Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2983 del 07/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2983 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 11911-2017 proposto da:
CARS SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona dei liquidatori, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’ CALBOLI
9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA 80425650589, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 07/02/2018

avverso l’ordinanza n. 25715/2016 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE di ROMA, depositata il 14/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 21/11/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONIO VALITUTTI.

la Cars s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 25715/2016, depositata il
14 dicembre 2016, affidata ad un solo motivo;
il resistente Ministero della difesa ha replicato con controricorso;
Considerato che:
con il ricorso in esame la istante lamenta che questa Corte,
nell’impugnata ordinanza, non abbia tenuto conto del fatto che
nel ricorso per cassazione la ricorrente aveva chiaramente
evidenziato che la sentenza n. 8359/2003 – che aveva risolto
il contratto di vendita dei veicoli già affidati in custodia, intercorso tra la Cars s.r.l. e la Prefettura di Napoli, per inadempimento di quest’ultima, che era stata altresì condannata al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 1.787.931,00, pari
alle spese maturate per la custodia dei veicoli – non poteva
fare stato nel successivo giudizio di opposizione ai decreti ingiuntivi nn. 1792/2010 e 1793/2010, emessi su istanza della
Cars s.r.l. per il pagamento delle somme di Euro 917,97 e di
Euro 266,25, per la mancata corresponsione delle spese di
custodia di due veicoli, per gli anni dal 1997 al 2000;
a parere dei ricorrenti, invero, tale ultimo giudizio, oltre ad
avere un oggetto diverso (pagamento di indennità di custodia)
da quello definito con la suddetta pronuncia n. 8359/2003 (risoluzione di un contratto e risarcimento del danno) era stato,
altresì, proposto nei confronti di un soggetto (Ministero della

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Rilevato che:

difesa) diverso da quello (Prefettura di Napoli) nei cui confronti era stato incardinato l’altro giudizio;
la Corte di Cassazione, pertanto, avendo ritenuto che fosse
corretta la decisione di appello che aveva – in violazione
dell’art. 2909 cod. civ. – dichiarato inammissibile il procedi-

stato il bene della vita concernente il pagamento delle indennità per la custodia dei veicoli già riconosciuto alla Cars s.r.l.
dalla menzionata sentenza n. 8359/2003, sarebbe incorsa in
errore revocatorio per avere ricondotto «il caso concreto ad
una fattispecie astratta che, in realtà, è inidonea a regolarlo,
con una erronea lettura ed interpretazione dei principi esistenti in tema di giudicato e conseguente estinzione del diritto di
credito» (p. 30 del ricorso per revocazione), quali erano stati
enunciati negli scritti difensivi della ricorrente e risultavano dai
documenti allegati;
Ritenuto che:
sussista l’errore revocatorio commesso dalla Corte di Cassazione qualora la Corte incorra in un’erronea percezione degli
atti di causa e, segnatamente, nella supposizione di un fatto la
cui verità è incontestabilmente esclusa, o nella supposizione
dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita, sempre che l’evento su cui cade l’errore non abbia costituito un punto controverso in ordine al quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunziato;
il suddetto errore, pertanto, perché possa venire in rilievo con
riferimento alla Corte di Cassazione ex artt. 391 bis e 395 n. 4
c.p.c. non possa, in alcun modo, riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, dovendo trattarsi di un
errore meramente percettivo, e non certo di un preteso errore
di giudizio, derivante dall’erronea applicazione di norme pro-

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mento monitorio per assenza del credito azionato, essendo

cessuali (cfr. ex plurimis, Cass.S.U., 30/10/2008, n. 26022;
Cass., 12/12/2012, n. 22868; Cass., 09/12/2013, n. 27451);
per tali ragioni, una sentenza della Corte di cassazione non
possa in alcun modo essere impugnata – come nella specie per revocazione in base all’assunto che abbia male valutato i

un errore di giudizio e non un errore di fatto ai sensi dell’art.
395, comma 1, numero 4, c.p.c. (Cass., 03/04/2017, n.
8615);
Considerato che:
peraltro, nel caso specie, questa Corte, men che affermare
l’applicabilità diretta del giudicato al giudizio de quo, ha – per
contro – rilevato che la censura della Cars s.r.l. alla decisione
di appello era «inidonea a colpire la ratio decidendi
dell’impugnato provvedimento», posto che quest’ultimo aveva
affermato, non l’esistenza del giudicato, bensì che il credito
azionato dalla predetta società era inesistente, essendole stato il bene della vita (indennità di custodia) già concesso dalla
succitata sentenza n. 8359/2003);
questa Corte ha, invero, rilevato, in proposito, che effettivamente – nel giudizio conclusosi con la suddetta pronuncia – la
Prefettura era stata condannata al pagamento della somma di
Euro 1.787.931,00, «pari alle maturate spese di custodia richieste e non pagate» alla Cars s.r.I., talchè la richiesta
dell’opposta avrebbe prodotto una duplicazione del credito;
del resto, questa Corte ha più volte affermato che dal principio
stabilito dall’art. 2909 cod. civ – secondo cui l’accertamento
contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni
effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa – si evince, «a
contrario», che l’accertamento contenuto nella sentenza non
estende i suoi effetti e non è vincolante rispetto ai terzi, ma

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motivi di ricorso, perché un vizio di questo tipo costituirebbe

che, tuttavia il giudicato può, quale affermazione obiettiva di
verità, spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, salvo che – ipotesi peraltro
non ricorrente nella specie – il terzo sia titolare di un rapporto
autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale

02/12/2015, n. 24558);
nel caso concreto, pertanto, il Ministero della difesa ben poteva avvalersi dell’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel
precedente giudizio;
Ritenuto che:
per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso per revocazione – in quanto investe un preteso errore di giudizio della
Corte – debba essere dichiarato inammissibile, con condanna
dei ricorrenti alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in
favore del controricorrente, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati
in Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13,
comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 21/11/2017.

Il Funzionario Giudizio
,
POIOTLAfi
(f–,

DEPOSITATO W
IN 4,CANCELLERIA
Roma, …….. …………………. …..

il giudicato interviene (Cass., 13/01/2011, n. 691; Cass.,

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