Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29832 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11109-2017 proposto da:

D.R., D.V., D.I.,

D.D., D.C., N.A.G., elettivamente domiciliati

in ROMA, PIAZZA ADRIANA 4, presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO

BARUCCO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO

CIANCIO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.D., D.G., D.M.C.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL CORSO 4, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO MANFREDONIA, che li rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

C.A.D.L., CA.TE.AN.,

C.F., A.C., C.E., C.R.,

CE.FR., elettivamente domiciliati in ROMA alla VIA G.B. VICO 29,

presso lo studio dell’avvocato MARIO CHIBBARO, e rappresentati e

difesi dall’avvocato FRANCESCO LUIGI CERCHIA giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

nonchè

D’.GI., AGENZIA DEL DEMANIO, MINISTERO ECONOMIA FINANZE

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 803/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dai ricorrenti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 31.07.1967, D’.Ro. aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il germano D’.Co. ed ivi aveva premesso:

– che il 18.1.1935 era deceduta R.M.C., madre dell’istante e dei germani Cu. e D’.Co.;

– che il 15.2.1960 era deceduto il coniuge superstite della predetta e padre degli stessi germani Ro., Cu. e Co., tale D.D.;

– che, con una prima donazione del 19.4.1934 i predetti coniugi, D.D. e R.M.C., avevano donato al figlio Cu. alcuni cespiti situati nel fabbricato in (OMISSIS), nonchè la metà di tutto il restante fabbricato adibito a mulino, comprese macchine, attrezzi ed altro, fatta eccezione per alcune stanze che sarebbero state successivamente donate alla germana Ro., ossia alla attrice;

– che, essendo detti beni di proprietà comune dei coniugi suindicati, ognuno di essi aveva donato al figlio Cu. 1/4 della sua proprietà pro indiviso, oltre ai cespiti specificamente indicati;

– che, con una seconda donazione in data 15.12.1934, gli stessi coniugi avevano donato alla figlia Ro. alcune cartelle del debito pubblico per Lire 10.000, nonchè tre locali terranei sulla (OMISSIS);

– che, con una terza donazione in data 9.12.1940, successiva al decesso della R., il solo D.D. aveva donato al figlio Co. la quota parte del comprensorio più volte indicato, situato in Acerra;

– che, quanto rimasto fuori da ogni atto di alienazione inter vivos sulla metà pro indiviso della R., era stato posseduto dal marito della stessa, D.D.. Quest’ultimo difatti, per effetto della gestione da parte sua dell’attività di cui al molino, deteneva l’intero cespite ed aveva quindi usucapito – già nel 1960 (quando era a sua volta deceduto) – la quota di 1/4 dei beni, appartenente alla consorte;

– che, in ogni caso, usucapita o meno la suddetta quota di 1/4 da parte del padre, la stessa era ciò che residuava quale relictum, con riferimento al quale i germani dovevano addivenire allo scioglimento della comunione;

– che il germano Co., senza alcun consenso, aveva costruito un appartamento di più vani destinati a civili abitazioni che si estendeva non solo sul terrazzo di copertura dei tre vani donati ad essa Ro. con l’atto del 15.12.1934, ma anche sull’attiguo lastrico di copertura di altri vani terranei ricadenti tra i beni comuni dei coniugi D.- R.;

– che in tal modo si era verificato il fenomeno della accessione ex art. 936 c.c. in parte in favore di essa Ro. e, più precisamente per quella parte che si estendeva in verticale rispetto ai locali ad essa donati, ed in parte in favore di tutti e tre i coeredi, per la parte che costituiva una sopraelevazione dei terranei rimasti di proprietà comune;

– che in Acerra, contrada di Varignano, esisteva un appezzamento di terreno di are 72 che apparteneva al comune genitore, D.D..

