Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29840 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, (ud. 27/06/2018, dep. 20/11/2018), n.29840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8727/2017R.G. proposto da:

Italfondiario s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Petraglia, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Aureliana, n. 2;

– ricorrente –

contro

T.P., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Michele

Cesari e Antonio Di Cicco, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via R. Pereira, n. 116;

– controricorrente –

R.O., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Di Dio, con

domicilio eletto in Roma, via Tuscolana, n. 220, presso lo studio

dell’Avv. Paolo Totarelli;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia pubblicata il 17

febbraio 2017;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letto il ricorso, i controricorsi e le memorie depositate ai sensi

dell’art. 380-bis-1 c.p.c..

Fatto

RITENUTO

che:

R.O. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo T.P. e la Italfondiario s.p.a. chiedendo la condanna di quest’ultima al pagamento dell’importo di Euro 62.000,00, già dovuti al T., “direttamente in favore del creditore surrogante”.

I convenuti si costituivano chiedendo il rigetto delle domande.

Il tribunale adito respingeva le domande proposte nei confronti della Italfondiario s.p.a., condannando l’attore al pagamento delle spese di lite.

Il R. appellava la decisione. Nel contraddittorio delle parti, la Corte d’appello di Brescia, riformando la decisione di primo grado, condannava la Italfondiario s.p.a. al pagamento, in favore di R.O., dell’importo richiesto di Euro 62.000,00, oltre interessi, nonchè delle spese dei due gradi di giudizio.

Tale decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Italfondiario s.p.a., articolato in due motivi. Hanno resistito con controricorso il R. e il T..

Il pubblico ministero non ha ritenuto di rassegnare le proprie conclusioni scritte.

La Italfondiario s.p.a. e il T. hanno depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Infatti, in via preliminare va rilevata la inammissibilità del ricorso per carenza dei requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6.

Va rilevato, in particolare, che, nel ricorso, non si rinviene l’esposizione, neppure sommaria, delle ragioni di diritto poste a fondamento della domanda proposta dal R. nei confronti della Italfondiario s.p.a.; della differenza di petitum e causa petendi fra tale domanda e quella, a quanto pare, definitivamente accolta dal Tribunale di Bergamo con sentenza n. 2449/07, della quale si fa menzione a pag. 4; delle ragioni poste a fondamento della sentenza di primo grado; dei motivi di appello, dei quali sono riportate solo le conclusioni; della motivazione della sentenza impugnata.

E’ pur vero che parte di tali informazioni, essenziali per comprendere la portata dell’impugnazione, sono apparentemente recuperate al momento dell’illustrazione dei motivi di ricorso. Tuttavia, in quella sede vengono riportate per intero due pagine della sentenza impugnata, tanto che, in quest’altra occasione, il ricorso risulta peccare sotto altro profilo. Infatti, il ricorso per cassazione redatto per “assemblaggio”, cioè attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali, è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016, Rv. 638771). Ciò in quanto la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015, Rv. 636551).

Vi è poi una seconda ragione di inammissibilità del ricorso.

Con il primo motivo si censura l’erronea interpretazione di un accordo transattivo intervenuto tra le parti.

Tale atto, tuttavia, non è allegato al ricorso, nè è stata fornita alcuna indicazione idonea rinvenirlo nel fascicolo di merito.

Questa carenza determina l’inammissibilità del motivo, tanto più ove si consideri che lo stesso verte proprio su questioni di interpretazione testuale dell’atto mancante.

Infatti, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013, Rv. 625839; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015, Rv. 636120).

Nè basta a colmare il difetto di autosufficienza la generica e indistinta allegazione dell’intero fascicolo di parte del grado di appello, di cui non viene specificato il contenuto, poichè, qualora l’atto processuale su cui si fonda il ricorso sia contenuto nel fascicolo di parte o in quello d’ufficio, vi è, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità del ricorso, dei dati necessari al reperimento degli stessi (Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317), ossia dell’indicazione del “luogo” esatto del fascicolo in cui l’atto è rinvenibile.

Il secondo motivo, che concerne regolamento delle spese processuali, sconta l’inammissibilità dell’intero ricorso e comunque sarebbe stato destinato al rigetto, stante la soccombenza della ricorrente in appello e in questa sede.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000, per compensi per R.O. e in Euro 5.000,00 per compensi per T.P., oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge per entrambi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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