Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2984 del 07/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 07/02/2011), n.2984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7661-2007 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 38,

presso lo studio dell’avvocato BELLIZZI FILOMENA, (studio associato

GENOVESE, MANCINI, DI GIOVANNI), rappresentato e difeso dall’avvocato

MASTROLIA CLAUDIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MECCANICA FUORNI DI D’AMATO & BILOTTI S.N.C., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MASSIMI 15, presso lo studio dell’avvocato VACCARO MARIA JOSE’, che

la rappresenta e difende,giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 294/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 07/03/2006 R.G.N. 252/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI COSTANTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 13.7.2000 G.M. esponeva: a) di avere lavorato alle dipendenze della Meccanica Fuorni s.n.c. dal gennaio 1987 al 19.1.2000 con la qualifica di apprendista fino al febbraio 1988 e, successivamente, con inquadramento nel livello 5 e poi nel livello 4, con mansioni di addetto al tornio ed alla fresa;

b) di avere osservato l’orario di lavoro 16,30 – 21,00 dal gennaio 1987 al marzo 1988 per 6 giorni a settimana e, dall’aprile 1988 al 19.1.2000, l’orario 8,00 – 13 e 14,30 – 19,00 dal lunedì al venerdì e dalle ore 8,00 alle ore 13,00 nella giornata del sabato sino al luglio 1999, ad eccezione del periodo maggio 1992 – luglio 1993, quando aveva assolto gli obblighi di leva; C) di non avere percepito una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, non essendogli stati erogati i compensi a titolo di 13^ e 14^ mensilità, di lavoro straordinario, di retribuzione relativa al gennaio 2000, di indennità sostitutiva delle ferie non godute e di trattamento di fine rapporto; d) di essere stato licenziato in data 19.1.2000 verbalmente e senza motivazione.

Chiedeva, pertanto, che il Giudice adito dichiarasse il licenziamento nullo e/o illegittimo e/o inefficace con conseguente condanna della parte datoriale al pagamento delle retribuzioni non corrisposte dalla data del recesso, oltre accessori come per legge, ed al risarcimento dei danni da liquidarsi equitativamente. Chiedeva, altresì, che la società convenuta venisse condannata, in applicazione dell’art. dell’art. 2099 c.c. e delle disposizioni del CCNL del settore e per i titoli dedotti, al pagamento della complessiva somma di L. 109.817.306, oltre accessori come per legge.

La Meccanica Fuorni di D’Amato e Bilotti s.n.c. si costituiva contestando la domanda con articolate argomentazioni. Assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti ed espletata ctu contabile, con sentenza in data 1.12.2004, il Giudice del lavoro del Tribunale di Salerno accoglieva il ricorso ed ordinava la riassunzione del lavoratore entro tre giorni ovvero, in mancanza, condannava la società convenuta al risarcimento dei danni nella misura di quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.

Condannava, altresì, la resistente al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di L. 109.817.306 per i titoli azionati, oltre accessori come per legge, detratta la somma di L. 7 milioni già assegnata a titolo di provvisionale.

Avverso tale decisione proponeva appello la società, cui resisteva il G..