Tanto premesso, l’attrice aveva concluso per sentir dichiarare che la costruzione eseguita dal convenuto D’.Co. sui lastrici di copertura dei terranei siti nel fabbricato tra la Via (OMISSIS) e la Via (OMISSIS) era, per il principio dell’accessione, di proprietà esclusiva di essa attrice D’.Ro. per la verticale che copriva i tre vani terranei a lei donati dai comuni genitori con atto per notar G. del (OMISSIS), mentre detta costruzione era di proprietà dei tre germani D., per la parte sovrastante i residui locali terranei, di proprietà comune, con la condanna del convenuto al rilascio in favore di essa attrice della parte di sopraelevazione ad essa spettante, nonchè alla corresponsione di un indennizzo per tutto il tempo di abusiva occupazione. Chiedeva altresì disporre lo scioglimento della comunione relativamente alla restante parte della detta sopraelevazione posta a copertura dei beni comuni, nonchè al “relictum” pari ad un quarto del complesso immobiliare denominato il “(OMISSIS)”, così residuato a seguito di precedenti donazioni disposte in favore dei tre germani Ro., Co. e D’.Cu..

Chiedeva altresì ordinare il rendiconto per tutti i beni da dividersi, condannando chi di ragione a corrispondere agli altri, non possessori, la relativa quota dei frutti.

Nel suddetto giudizio aveva spiegato intervento D’.Cu., il quale aveva aderito alle richieste dell’attrice.

Nel prosieguo, con apposita ordinanza, il giudice adito rilevava l’opportunità di chiamare in causa l’Amministrazione delle Finanze dello Stato, ove ancora creditrice iscritta della massa ereditaria; in tal senso provvedeva la parte diligente, tuttavia detta Amministrazione rimaneva contumace.

Si era quindi costituito D’.Co., il quale aveva evidenziato che la costruzione da egli realizzata era stata effettuata sui lastrici di sua proprietà, atteso che gli stessi non erano stati oggetto di donazione in favore della germana con l’atto per notar G. del (OMISSIS), e concludeva per il rigetto della domanda di parte attrice ed in via gradata per la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese di costruzione, ovvero del maggior valore dell’immobile, con vittoria delle spese di lite.

Si era costituito successivamente per D’.Co. un nuovo difensore, il quale nel riportarsi alle precedenti difese aveva eccepito l’estraneità dell’impresa molitoria alla successione dei genitori delle parti in causa, nonchè l’insussistenza dell’usucapione della quota materna dei beni relitti da parte di D.D., padre delle parti in causa.

Ancora, il predetto aveva espressamente eccepito l’intervenuta usucapione in suo favore delle costruzioni eseguite in sopraelevazione, su parti che eventualmente si fosse accertato non essere di sua proprietà, ed in subordine il suo diritto di credito verso l’eredità dei genitori per le addizioni ed i miglioramenti apportati, cui doveva aggiungersi il rimborso delle passività contratte dai genitori e da egli stesso estinte.

Con sentenza parziale n. 1672/1975, il Tribunale di Napoli rigettava la domanda relativa all’inclusione del relictum proveniente da R.M.C. nella massa di D.D. per pretesa usucapione da parte di quest’ultimo, rigettava la domanda relativa all’assunto acquisto per accessione, da parte dell’attrice, della parte della sopraelevazione eseguita dal convenuto, sovrastante i terranei da lei ricevuti in donazione, rigettava la domanda relativa alle pretese d’inclusione nel relictum di D.D. dell’azienda molitoria installata nell’immobile e rigettava altresì l’eccezione di usucapione formulata dal convenuto, avente ad oggetto la sopraelevazione da lui eseguita su aree rientranti nelle masse ereditarie dei genitori; rinviava ogni altra pronuncia, anche sulle spese di causa, al definitivo.

Nel prosieguo del giudizio decedeva D’.Co. e quali suoi eredi si costituivano la vedova P.A. ed i figli D.D., D.C., D.I. e D. Vincenzo.

La causa veniva quindi nuovamente riservata in decisione ed il Tribunale di Nola (di nuova istituzione, al quale veniva trasferito il processo), con sentenza non definitiva avente n. 1822/09, approvava i progetti divisionali redatti dal C.T.U. (ing. Ca.Da., depositati il 9.05.2003), attribuiva ai condividenti le quote formate dal predetto tecnico e condannava gli eredi di D’.Ro. e gli eredi di D’.Co. al pagamento dei conguagli come determinati dal C.T.U.

