Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29837 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20916/2018 proposto da:

G.S., S.A., elettivamente domiciliati presso la

Cancelleria Civile della Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato il 24 maggio 2018 ha rigettato la domanda proposta da G.S. e S.A., cittadini del Ghana, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo ai ricorrenti della protezione sussidiaria (i ricorrenti, marito e moglie, con un bambino di un anno e mezzo nato quando si trovavano in Libia, dichiaravano di aver lasciato il Ghana perchè le rispettive famiglie d’origine non accettavano il matrimonio dei due in ragione della diversa etnia).

Infine, i ricorrenti non sono stati comunque ritenuti meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Hanno proposto ricorso per cassazione G.S. e S.A. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. e comma 1, lett. d) e comma 4.

Lamentano i ricorrenti di aver proposto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, con la conseguenza che il loro ricorso avrebbe dovuto essere demandato al Tribunale in composizione monocratica, che avrebbe dovuto decidere secondo le forme del rito sommario di cognizione con ordinanza impugnabile davanti al giudice d’appello.

Viceversa, il loro ricorso è stato erroneamente deciso dal Tribunale in composizione collegiale con rito camerale e con decreto non reclamabile e soggetto solo al ricorso per cassazione.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 429 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9, comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost..

Lamentano i ricorrenti che il decreto impugnato sarebbe venuto meno all’obbligo motivazionale, omettendo la disamina delle reali dinamiche sociali e culturali che in Ghana disciplinano l’insorgere del vincolo coniugale, oltre all’effettivo grado di protezione che le istituzioni su questo terreno sono in grado di garantire.

In particolare, deducono come non risolutiva la circostanza che l’ordinamento ghanese non legittimi formalmente la pratica dei matrimoni combinati, attenendo il problema alla realtà materiale e non formale.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 13, comma 1 bis e art. 27, art. 16 Direttiva Europea n. 2013.

Lamentano i ricorrenti che è mancata una concreta disamina della protezione effettivamente offerta ai ricorrenti dal loro stato d’origine, essendosi l’indagine conoscitiva del Tribunale limitata alle garanzie che l’ordinamento ghanese riconosce al cittadino solo “sulla carta”.

4. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, art. 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Lamentano i ricorrenti che la loro richiesta di protezione umanitaria si fondava sui potenziali pregiudizi che il loro eventuale rimpatrio avrebbe arrecato al loro diritto alla vita privata e familiare, al loro stesso nucleo familiare, caratterizzato anche dalla presenza di un minore in tenerissima età, della cui protezione e tutela il decreto impugnato non ha tenuto conto.

5. Il primo motivo è fondato.

Va osservato che dall’esame degli atti processuali – attività consentita a questa Corte ove vengano dedotti vizi di natura processuale – emerge che effettivamente entrambi i ricorrenti, nel ricorso innanzi al Tribunale di Ancona, hanno limitato la propria domanda alla richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria, non chiedendo contestualmente anche la protezione internazionale.

Tale rilievo ha un’importanza determinante in ordine al rito da seguire nel presente procedimento.

Infatti, prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella L. n. 132 del 2018 – che, introducendo nel D.Lgs. n. 150 del 2011 l’art. 19 ter, ha stabilito che le controversie di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e d bis) convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017, sono regolate dal rito sommario di cognizione da proporsi davanti al tribunale, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, che giudica in composizione collegiale e pronuncia con ordinanza non appellabile, ma ricorribile per cassazione qualora sia stata proposta in giudizio la sola domanda di protezione umanitaria, la competenza per materia, ai sensi del D.L. n. 13 del 2017 citato, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 4, è della sezione specializzata del tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario di cui agli artt. 281-bis e ss. c.p.c. o, ricorrendone i presupposti, secondo il procedimento sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. e pronuncia con provvedimento (sentenza o ordinanza) impugnabile in appello (in questi termini, vedi Cass. n. 16458/2019).

Il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis con le peculiarità che lo connotano – composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto – ha, pertanto, un ambito di applicabilità espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 (protezione internazionale) e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino.

E’ quindi evidente che il Tribunale di Ancona, decidendo in composizione collegiale con decreto non soggetto a reclamo, ed impugnabile solo in cassazione, abbia erroneamente limitato il diritto di difesa dei ricorrenti, sottraendo loro un grado di giurisdizione di merito.

Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata e deve disporsi il rinvio al Tribunale di Ancona in composizione monocratica per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

6. I residui motivi sono assorbiti.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, e rinvia al Tribunale di Ancona in composizione monocratica per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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