Con sentenza dell’8 febbraio-7 marzo 2006, l’adita Corte di Appello di Salerno, in parziale accoglimento del gravame, riduceva, sulla base della espletata istruttoria e della ctu, ad Euro 18.914,00 la somma spettante al lavoratore, a titolo di differenze paga, ratei 13A mensilità e ferie non godute, permessi e preavviso, da cui andava tuttavia detratta quella di Euro 3.615,00, assegnata in via provvisionale, oltre accessori; confermava nel resto la decisione del primo Giudice.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre G.M. con due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste la Meccanica Fuorni di D’Amato e Bilotti s.n.c., con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso G.M., denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e con riferimento a documenti prodotti solo in grado d’appello, lamenta che la Corte di merito abbia preso in considerazioni i libri paga e matricola tardivamente prodotti in secondo grado, sulla cui base si era irritualmente proceduto alla determinazione del trattamento economico, di gran lunga peggiorativo rispetto alle determinazioni del Giudice di primo grado. A sostegno della propria tesi il ricorrente richiama la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8203/2005, nella quale è stato affermato che i documenti precostituiti sottostanno alle stesse preclusioni delle altre prove ed anche per essi vige, quindi, divieto di produzione in grado di appello. Tuttavia, come lo stesso ricorrente riporta, la stessa decisione richiamata nonchè quella n. 8202 dello stesso anno, emessa sempre dalle SS.UU. – sulla quale la Corte d’Appello giustifica la propria decisione di ammettere la documentazione in quanto emanata in materia di lavoro – ha soggiunto come la preoccupazione di addivenire a soluzioni distanti dalla realtà fattuale, non sempre esternata (ma di certo costantemente sottesa all’opinione in esame), venga in buona misura ammortizzata dall’attribuzione al giudice d’appello di incisivi poteri d’ufficio in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova ove essi siano “indispensabili ai fini della decisione della causa” (art. 437 c.p.c., comma 2), contemperandosi, in tal modo, il principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento.

Nella specie, il Giudice d’appello ha giustificato il suo operato, richiamando detta giurisprudenza e puntualizzando che rientrava nei suoi poteri ufficiosi l’acquisizione della documentazione che chiaramente si riferiva “a circostanze dibattute dalle parti nel contraddittorio sviluppatosi in prime cure”, in modo da coprire la lacuna, per il periodo non documentato dalle busta paga quietanzate, dall’esame dei libri paga prodotti dalla società appellante.

Il motivo va, quindi, rigettato.

Analoga sorte è riservata al secondo motivo con cui il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e con riferimento a documenti prodotti solo in secondo grado, lamenta che la Corte d’Appello abbia preso in considerazioni documenti irritualmente ammessi d’ufficio dal Giudice ed in particolare il certificato di iscrizione scolastica, da cui si è fatto dipendere la determinazione dell’orario di lavoro.

Anche questo motivo è privo di fondamento.

Va in proposito rilevato che il certificato scolastico non è stato l’elemento su cui la Corte d’Appello ha fondato la propria valutazione sull’orario di lavoro osservato dal ricorrente. Sono solo le testimonianze dei sig. R., D.D., S. e V., ampiamente riportate nella decisione impugnata (pagg. 8-9), il cui libero appezzamento è incensurabile in Cassazione, ad aver fondato la convinzione del Giudicante “che vi fosse prova convincente che il ricorrente, nel periodo di frequenza scolastica ha lavorato per 4 ore al giorno e per il restante periodo, non oltre 40 ore settimanali spalmate in 5 giorni”.

Inoltre, anche sul punto deve rilevarsi incongrua l’argomentazione del ricorrente, secondo la quale il documento non doveva essere acquisito perchè nessuna delle parti vi aveva fatto riferimento, attenendo l’indispensabilità all’accertamento delle circostanze emerse nel contraddittorio. Infatti – come puntualizzato dalla resistente nelle sue difese -, non solo, fin dalla memoria difensiva di primo grado, la società aveva contestato tutte le deduzioni avversarie, sostenendosi che era stata indicata “una prestazione mensile superiore a quella effettivamente effettuata … ed in base a presupposti di fatto non corrispondenti al reale svolgimento del rapporto” (pag. 4 della memoria difensiva in I grado), ma lo stesso ricorrente, nel libero interrogatorio, aveva affermato che nel corso del rapporto aveva conseguito “il titolo di “congegnatore meccanico” presso l’istituto F. Troni di (OMISSIS) a seguito di corso triennale”.

Per quanto precede, il ricorso va rigettato, non ravvisandosi nella impugnata pronuncia la presenza delle lamentate violazioni di legge.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 35,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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