Avverso detta sentenza proponevano appello gli eredi di D’.Co., tuttavia la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 1594/2013, dichiarava inammissibile l’appello principale proposto dai predetti per avere gli stessi formulato all’udienza del 5.11.2009, riserva di gravame ai sensi dell’art. 340 c.p.c., avverso la sentenza impugnata, ed ugualmente inammissibile – ai sensi dell’art. 340 c.p.c. – quello incidentale proposto dagli eredi di D’.Ro..

Nelle more proseguiva il giudizio di primo grado ed il Tribunale di Nola, con sentenza del 19/12/2013 n. 3065/2013, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da D’.Ro. nei confronti di D’.Co., con l’intervento di D’.Cu., accoglieva la domanda di rendiconto proposta da D’.Ro. e per l’effetto condannava D’.Cu. e D’.Co. (e per essi i loro eredi) al pagamento della somma di Euro 6.549,34 in ragione della metà ciascuno in favore di parte attrice, oltre interessi legali dalla pronuncia al soddisfo, condannava gli eredi di D’.Cu. al pagamento della somma di Euro 103,29 in favore di parte attrice, oltre interessi legali sino al soddisfo, condannava altresì gli eredi di D’.Co. al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 502,52, e della somma di Euro 47,00 oltre interessi al tasso legale dalla pronuncia al soddisfo, accoglieva la domanda di rendiconto avanzata da D’.Cu. e condannava gli eredi di D’.Co. al pagamento delle somme di Euro 502,52 e di Euro 47,00, oltre interessi legali dalla pronuncia al soddisfo.

Avverso la suddetta sentenza definitiva ed avverso le due sentenze non definitive sopra indicate (in ordine alle quali era stata formulata apposita riserva di gravame) proponevano appello P.A., D.D., D.C., D.I., tutti quali eredi di D’.Co., nonchè N.A.G., D.R., D.V., quali eredi di D’.Vi. ed allo stesso subentrati nella successione del genitore D’.Co., chiedendo la riforma della sentenza n. 1672/1975 per la parte in cui aveva rigettato la domanda di acquisto per usucapione da parte di D’.Co., dell’appartamento e pertinenze da egli realizzato, e per effetto accertare e dichiarare l’acquisto da parte del predetto per intervenuta usucapione dell’appartamento (con relativi sovrastanti suppenni, ambienti e terrazzi pertinenziali), da egli costruito in sopraelevazione dei sottostanti locali terranei, in parte utilizzando l’area già occupata dagli antichi suppenni ed in parte occupando in elevazione porzione del giardino sottostante; il tutto, come meglio descritto nelle consulenze tecniche, nonchè la riforma della sentenza parziale del Tribunale di Nola n. 1822/2009, nella parte in cui aveva approvato il progetto divisionale redatto dal ctu, e ciò nonostante gli errori in essa contenuti, le omissioni ed i gravi vizi denunziati; la riforma della sentenza definitiva del Tribunale di Nola n. 3065/2013, nella parte in cui aveva recepito gli errori e le omissioni contenuti nella relazione del predetto ctu del 2003 e del 12 luglio 2010 e, per effetto del proposto gravame, doveva accertarsi e dichiararsi che nulla era dovuto dagli eredi di D’.Co. agli eredi di D’.Ro. e D’.Cu., con il rigetto delle domande di rendiconto proposte, ovvero con la determinazione degli importi che potevano ritenersi effettivamente dovuti a seguito del rinnovo della consulenza tecnica.

Si costituivano D.G., D.M.C., D’.Gi., D.D., quali eredi di D’.Cu., nonchè della loro madre Ni.Gi., già vedova di D’.Cu., che preliminarmente chiedevano dichiararsi inammissibile l’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c., e nel merito chiedevano il rigetto dello stesso con la conferma del disposto di tutte le sentenze impugnate, con vittoria di spese e competenze del grado di appello.

Si costituivano altresì C.A., ed in sostituzione di Ce.El., nelle more deceduto, quali eredi di D’.Ro., i suoi eredi Ca.Te.An. e C.F.; nonchè A.C., C.R., Ce.Fr., eredi di C.D., che chiedevano il rigetto del gravame esclusivamente in merito alla domanda degli appellanti del riconoscimento dell’acquisto per usucapione da parte di D’.Co. dell’appartamento da egli costruito.

La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 803 del 22 febbraio 2017 rigettava gli appelli proposti avverso le sentenze non definitive ed accoglieva quello proposto avverso la sentenza definitiva, accogliendo quindi la domanda di rendiconto avanzata dagli appellanti quali eredi di D’.Ro., condannando gli eredi di D’.Ro. e Cu., al pagamento di Euro 273,24 ciascuna in favore dei predetti.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso D.D., D.C., D.I., N.A.G., D.R., D.V., sulla base di due motivi.

D.D., D.G. e D.A.M.C. hanno resistito con controricorso.

C.A.D.L., Ca.Te.An., C.F., A.C., C.E., C.R., Ce.Fr. hanno a loro volta resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa fase.

La causa dopo una prima udienza camerale del 4/12/2018 era poi rinviata a nuovo ruolo in attesa dell’intervento delle Sezioni Unite sulla questione di cui all’ordinanza interlocutoria n. 28844/2018.

Ritiene il Collegio che il ricorso principale sia improcedibile per la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in quanto, pur avendo la stessa parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata le è stata notificata in data 2/3/2017, non risulta però tempestivamente depositata copia autentica con la relazione di notificazione, avendo la parte solo depositato copia della sentenza di appello, ma senza però che sia stata versata in atti anche la relata di notifica, ed in particolare, essendo la notifica avvenuta a mezzo pec, il messaggio di avvenuta ricezione con relativa attestazione di conformità.

Peraltro la copia autentica con relata di notifica non si rinviene nemmeno nella produzione di parte controricorrente, con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

In tal senso rileva quanto dichiarato dalla stessa parte ricorrente nella precedente memoria ex art. 380 bis c.p.c. del 28/11/2018, laddove a pag. 2 riferisce che solo in data 23/11/2018 aveva notificato ex art. 372 l’elenco dei documenti tra i quali rientrava anche il messaggio pec relativo alla sentenza impugnata, precisazione questa che risulta poi reiterata a pag. 9, con la conferma del fatto che tale messaggio non era stato prodotto in precedenza e comunque nel rispetto del termine di cui all’art. 369 c.p.c..

Tale affermazione è poi nuovamente ribadita nella memoria depositata in prossimità dell’udienza del 19 giugno 2019, non risultando in ogni caso in atti il messaggio di avvenuta consegna presso la casella pec del ricorrente, che andava invece depositato nei venti giorni dalla notifica del ricorso.

La mancata contestazione delle parti controricorrenti non può superare tale omissione, attesa la presenza di alcune parti rimaste intimate, nè nella controversia può ritenersi che possa spiegare efficacia quanto alla correttezza del rilievo dell’improcedibilità, di cui alla proposta del relatore, quanto precisato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 8312/2019.

Tale decisione, riferita alla specifica ipotesi in cui la sentenza impugnata sia stata notificata a mezzo PEC, ha, infatti, avuto modo di precisare alla pag. 42, sub 2) che ai fini della procedibilità del ricorso si palesa comunque necessario il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio pec con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, posto che solo in tal caso è dato al ricorrente provvedere al deposito sino all’udienza dell’attestazione di conformità del messaggi cartacei.

Deve quindi reputarsi che il ricorso resti improcedibile laddove, pur essendosi depositata copia autentica della sentenza, che però si assume essere stata notificata, non siano stati tempestivamente depositati nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, anche i detti messaggi pec con annesse ricevute, non potendo supplire a tale inziale carenza la successiva produzione del messaggio con attestazione di conformità, ma ben oltre il termine sopra indicato.

Nel caso in esame, come rilevato, risultava prodotta copia della sentenza d’appello, non rinvenendosi copie cartacee dei messaggi di spedizione e ricezione a mezzo pec della stessa sentenza, nè nella produzione del ricorrente nè in quella di parte controricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione all’avv. Francesco Luigi Cerchia per i controricorrenti dallo stesso assistiti, avendo fatto dichiarazione di anticipazione.

Nulla per le spese per gli intimati che non hanno svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato improcedibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara il ricorso improcedibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida per D.D., D.G. e D.A.M.C. in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge, e per C.A.D.L., Ca.Te.An., C.F., A.C., C.E., C.R., Ce.Fr. in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge, con attribuzione all’avv. Francesco Luigi Cerchia dichiaratosene antistatario;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA