Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29836 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24729/2018 R.G. proposto da:

A.N.D., rappresentato e difeso dall’avvocato Migliaccio

Luigi giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 5388/2018 depositato il 20-7-2018 il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso di N.A., cittadino della Guinea, avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, valutata la situazione generale del Paese di origine e considerati poco credibili i fatti narrati dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato e picchiato dallo zio di sua moglie e da suo suocero, responsabili, unitamente a sua moglie, di aver voluto praticare a sua figlia di anni sei l’infibulazione, che causava il decesso per sepsi della bambina. Riferiva altresì il richiedente di non aver potuto denunciare alle Autorità i suddetti fatti, come avrebbe voluto, per aver subito dallo zio e dal suocero percosse così gravi da dover essere ricoverato in ospedale e di essere fuggito dalla Guinea su consiglio di un amico.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Error in judicando Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 35 bis e art. 737 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Lamenta che il Tribunale non abbia attivato i propri poteri istruttori in violazione del dovere di cooperazione ed abbia indicato solo genericamente, nell’affermare che la pratica dell’infibulazione non è più obbligatoria, le fonti utilizzate (sito “ecoi.net”), sì da non consentire di riscontrare l’informativa utilizzata, la data della stessa ed il Paese cui si riferisce. Inoltre non vi è motivazione nel decreto impugnato circa la capacità dello Stato di provenienza di fornire adeguata protezione.

2. Con il secondo motivo denuncia “Error in procedendo – Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Lamenta omessa pronuncia sul profilo di rischio dedotto (pag. da n. 3 a n. 5 del ricorso di primo grado che trascrive) di subire torture e trattamenti inumani e degradanti D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b). Ribadisce di aver subito violenza e minacce per essersi opposto alla decisione di praticare a sua figlia l’infibulazione e di non aver ricevuto tutela dalle Autorità perchè quella pratica era un fatto religioso.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Error in judicando in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto discussione tra le parti e relativo ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria”. Lamenta omesso esame dei fatti concreti allegati circa la propria vulnerabilità, ossia l’esperienza traumatica vissuta in Guinea collegata alla tragica morte della figlia, il contesto del Paese di sostanziale impunità e mancanza di controllo sulle violenze diffuse, anche di natura privata, e la mancanza di una rete familiare di riferimento e di supporto. Deduce che la motivazione del decreto impugnato al riguardo è meramente apparente.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia “Error in judicando: D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6, T.U.I. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Rileva che la protezione umanitaria non trova fondamento nell’art. 19 T.U.I., contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato, ed il Tribunale ha falsamente applicato gli articoli indicati in rubrica, omettendo il completo riesame della domanda proposta in sede amministrativa.

5. Il primo motivo è fondato.

5.1. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali

e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale” (Cass. ord. n. 30105 del 2018). Inoltre, in tema di protezione sussidiaria, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Cass. n. 19716 del 2018). Al fine di ritenere adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. ord. n. 11312 del 2019).

5.2. Nel caso di specie il Tribunale, nel vagliare la diffusione della pratica dell’infibulazione in Guinea e la credibilità della vicenda personale narrata dal richiedente, cita esclusivamente il sito informativo ecoi.net, senza altro precisare, nè quanto alla data, nè quanto al Paese di riferimento, sì da non consentire l’esatta individuazione della fonte di conoscenza e il controllo sul contenuto di quelle informazioni. Nè può rilevare, in base all’orientamento di questa Corte richiamato, che non vi fossero riscontri oggettivi sul decesso della figlia e sul suo ricovero in ospedale, perchè in base alle allegazioni del richiedente avrebbe dovuto attivarsi il potere istruttorio per valutare la credibilità estrinseca del racconto in base alle Coi o alle fonti qualificate. Va aggiunto che l’accertamento istruttorio correlato alla specificità delle allegazioni del ricorrente non riguarda solo l’indagine sull’obbligatorietà o meno della pratica dell’infibulazione nel Paese di origine del ricorrente, atteso che la mera non obbligatorietà di detta pratica a livello legale o religioso non può ritenersi di per sè decisiva, ove la stessa sia ampiamente imposta da un costume sociale cogente in quel Paese. Il potere-dovere istruttorio demandato ai Giudici di merito dovrà, quindi, esercitarsi acquisendo informazioni accurate e aggiornate anche sul costume sociale cogente in Guinea e fornite dagli organismi internazionali che si occupano del monitoraggio della pratica dell’infibulazione, al fine di un suo efficace contrasto in nome della dignità e della salute delle donne.

Il Tribunale non si è attenuto ai principi di diritto suesposti, incorrendo nel vizio di violazione di legge denunziato.

6. In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, restando assorbiti gli altri motivi, con la cassazione del decreto impugnato e rinvio al Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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