alla società e l’art. 25 richiamato dispone che la cartella si notifica “al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede”, e non “e al coobbligato”, ne conseguirebbe che la notificazione ad uno dei due soggetti esclude l’avverarsi della decadenza e successivamente la riscossione è soggetta ad ordinari termini decennali: “interpretazioni differenti dell’art. 25 comporterebbero una disparità di trattamento per le ragioni degli Enti impositori difficilmente giustificabili, anche in chiave costituzionale”.

La censura è infondata.

In tema di riscossione delle imposte, infatti, “il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1 convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 156 – dando seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle imposte liquidate D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis – ha fissato, al comma 5-bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito al comma 5-ter, sostituendo del D.Lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, art. 36, il comma 2 che, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La norma, di chiaro ed inequivoco valore transitorio, trova applicazione, come tale, non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle (come il caso di specie) ancora “sub iudice” (tra le tante, Cass. n. 8406 del 2013).

Del pari inequivoco è il tenore del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, nello stabilire che l’agente della riscossione notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo “o al coobbligato nei confronti del quale procede, a pena di decadenza, entro” i termini fissati dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1 rispettivamente per la disciplina a regime e per quella transitoria, applicabile nella specie.

Nella controversia in esame i coobbligati, destinatari delle cartelle impugnate, sono i soci A. e P.G., perchè “nella società in nome collettivo – a norma dell’art. 2291 cod. civ. tutti i soci rispondono solidalmente eillimitatamente per le obbligazioni sociali”.

La necessità del rispetto, per la notifica delle cartelle di pagamento “al debitore iscritto a ruolo”, dei termini fissati, a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, con il d.l. n. 106 del 2005 vale a maggior ragione quando si “procede” (per usare il termine impiegato dall’art. 25 del d.P.R. citato), nei confronti del coobbligato, e trova la sua ratio nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, e nello “scopo, in adempimento delle indicazioni contenute nella pronuncia del giudice delle leggi, di porre comunque un limite temporale ultimo per le richieste degli uffici finanziari, al fine precipuo di “garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni” (Cass. n. 26421 del 2005).

Nè la cronologicamente precedente, eventuale notificazione alla società contribuente di cartelle recanti la medesima iscrizione a ruolo può spiegare effetti per così dire conservativi dei termini fissati all’ufficio per la notifica al coobbligato, ove si consideri che secondo l’insegnamento di questa Corte, con riguardo alla “solidarietà tra coobbligati, l’art. 1310 cod. civ., comma 1, dettato in materia di prescrizione, non è applicabile anche in tema di decadenza, non solo per la chiarezza del testo normativo, riferito solo alla prescrizione, ma anche per la profonda diversità dei due istituti, fondandosi la prescrizione sull’estinzione del diritto che, per l’inerzia del titolare, si presume abbandonato e fondandosi, invece, la decadenza sulla necessità obiettiva di compiere un determinato atto entro un termine perentorio stabilito dalla legge, oltre il quale l’atto è inefficace, senza che abbiano rilievo le situazioni soggettive che hanno determinato l’inutile decorso del termine o l’inerzia del titolare e senza possibilità di applicare alla decadenza le norme relative all’interruzione e/o alla sospensione della prescrizione contemplate dall’articolo indicato” (Cass. n. 16945 del 2008).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 7.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese generali determinate forfetariamente nella misura del quindici per cento.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017

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