Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29834 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24966/2018 proposto da:

O.F., domiciliato presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione in Roma, Piazza Cavour, e rappresentato e difeso

dall’avvocato Ercole Martella in forza di procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, Pubblico Ministero Procuratore Generale Corte

di Cassazione;

– intimato –

e contro

Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del 1/9/2017 D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis O.F., cittadino della Nigeria, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Campobasso il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Salerno – Sezione di Campobasso ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente, cittadino della Nigeria, nato a (OMISSIS), di religione cristiana, aveva raccontato di essersi trasferito a Kanu il 12/3/2015 per ragioni di lavoro; che la vita per i cristiani nel nord del Paese era difficile; di aver subito svariate azioni delittuose mentre si trovava in chiesa (rapine di soldi e dell’orologio); che i terroristi venivano a picchiare i cristiani se li vedevano con la Bibbia; di aver quindi lavorato a Rimin Gado; di temere i Boko Haram e le differenze fra musulmani e cristiani.

Con decreto del 13/7/2018, comunicato in pari data il Tribunale di Campobasso aveva rigettato il ricorso, negando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.

2. Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione O.F., con atto notificato il 10/8/2018, con il supporto di due motivi. L’Amministrazione intimata non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui dispone che il decreto del Tribunale non sia reclamabile ma solo ricorribile per cassazione, in violazione degli artt. 2 e 3 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 24 Cost., comma 1, nonchè dello stesso art. 35 bis, successivo comma 14 nella parte in cui non rende applicabile la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ai procedimenti di protezione internazionale, in violazione degli artt. 2 e 3 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 24 Cost., comma 1 e art. 36 Cost., comma 3.

1.1. Il primo profilo di denuncia di illegittimità costituzionale sollevato dal ricorrente, relativamente al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui dispone che il decreto del Tribunale non sia reclamabile ma solo ricorribile per cassazione, in ravvisata violazione degli artt. 2 e 3 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 24 Cost., comma 1, appare manifestamente infondato.

Questa Corte ha già esaminato analoga eccezione, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile; la scelta legislativa appare ragionevolmente preordinata a soddisfare importanti esigenze di celerità nella definizione dei procedimenti; non esiste poi copertura costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione nel merito (p. es. Corte Cost. 22/6/1963, n. 110; 23/4/1965, n. 36; 4/7/1977, n. 125; 15/4/1981, n. 62; 4/7/1983, n. 224; Cost. 7/3/1984, n. 52; 29/3/1984, n. 7822/11/1985, n. 299; 18/7/1986, n. 200; 31/12/1986, n. 301; 26/1/1988, n. 80; 31/3/1988, n. 395; 14/12/1989, n. 543; 3/10/1990, n. 433; 23/12/1994, n. 438); inoltre il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Sez. 1 n. 27700 del 30/10/2018 – Rv. 651122 – 01).

Tale conclusione, pienamente condivisa dal Collegio, non può che essere confermata anche in relazione alla proposizione della questione con riferimento all’ulteriore parametro dell’art. 10 Cost., comma 3, in tema di diritto di asilo, norma sostanziale priva di qualsiasi attinenza con il regime del processo destinato a farla valere.

1.3. Con il secondo profilo di denuncia il ricorrente eccepisce la illegittimità costituzionale dello stesso art. 35 bis, comma 14 nella parte in cui non rende applicabile la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ai procedimenti di protezione internazionale, in violazione degli artt. 2 e 3 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 24 Cost., comma 1 e art. 36 Cost., comma 3.

La questione non è rilevante nel giudizio a quo perchè il ricorrente ha impugnato tempestivamente il provvedimento comunicatogli il 13/7/2018 con ricorso notificato il 10/8/2018 in periodo feriale.

La nozione legislativa di rilevanza della questione incidentale di legittimità costituzionale, di cui alla L. n. 87 del 1953, art. 23, comma 2, (“qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione”) richiede che un’eventuale sentenza di accoglimento sia in grado di spiegare un’influenza concreta sul processo principale (Corte Cost. n. 184/2006; Corte Cost. n. 1994; Corte Cost. n. 62/1993; Corte Cost. n. 10/1982; Corte Cost. n. 90/1968; Corte Cost. n. 132/1967).

La rilevanza della questione ed il suo carattere incidentale postulano cioè che l’eventuale pronuncia di accoglimento incida sulle situazioni giuridiche fatte valere nel giudizio principale sicchè sono reputate irrilevanti le questioni le quali non sortirebbero alcun effetto in detto giudizio (Corte Cost. n. 113/1980; Corte Cost. n. 301/1974) o non risponderebbero in nessun modo alla domanda di tutela rivolta al rimettente (Corte Cost. n. 202/1991; Corte Cost. n. 211/1984; Corte Cost. n. 15/2014; Corte Cost. n. 337/2011; Corte Cost. n. 71/2009).

In ogni caso la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, è già stata ritenuta manifestamente infondata da questa Corte con decisione condivisa dal Collegio, poichè la previsione di tale termine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento (Sez. 1, n. 17717 del 05/07/2018 – Rv. 649521 – 03).

La scelta di non sottomettere il termine per la proposizione del ricorso per cassazione alla sospensione feriale rientra nella discrezionalità del legislatore, che ha ritenuto necessario imprimere un ritmo particolarmente celere alla trattazione delle controversie in tema di protezione internazionale.

Infine questa Corte ha già escluso che il diritto alle ferie degli avvocati rinvenga un presidio nell’art. 36 Cost., comma 3, (Sez. L, n. 3192 del 09/02/2009, Rv. 607027 – 01; Sez. 3, n. 3980 del 04/12/1974, Rv. 372560 – 01).

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame delle dichiarazioni del richiedente disattese dal Tribunale pur state riportate nel ricorso di primo grado e sottoposte al contraddittorio.

Pertanto il Tribunale aveva omesso di analizzare il racconto del richiedente, circa gli anni di studio in Edo State, la sua fede cristiana, il trasferimento a Kano in Nord Nigeria, dove lavorava come d.j. presso il (OMISSIS), la persecuzione subita dai terroristi Boko Haram.

2.2. Il ricorso è fondato.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia. (Sez. 6 – 1, n. 9090 del 02/04/2019, Rv. 653697 – 01).

Il decreto impugnato riconosce che nel Nord Est della Nigeria opera l’organizzazione terroristica jihadistica Boko Haram (in particolare negli stati di Borno, Yobe e Adamawa, per cui l’UNHCR ha dato indicazione di non rimpatrio) ed esclude viceversa che nello Stato di Edo sia in atto una situazione di violenza indiscriminata.

2.3. La valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez.6, 25/07/2018, n. 19716).

Il giudice deve tuttavia prendere le mosse da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova, perchè non reperibile o non esigibile, della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento istruttorio ed informativo officioso sulla situazione persecutoria addotta nel Paese di origine; le dichiarazioni del richiedente che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono un approfondimento istruttorio officioso (Sez.6, 27/06/2018, n. 16925; Sez.6, 10/4/2015 n. 7333; Sez.6, 1/3/2013 n. 5224).

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 stabilisce che anche in difetto di prova, la veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati.

Il contenuto dei parametri sub c) ed e), sopra indicati, evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro allegativo e probatorio fornito non sia esauriente, purchè il giudizio di veridicità alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca) sia positivo (Sez.6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez.6, 10/5/2011, n. 10202).

2.4. Nella specie il Tribunale molisano ha completamente omesso di riferire, o almeno di sintetizzare, il racconto del richiedente circa la sua vicenda personale, sicchè gli apprezzamenti negativi, prospettati comunque in modo sommamente generico (racconto vago e stereotipato, narrazione approssimativa, mancanza di dettagli sulle zone interessate ai fatti, carenza di adeguati riferimenti temporali, mancanza di concatenazione logico temporale, illogicità dell’attribuzione degli attacchi al gruppo Boko Haram) a sostegno del giudizio di non credibilità appaiono del tutto incomprensibili.

La motivazione di non credibilità e inverosimiglianza della narrazione si risolve così in mera apparenza e in sostanziale elusione del principio legale dell’onere probatorio attenuato, vigente in materia.

2.5. Inoltre, Tribunale, a fronte della narrazione del sig. O. non avrebbe potuto eludere il tema centrale da essa posto in ordine all’effettiva provenienza del richiedente asilo dall’area Nord Est destabilizzata della Nigeria, salvo poi eventualmente valutare in concreto l’effettività del suo radicamento in tale regione e la ragionevole possibilità di trasferimento in altra parte del paese di origine, nella quale non abbia fondato motivo di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire gravi danni (Sez. 6, 16/02/2012, n. 2294; Sez.6, 9/4/2014 n. 8399; Sez. 1, 27/10/2015 n. 21903).

Infatti il principio che le dichiarazioni del richiedente che siano inattendibili non richiedono approfondimento istruttorio officioso va opportunamente precisato e circoscritto: ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Invece il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (Sez. 1, 31/1/2019 n. 3016).

Per queste ragioni il ricorso va accolto in relazione al secondo motivo con cassazione del decreto impugnato e rinvio al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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