Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29838 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22249/2018 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico, 38

presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 14/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Torino, con sentenza depositata il 14 giugno 2018, ha rigettato la domanda di A.R., cittadino del Pakistan, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni state ritenute attendibili (costui aveva riferito di essere fuggito dal Pakistan in quanto entrato in conflitto, durante un viaggio in Iran, con un gruppo religioso che lo aveva rapito e, dopo che lo stesso era riuscito a liberarsi, lo aveva ancora cercato per fargli del male).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il

Tribunale di Torino ha evidenziato l’insussistenza del pericolo del ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione A.R. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’omesso/erroneo esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni svolte in giudizio.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nella valutazione della pericolosità nella sua zona di provenienza, caratterizzata, invece, da violenza generalizzata.

Si duole, altresì, che il decreto impugnato non ha considerato la valenza del suo racconto.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e all’art. 10 Cost. nonchè l’omesso esame delle fonti informative.

Si duole il ricorrente che il Tribunale di Torino ha valutato la condizione del Pakistan in base a due pubblicazioni risalenti al 2014 e non sulla base di fonti aggiornate al momento della decisione. Orbene, espone il ricorrente che, alla luce delle informazioni tratte dal sito ufficiale del Ministero degli Esteri del luglio 2017 e dal rapporto annuale 2016-2017 di Amnesty International, la situazione era tale da integrare il “grave danno” di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Lamenta il ricorrente che, non essendo tutelati nel paese d’origine il diritto alla salute ed il diritto all’alimentazione, le sue condizioni di vita prima della partenza dovevano ritenersi del tutto inadeguate in re ipsa.

Ne consegue la configurabilità di gravi situazioni di vulnerabilità giuridicamente rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Il primo ed il secondo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, attinenti entrambe al pericolo di “grave danno” nel paese d’origine, sono fondati.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (n. 17075/2018, n. 17069/2018; n. 9427/2018, n. 14998/2015, Rv.636559; Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, n. 16202/2012; S.U. n. 27310/2008).

Nel caso di specie, il Tribunale di Torino, nonostante abbia deciso il ricorso nel giugno 2018, ha valutato il rischio per l’incolumità fisica in caso di rientro nel paese di provenienza con fonti risalenti all’ottobre 2014, così violando il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 che impone di esaminare la domanda del richiedente sulla base di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale nel Paese d’origine del richiedente.

Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata e deve disporsi il rinvio al Tribunale di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

3. Il terzo motivo è assorbito.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo e rinvia al Tribunale di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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