Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29843 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 18/11/2019), n.29843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32062/2018 proposto da:

O.E., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Carotta,

con domicilio eletto presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2019 da GORI PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto n. 4960 depositato in data 17.9.2018 nella controversia iscritta all’RGN 11167/2017 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da O.E., nato in (OMISSIS) (alias (OMISSIS)), in impugnazione del provvedimento prefettizio di diniego notificatogli il 5.10.2017 dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Treviso, con cui gli è stata rigettata la richiesta di riconoscimento tanto della protezione internazionale quanto di quella umanitaria.

Avverso la decisione il richiedente ha notificato in data 16.10.2018 ricorso, affidato a due motivi, e il Ministero dell’Interno non si è difeso, rimanendo intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il richiedente denuncia la violazione ed falsa applicazione dei principi che regolano l’onere della prova in tema di riconoscimento dello status di rifugiato, per non aver il Tribunale di Venezia correttamente applicato il canone dell’onere della prova, in particolare circa la valutazione delle dichiarazioni del ricorrente, ritenute non credibili e per aver omesso di attivarsi al fine di una cooperazione istruttoria in ordine all’accertamento delle condizioni aggiornate del Paese di origine del richiedente.

In disparte dal fatto che il corpo del motivo non individua le precise disposizioni di legge che si assumono violate, il motivo è comunque infondato per le seguenti ragioni.

– La Corte rammenta che “In materia di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674 – 01).

– In particolare, nel decreto – in primo luogo ai fini della valutazione dello status di rifugiato – viene attentamente esaminato il complesso delle dichiarazioni del richiedente, ritenuto non credibile sulla base di elementi specifici: già agricoltore, da maggiorenne si sarebbe iscritto all’università – ma non individua i mezzi di mantenimento nè i possibili sbocchi professionali del ciclo di studi intrapreso -; nell’ambito studentesco sarebbe entrato in contatto con il pericoloso gruppo Black Axe, e sarebbe autore di gravi delitti commessi in forma organizzata – autore in concorso di sette sequestri di persona -, ma avrebbe collaborato con la polizia identificando i complici e sarebbe stato per questo liberato senza conseguenza personale alcuna -; sua zia, che lavorava per la polizia, gli avrebbe riferito informazioni sensibili sulle indagini in corso nei suoi confronti venendo per questo licenziata – senza conseguenze penali a carico -. Le incongruenze evidenziate dal Tribunale portano alla logica conclusione di non ritenere credibile il dichiarante.

– Quanto poi all’asserito mancato rispetto del canone dell’onere della prova, il Tribunale non ha mancato ai poteri-doveri di cooperazione istruttoria, rilevando che il richiedente proviene, all’interno della Nigeria, dall’Edo State, nella parte meridionale del Paese, il quale secondo fonti internazionali attendibili conosciute non è interessato da conflitti armati, come il conflitto nel Delta del Niger nè da attentati commessi da organizzazioni terroristiche, in particolare da Boko Haram, come altri Stati, soprattutto nel nord est della Nigeria. La situazione di violenza denunciata dal richiedente nell’ambito sociale di provenienza sarebbe poi ricollegabile a criminalità comune non connessa a scontri armati, trattandosi di rapine, criminalità organizzata, uso indiscriminato della forza da parte delle autorità statali, scontri tra confraternite studentesche;

– Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il richiedente denuncia la nullità della sentenza per utilizzo di criteri erronei e illegittimi nella valutazione dei fatti rappresentati nella documentazione e nelle dichiarazioni rese dal richiedente.

– Il motivo, per come congegnato, è destituito di fondamento. Il mezzo denuncia un vizio motivazionale, richiamando il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e afferma che questo cagionerebbe la nullità della sentenza. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “Nei giudizi aventi ad oggetto domande di protezione internazionale e di accertamento del diritto al permesso per motivi umanitari, la verifica delle condizioni socio politiche del paese di origine non può fondarsi su informazioni risalenti ma deve essere svolta, anche mediante integrazione istruttoria ufficiòsa, all’attualità” (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 28990 del 12/11/2018 (Rv. 651579 – 01); rammenta inoltre che “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019 (Rv. 654174 – 01).

– Nel caso di specie in nessun caso si può ritenere che la motivazione del decreto si collochi al di sotto del minimo costituzionale, per l’articolato e costante collegamento del filo motivazionale agli elementi di prova raccolti nel processo, in particolare alle condizioni politico-sociale dell’ambito di provenienza e alle dichiarazioni del richiedente, ritenute contraddittorie per una pluralità di ragioni sopra evidenziate, che il mezzo di impugnazione stesso ritiene essere non meno di quattro. Più in generale, il motivo tende ad una generica rivalutazione del quadro probatorio, per la quale non vi è spazio in sede di legittimità.

In conclusione, il ricorso va disatteso, e nessun provvedimento va adottato sulle spese, in assenza di costituzione del Ministero.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA