Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29843 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 20/11/2018), n.29843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14302/2017 proposto da:

T.L., S.C., S.A.,

D.C.S.A., M.M., P.G., F.G.,

S.S., C.N., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TOSCANA 1, presso lo studio dell’avvocato GIANNA VALERI,

rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO PRINCIGALLI giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

REGIONE PUGLIA;

– intimata-

e da:

Q.M., I.D., L.N., C.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TOSCANA 1, presso lo studio

dell’avvocato GIANNA VALERI, rappresentati e difesi dagli avvocati

DOMENICO DELL’AERE, GIOVANNI PATRUNO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della G.R. Dott.

M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA A. MORO 28, presso

lo studio dell’avvocato ANGELA VISCIANI che la rappresenta e difende

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 330/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 03/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’Appello di Bari con sentenza n. 330/2017 ha rigettato gli appelli, principali ed incidentali, proposti avverso la sentenza n. 2154/2007 del Tribunale di Bari.

2. Era accaduto che la Regione Puglia, con Delib. 14 dicembre 1989, n. 7316, aveva concesso alla Soc. Coop. Servizi Collettivi della R.F. di (OMISSIS) (in breve Co.Se.Co), un contributo in conto capitale di L. 1.286.850.000, per la costruzione di un impianto ortofrutticolo. Detta delibera prescriveva, tra l’altro, che, per un periodo di almeno 10 anni dalla data degli accertamenti finali, i fabbricati, ammessi a contributo, non fossero venduti (e la destinazione degli stessi rimanesse invariata) e che i macchinari acquistati non fossero venduti, nè distolti dal previsto impiego, per almeno 5 anni. A tal fine, era stato richiesto che il Consiglio di Amministrazione della Cooperativa si assumesse tali obblighi in modo pieno ed incondizionato, pena la revoca dei contributi concessi. La delibera di concessione del finanziamento prevedeva anche, quale garanzia dell’impegno assunto relativamente all’acquisto dei macchinari e delle attrezzature mobili, che i beneficiari rilasciassero atto di fidejussione (registrato e per atto notarile nel caso in cui avessero optato per una fidejussione personale).

Con atti notarili (OMISSIS) erano state prestate fidejussioni personali, a garanzia delle obbligazioni anzidette, da parte dei componenti dei rispettivi CdA pro tempore della cooperativa.

In data 15/6/1995, era stato certificato lo stato finale dei lavori di costruzione dell’impianto ortofrutticolo, ammesso a contributo e, successivamente, con decreto assessorile era stata corrisposta la somma di L. 258.429.500, a saldo sullo stato finale dei lavori.

In data 8/8/1997 il liquidatore della Società Cooperativa di Servizi Collettivi per la Riforma Fondiaria di (OMISSIS), aveva comunicato l’avvenuta messa in liquidazione della società con delibera straordinaria del precedente 30/6/97.

La Giunta Regionale con atto n. 7113 del 26/9/1997 aveva quindi deliberato di “revocare i contributi in conto capitale e in conto interessi” già “concessi a favore della Soc. Coop. Servizi Collettivi della RF. di (OMISSIS)” con la citata Delib. 14 dicembre 1989, n. 7316. Tale provvedimento – si legge in motivazione – si era reso necessario, in quanto lo stato di liquidazione della società beneficiaria era in contrasto con la prescrizione di non distogliere il complesso finanziato dall’uso previsto (e cioè dalla destinazione dell’attività produttiva che doveva essere concretamente esercitata).

3. Fu così che nel 1998 la Regione Puglia aveva convenuto davanti al Tribunale di Bari la Cooperativa Servizi Collettivi per la Riforma Fondiaria di (OMISSIS) S.r.l. (CO.SE.CO), in liquidazione, in qualità di debitore principale, nonchè, in qualità di fideiussori, Q.M., L.N., M.F., I.D., F.G., C.L., Si.Co., S.C., S.S., T.S., S.A. A., T.L., M.M., D.C.S.A. e P.G..

In punto di fatto la Regione aveva per l’appunto dedotto che: a) in forza di Delib. 14 dicembre 1989, n. 7316, aveva erogato in Lire la somma corrispondente a 664.602,56 Euro in favore della società cooperativa convenuta per contributo in conto capitale per la costituzione di un impianto ortofrutticolo, sito in (OMISSIS); b) detto contributo successivamente era stato revocato per ritenuta violazione delle prescrizioni imposte (tra le quali, in particolare, il divieto di vendita e/o di mutamento di destinazione dei beni dagli impieghi previsti, per un periodo di anni 10, quanto agli immobili, e per un periodo di anni 5, quanto ai beni mobili); c) la società cooperativa, una volta ottenuti i contributi, era stata posta in liquidazione volontaria con delibera straordinaria del 30/6/1997 e, pertanto, erano stati revocati i contributi con Delib. 26 settembre 1997, n. 7113; d) la richiesta, rivolta in via stragiudiziale alla società ed ai fideiussori, di restituzione dell’importo erogato era stata infruttuosa.

Tanto premesso in fatto, la Regione Puglia aveva concluso chiedendo la condanna dei convenuti, in solido tra loro, alla restituzione della suddetta somma, oltre interessi e spese.

4. Il Tribunale di Bari: da un lato, aveva dichiarato improcedibile l’azione esecutiva individuale proposta dalla Regione nei confronti della società convenuta, per disposta liquidazione coatta amministrativa; e, dall’altro, aveva condannato i fideiussori (senza esclusione di alcuno) in solido alla restituzione, in favore della Regione, della somma di Euro 664.602,56, oltre interessi legali dal 29/10/1998 fino al soddisfo, a titolo di restituzione del contributo concesso e poi revocato per avveramento della condizione, in conformità al contenuto dell’obbligazione garantita.

5. La sentenza del giudice di primo grado era stata impugnata con distinti appelli dai convenuti fideiussori, che avevano chiesto, in via preliminare, dichiararsi l’incompetenza per territorio dell’adito Tribunale di Bari ed il loro difetto di legittimazione passiva, nonchè, nel merito, il rigetto della domanda proposta dalla Regione.

Riuniti i diversi appelli, la Corte di appello di Bari con la menzionata sentenza – dopo aver confermato il rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Bari, (ritenendo la fideiussione una obbligazione pecuniaria restitutoria) e la declaratoria di legittimazione passiva anche dei fideiussori che non erano più consiglieri negli anni 1994-1995 – ha ritenuto verificata la condizione a seguito della messa in liquidazione della cooperativa il (OMISSIS) e, avendo ritenuto non provato il pregiudizio per fatto del creditore, non ha ritenuto estinta la garanzia fideiussoria ex art. 1955 c.c..

6. Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari hanno proposto:

– ricorso principale i già convenuti fideiussori: S.C., S.S., S.A., T.L., M.M., D.C.S.A., P.G., F.G. e C.N.;

– ricorso incidentale i convenuti fideiussori non più amministratori alla data del secondo atto fideiussorio: Q.M., I.D., L.N. e C.L..

Ha resistito ad entrambi i ricorsi con distinti contro ricorsi la Regione Puglia.

7. In vista dell’odierna adunanza depositano memoria: sia i ricorrenti S. ed altri che la Regione Puglia controricorrente.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Il ricorso principale è affidato a tre motivi.

Precisamente, S.C., S.S., S.A., T.L., M.M., D.C.S.A., P.G., F.G. e C.N.:

– con il primo motivo, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 2 e 3, violazione degli artt. 1182-2946 c.c. e art. 20 c.p.c; al riguardo, sostengono che la Corte di Appello è incorsa nel vizio denunciato, qualificando la loro obbligazione come restitutoria; deducono che l’obbligazione principale era invece una obbligazione di fare (e precisamente di non vendere i fabbricati ammessi a contributo e di non mutarne la destinazione); lamentano che anche la richiesta di garanzia da parte della Regione era stata erroneamente interpretata, essendo la stessa limitata ai macchinari ed alle attrezzature mobili; sostengono che comunque al caso di specie la Corte avrebbe dovuto applicare non il comma 3 dell’art. 1182 c.c., trattandosi di somma non determinata nell’ammontare, ma il comma 4 di detto articolo, essendo in presenza di obbligo di fare ovvero di non fare; per tali motivi avrebbe dovuto essere dichiarata l’incompetenza del Tribunale di Bari per essere competente il Tribunale di Trani;

– con il secondo motivo, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente violazioni delle regole legali di ermeneutica contrattuale (di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c.); al riguardo, sostengono che la Corte territoriale, incorrendo nel vizio denunciato, ha accertato una loro responsabilità patrimoniale in conseguenza dell’obbligo restitutorio della cooperativa, senza considerare che gli stessi, in forza della prestata fideiussione, dovevano rispondere solo della inalienabilità del fabbricato e della inamovibilità dei macchinari; quanto precede salvo ritenere che essi avevano violato detto obbligo deliberando la liquidazione volontaria;

– con il terzo motivo, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia; sostengono che, ad eccezione di F.G., avevano tutti sottoscritto soltanto la fideiussione del (OMISSIS), ragion per cui, in via subordinata, avevano chiesto ad entrambi i giudici di merito di contenere l’importo eventualmente dovuto alla minor somma corrispondente a 258.429.000 delle vecchie Lire (pari all’importo del saldo corrisposto dalla Regione con decreto del 13 novembre 1995); deducono quindi di aver eccepito che la loro responsabilità patrimoniale era stata limitata alle somme erogate successivamente alla fidejussione (cioè al saldo del contributo) e non era estesa a tutte le somme erogate per il contributo.

2. Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.

Precisamente, Q.M., I.D., N.L. e C.L.:

– con il primo motivo, denunciano a loro volta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 2 e 3, violazione degli artt. 1182-2946 c.c.e art. 20 c.p.c., sulla base delle medesime argomentazioni poste dai ricorrenti principali a fondamento del primo motivo;

– con il secondo motivo, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in punto di difetto di legittimazione passiva; al riguardo, premettono che l’unica fideiussione loro riferibile è quella del (OMISSIS) (essendo a loro non riferibili le scritture private del (OMISSIS), evocate nella sentenza impugnata) e che detta fideiussione è eccedente la garanzia richiesta dalla Regione con la Delib. Giunta Regionale n. 7316 del 1989 (atto fondante l’obbligazione, che non conteneva alcuna condizione o prescrizione di fideiussione per la restituzione di somme erogate a titolo di contributo); sostengono che il notaio rogante la fideiussione aveva erroneamente inserito l’obbligazione di garantire la restituzione delle somme erogande; aggiungono che l’atto introduttivo del giudizio era stato posto in essere in violazione delle Delib. giunta n. 3265 del 1998 (per nomina del difensore) e n. 714 del 1999 (per ratifica mandato difensivo), in quanto la giunta, con la prima, aveva deliberato di costituirsi soltanto nei confronti della CO.SE.CO, per cui, nella premessa della seconda, che alla prima faceva riferimento, era stato erroneamente ratificato il mandato difensivo a procedere anche nei confronti degli amministratori fideiussori; deducono che le delibere di giunta, che avevano autorizzato la proposizione dell’azione, riguardavano la sola società; osservano che erano cessati dall’incarico, per cui le delibera di giunta, che avevano autorizzato la proposizione dell’azione, non erano loro riferibili e sottolineano che non avevano sottoscritto la delibera sociale del Consiglio di amministratore, proprio perchè non erano più amministratori; lamentano che la Corte di Appello, incorrendo nel vizio denunciato, ha ritenuto non sussistere alcuna causa estintiva delle fideiussioni, collegata al venir meno del ruolo di amministratore all’interno della compagine sociale.

3. il ricorso principale va rigettato.

3.1. Infondato è il primo motivo.

Invero, è jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio, per cui, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art. 20 c.p.c., il locus destinate solutionis dell’obbligazione del fideiussore si identifica con il luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione garantita, in quanto le modalità di adempimento di quest’ultima si estendono, salva diversa previsione del titolo, al debito fideiussorio (Sez. 3, Ordinanza n. 14852 del 22/11/2001, Rv. 550530 – 01).

Di tale principio ha fatto buon governo nel caso di specie la Corte di Appello di Bari, che – dopo aver correttamente qualificato l’obbligazione dei ricorrenti come obbligazione restitutoria, argomentando su quanto indicato nelle scritture (OMISSIS) 575/95 (“I sottoscritti pertanto garantiscono in nome e per conto proprio la restituzione dell’importo del contributo che l’Ente Regionale Puglia eventualmente erogherà relativamente ai macchinari e gli immobili…”), nonchè sul contenuto stesso della domanda attorea (avente ad oggetto proprio la restituzione della somma ottenuta a titolo di contributo) – ha correttamente individuato il luogo dell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria (restitutoria) a (OMISSIS), quale città sede della Regione creditrice, a norma per l’appunto dell’art. 1182 c.c., comma 3.

D’altra parte, il dedotto zelo del notaio rogante è deduzione che è stata inammissibilmente formulata in questa sede, non risultando proposta nel giudizio di merito (e, in particolare, nell’atto di appello).

3.2. Inammissibile è il motivo secondo, concernente l’eccepita violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale.

Al riguardo, l’inammissibilità consegue al fatto che il motivo non investe statuizione o questione che abbia già formato oggetto di contraddittorio e che quindi sia compresa nel thema decidendum del giudizio di merito (quale fissato dalle deduzioni e richieste delle parti), ma concerne la prospettazione di questioni di dritto su elementi di fatto nuovi o diversi rispetto a quelli dedotti nella fase di merito. Inoltre, il motivo è genericamente e confusamente formulato, senza una critica della sentenza impugnata che consenta di enucleare il principio di diritto che in tesi difensiva si ritiene applicabile. D’altronde, la Corte territoriale, con motivazione congrua, immune da vizi logici e giuridici, ha ritenuto che: la pretesa restitutoria azionata dalla Regione poggiava sulla revoca del finanziamento; detta revoca era stata disposta con Delib. n. 7113 del 1997, per violazione dell’impegno (assunto dalla società cooperativa e garantito dai fideiussori) a non mutare la destinazione degli immobili e a non distogliere dal previsto impiego i macchinari e le attrezzature per un periodo non inferiore, rispettivamente, a 10 e a 5 anni, a partire dagli accertamenti finali di regolare esecuzione (e, quindi, dal (OMISSIS)); la regione aveva ravvisato la violazione di detto impegno nella delibera assembleare del (OMISSIS) con la quale era stato deciso di porre volontariamente in liquidazione la compagine sociale; detta violazione era innegabile in quanto con l’avvio della fase liquidatoria della società, deliberata dall’organo assembleare, l’originaria finalità perseguita dalla compagine sociale era mutata (essendo stato sostituito all’originario oggetto sociale, per il quale era stato concesso il contributo, il diverso oggetto di soddisfare i creditori e di ripartire l’attivo residuo secondo la normativa in materia di cooperative).

3.3. Infondato è infine il terzo motivo, concernente la pretesa omessa pronuncia in ordine ad un punto specifico della domanda.

Invero, secondo consolidato orientamento di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 5^, Ordinanza 4/4/2018, n. 8238) non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo.

Orbene, nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’eccezione per cui la loro responsabilità patrimoniale sarebbe stata limitata alle somme erogate successivamente alla fideiussione (e non già a tutte le somme erogate per il contributo), è stata implicitamente considerata dalla Corte territoriale, che l’ha disattesa nella parte in cui ha affermato che: “E’ evidente…che la garanzia personale prestata in favore della Regione, da quest’ultima escussa, si ricollega in via diretta all’inadempimento della debitrice personale e prescinde da qualsiasi implicazione di carattere soggettivo riferibile alla condotta esigibile di ciascun fideiussore”.

4. Anche il ricorso incidentale va rigettato.

4.1. Il primo motivo è infondato per le stesse ragioni per le quali è stato sopra ritenuto infondato il primo motivo del ricorso principale.

4.2. Il motivo secondo è poi in parte infondato e in parte inammissibile.

E’ infondato nella parte in cui gli odierni ricorrenti insistono nel sostenere che la fideiussione era stata da loro prestata quali amministratori, ragion per cui, essendo venuta meno tale qualità al momento della revoca, sarebbe venuta meno anche la loro legittimazione passiva.

Al riguardo, invero, la Corte territoriale ha correttamente rilevato (p. 11) che: a) “In nessuno degli atti di fideiussione, acquisiti al processo, è dato evincere, quale causa di scioglimento del rapporto di garanzia, il venir meno in capo al fideiussore della carica di organo amministrativo della società beneficiaria del contributo regionale”, per cui “l’obbligo di garanzia…è destinato a permanere in capo al fideiussore anche con il venir meno del suo ruolo di amministratore all’interno della compagine sociale”; b) “la garanzia personale dei fideiussori è operativa perchè si ricollega in termini meramente oggettivi all’inadempimento, da parte del debitore principale, dell’obbligazione assunta nei confronti della Regione, concretizzatosi nella mancata restituzione del contributo, del quale erano venuti meno i presupposti”.

D’altronde, ragionando a contrario, se la seconda fideiussione avesse comportato l’estinzione della prima, sarebbe bastato sostituire i componenti del CdA con altri del tutto impossidenti per vanificare qualsiasi garanzia; mentre è ragionevole che la Regione Puglia (a fronte della possibilità che la cooperativa non fosse più solvibile) abbia inteso richiedere una pluralità di garanzie per il rispetto delle condizioni di finanziamento e per l’eventuale restituzione del contributo pubblico erogato.

Il motivo è nel resto inammissibile, perchè ogni altro profilo di doglianza risulta essere stato dedotto soltanto in questa sede e, d’altra parte, con esso non viene chiesto l’enunciazione di alcun principio di diritto, quanto piuttosto una valutazione diversa da quella effettuata dai giudici di merito.

5. Al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale consegue la condanna dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, in solido tra loro, al pagamento in favore della Regione Puglia delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo. Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese processuali tra i ricorrenti principali ed i ricorrenti incidentali vanno invece dichiarate integralmente compensate.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– dichiara integralmente compensate le spese processuali tra ricorrenti principali e ricorrenti incidentali;

– condanna i ricorrenti principali e i ricorrenti incidentali, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della Regione Puglia resistente, spese che liquida in Euro 13.200, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuna parte ricorrente (principale ed incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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