Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2983 del 07/02/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2983 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 20687-2006 proposto da:
REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, in persona del
Presidente della Giunta Regionale pro tempore,
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 07/02/2013

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

2013

contro

119

IMECO S.R.L.;
– intimata –

1

sul ricorso 25187-2006 proposto da:
IMECO IMPRESA COSTRUZIONI S.R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BRTOLONI 35
(STUDIO BIAGETTI), presso l’avvocato

CAPPELLA

all’avvocato CRITELLI GREGORIO, giusta procura
speciale per Notaio avv. VITTORIO GIUA MARASSI di
CAGLIARI – Rep.n. 135168 del 19.12.2012;
controricorrente e ricorrente incidentale contro

REGIONE AUTONOMA

DELLA SARDEGNA,

in persona del

Presidente della Giunta Regionale pro tempore,
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO,

che la

rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza non definitiva n. 257 e la
sentenza definitiva n. 267/2005 della CORTE

4

FEDERICO, che la rappresenta e difende unitamente

D’APPELLO di CAGLIARI, depositate il 16/7/2001 e il
16/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 24/01/2013 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito,

per

la

controricorrente

e

ricorrente

2

incidentale, l’Avvocato E. CAPPELLA che ha chiesto
il rigetto del ricorso principale, accoglimento del
ricorso incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per

subordine rigetto; rigetto del ricorso incidentale.

l’inammissibilità del ricorso principale, in

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.r.l. IMECO conveniva in giudizio innanzi al
Tribunale di Cagliari la Regione Autonoma della Sardegna
chiedendone la condanna al pagamento di tutti i maggiori

oneri che ad essa erano derivati – in relazione ai lavori
di completamento degli arredi e servizi funzionali del
porto di Perd’e Sali nel Comune di Sarroch ad essa
affidati con contratto del 2 febbraio 1989 – sia dal fatto
che i lavori, dopo una prima consegna in data 16 maggio
1989 erano stati definitivamente consegnati soltanto in
data 17 aprile 1990, sia dal fatto che nel corso del
rapporto erano intervenute quattro sospensioni ed erano
state concesse proroghe per complessivi sette mesi.
Pertanto, il termine per l’ultimazione dei lavorik era
slittato prima al 18 marzo 1991 e, poi, alla fine, al 3
dicembre 1993.
Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 10 marzo
1999, rigettava la domanda in quanto non preceduta
secondo quanto previsto dall’art. 10, coma 8, del d.p.r.
n. 1063/1962, per il caso di omessa consegna dei lavori da
parte dell’appaltante – dalla richiesta dell’appaltatore
di recedere dal contratto.
La s.r.l. IMECO impugnava la decisione e la Corte di
appello, con sentenza non definitiva del 25 luglio 2001,
dichiarava ammissibile tanto la domanda di ristoro dei
4

maggiori oneri relativi alla parte dei lavori consegnati
in ritardo, quanto le altre domande proposte in dipendenza
delle riserve formulate. In particolare, per quanto ancora
interessa, la Corte di appello osservava che: 1) la s.r.l.
IMECO non aveva proposto una nuova domanda in appello,

deducendo a fondamento della stessa una parziale consegna
dei lavori anziché una mancata consegna; infatti, sin dal
giudizio di primo grado l’appellante aveva dedotto, a
fondamento di parte della sua pretesa, che la parziale
consegna aveva determinato dei pregiudizi per l’esistenza
di una organizzazione dei mezzi dell’impresa che aveva
tenuto conto di una consegna che avrebbe dovuto essere
completa; 2) l’art. 10, comma 8, del d.p.r. n. 1063/1962,
secondo cui, in caso di mancata consegna dei lavori,
l’appaltatore ha la scelta tra attendere la consegna
ovvero chiedere il recesso, maturando solo in questo
secondo caso il diritto ad un compenso per i maggiori
oneri, trova applicazione al caso di consegna parziale
soltanto se questa ha carattere fittizio; 3) la consegna
parziale nella specie non aveva avuto carattere fittizio
in quanto aveva riguardato tutti i lavori edilizi per un
importo di lire 517.000.000 su un totale di lire
1.155.000.000; elementi contrari non potevano desumersi né
dal fatto che la prima registrazione relativa ai lavori
eseguiti in relazione alla consegna parziale era
intervenuta sette mesi dopo la consegna, né dal tenore
5

della riserva formulata al momento della consegna
definitiva, in quanto il giudizio di irrisorietà, riferito
alla prima consegna, aveva carattere non assoluto ma
relativo all’organizzazione approntata dall’appaltatore in
vista di una consegna totale;

4)

pertanto, nella specie

l’appaltatore non aveva l’onere di chiedere di recedere
dal contratto e poteva domandare il risarcimento dei danni
conseguenti alle maggiori spese affrontate per la parte
consegnata in ritardo; 5) in ogni caso, e cioè
indipendentemente dall’applicazione dell’art. 10 del
d.p.r. n. 1063/1962, Il Tribunale aveva erroneamente
omesso di pronunziare sulle domande di risarcimento dei
danni relativi alle riserve ncn collegabili alla ritardata
consegna dei lavori.
Dopo l’espletamento di una C.T.U. la Corte di appello,
con sentenza definitiva in data 7 giugno 2005, condannava
la Regione al risarcimento dei danni liquidati in E
227.157,28 oltre al danno da ritardo nell’adempimento
dell’obbligazione risarcitoria liquidato in C 109.869,30=.
In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di
appello osservava che: l) l’invito alle parti a formulare
quesiti da sottoporre ai consulente tecnico

non

aveva

snaturato la C.T.U. trasformandola da mezzo di valutazione
della prova in una prova in senso proprio, ma aveva
semplicemente coinvolto le parti in una decisione che
comunque era rimasta propria del giudice; 2) l’onere

6

dell’appaltatore di provare la tempestiva iscrizione delle
riserve non era divenuto operante nel processo in quanto
la Regione, almeno nel termine previsto dall’art. 180
c.p.c., aveva sollevato la relativa eccezione in modo del
tutto generico senza prendere posizione con riferimento al

contenuto dei documenti prodotti e specificamente del
registro di contabilità e dei verbali di sospensione e
ripresa dei lavori; 3) in ogni caso tutte le riserve
risultavano tempestivamente iscritte; 4) in ordine alle
riserve nn. 2, 4, 5 e 6, relative a quattro distinte
sospensioni dei lavori, non potevano essere riconosciuti i
maggiori oneri inerenti al compenso per attrezzature e
macchinari per non essere stata fornita la prova della
presenza degli stessi in cantiere nei periodi della
sospensione; in particolare, la prova per testi dedotta
dalla IMECO s.r.l. nel giudizio di appello era stata
dichiarata inammissibile in quanto nel giudizio di primo
grado era stata proposta, non ammessa e non riproposta
nelle conclusioni; 5) in ordine alla riserva n. 2, si
doveva escludere il riconoscimento dell’alea revisionale
In quanto l’appaltatore non aveva dato prova che con una
esecuzione tempestiva dei lavori non avrebbe sopportato
alcun aumento dei costi; 6) in ordine alla riserva n. 3,
si doveva rigettare la richiesta di interessi per
ritardato pagamento poiché: a) con riferimento al primo
stato di avanzamento erano stati riconosciuti i danni
7

rapportati alle limitazioni esecutive

derivate dalla

consegna parziale, « non produttiva di danni risarcibili
in relazione ai lavori che la riguardano »; b) con
riferimento al quarto e quinto stato di avanzamento
l’impresa non aveva condotto i lavori con la dovuta

sollecitudine e per tale ragione non aveva raggiunto in
tempo utile l’importo corrispondente alla rata minima di
acconto.
La Regione Autonoma della Sardegna propone ricorso per
cassazione, deducendo cinque motivi. La s.r.l. IMECO
resiste con controricorso, propone ricorso incidentale
affidato a quattro motivi ed illustra le sue ragioni anche
con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza devono
essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo la ricorrente principale deduce la
violazione

dell’art.

345

c.p.c.,

lamentando

che

erroneamente la Corte di appello aveva disatteso
l’eccezione di inammissibilità dell’appello con cui la
s.r.l. IMECO aveva radicalmente mutato la domanda, fondata
In primo grado sulla mancata consegna dei lavori e in
secondo grado su una consegna parziale.
Con il secondo motivo la Regione Sardegna deduce la
violazione

dell’art.

1063/1962,

lamentando

10,
che

comma

10,

d.p.r.

del

erroneamente

la

n.

sentenza
8

impugnata aveva distinto la disciplina applicabile alla
mancata consegna da quella applicabile alla consegna
parziale, considerato che il oitato comma 10 prevede che
trova applicazione la disciplina dettata per la mancata
consegna quando, dopo l’inizio della consegna, questa sia

sospesa per un periodo superiore a trenta giorni.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione
dell’art. 10 del d.p.r. n. 1063/1962 ed il vizio di
motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva
qualificato la fattispecie come consegna parziale anziché
come mancata consegna, malgrado la s.r.1 MECO, come dalla
stessa dichiarato, non avesse in concreto effettuato
alcuna lavorazione significativa sino all’aprile del 1990.
Il secondo motivo deve essere esaminato per primo per
ragioni di ordine logico ed è fondato ancorchè il richiamo
dell’art. 10, coma 10, del d.p.r. n. 1063/1962 sia
inconferente poiché tale disposizione si riferisce ad una
consegna incompleta, che si distingue da quella parziale
per il fatto di non essere stata completata neppure con
riferimento ad una parte delle aree o dei lotti, come
avviene, ad esempio, quando le aree interessate dai lavori
sono state consegnate, ma non sono libere da persone o
cose e, quindi, non si realizza l’effetto di immettere
l’impresa nella effettiva e totale disponibilità del
cantiere, cui soltanto è collegata la possibilità di
realizzare il progetto appaltato (per una ipotesi di
9

consegna incompleta v. Cass. 22 marzo 2005, n. 6178). La
consegna parziale,

accertata nel caso in esame,

caratterizzata, invece, dal fatto di essere completa, ma
limitatamente ad alcuni lotti o aree interessate dai
lavori.

La

consegna

parziale,

pertanto,

consente

all’appaltatore, diversamente dalla consegna incompleta,
di iniziare almeno una parte dei lavori.
La consegna parziale può essere il frutto della
previsione, nel capitolato speciale, di una consegna
frazionata, possibile ai sensi dell’art. 10, coma 9, del
d.p.r. n. 1063/1962 (applicabile

ratione temporis,

ma

sostanzialmente corrispondente sul punto alla disciplina
successivamente dettata prima dagli artt. 129 e 130 del
d.p.r. n. 554/1999 e dopo dagli artt. 153 e 154 del d.p.r.
n. 207/2010) quando ricorrono le condizioni previste
dall’art. 10 del r.d. n. 350/1895, secondo il quale «per
le opere la cui consegna richiegga molto tempo, quando la
natura o l’importanza di esse lo consentono, si potrà
stabilire nei capitolati speciali che la consegna possa
farsi in più parti, mediante successivi verbali di
consegna provvisori, ed, in caso di urgenza, l’impresa
potrà cominciare i lavori anche parzialmente pei tratti
già consegnati. La data legale della consegna per tutti
gli effetti di legge e regolamento sarà quella dell’ultimo
verbale di consegna parziale, se altrimenti non sia stato
stabilito dal capitolato speciale». La legge non

lo

contempla, invece, la consegna parziale al di fuori del
caso appena indicato.
In proposito, quanto alla disciplina applicabile si
possono individuare due orientamenti nella giurisprudenza
di questa Corte. Secondo il primo, più risalente e messo a

punto da Cass. 19 marzo 1980, n. 1818, negli appalti ai
quali si applichi, per legge o per convenzione, il
capitolato generale per le opere pubbliche dello Stato
{d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) ed in ordine ai quali non
sia consentita la consegna frazionata dei lavori, sono
configurabili due ipotesi. Se la consegna parziale, per
gli effetti che produce, è tale da doversi equiparare a
mancata consegna, è applicabile la disciplina dell’art. 10
del capitolato la quale consente all’appaltatore di
scegliere tra la prosecuzione del rapporto nonostante il
ritardo, rinunziando così a qualsiasi pretesa
risarcitoria, e la richiesta di recesso; in questa seconda
ipotesi, se la richiesta di recesso viene accolta
dall’Amministrazione, l’appaltatore ha diritto al rimborso
delle spese mentre, se la richiesta non viene accolta ed
il rapporto prosegue, l’appaltatore ha diritto ad un
compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. Se,
invece, il frazionamento nella consegna dei lavori è
scarsamente rilevante nell’economia del rapporto,
l’appaltatore può pretendere un prolungamento del termine
di completamento dell’opera e, se del caso, il ristoro dei
11

maggiori oneri relativi alla parte consegnata in ritardo,
previa formulazione delle opportune riserve (Cass. 10
novembre 2008, n. 26916; Cass. 26 aprile 2010, n. 9444).
Tale orientamento, al quale si è conformata la sentenza
impugnata, ritiene pertanto di poter distinguere, anche

quando non è prevista dal capitolato speciale, la
fattispecie della consegna parziale, che ponga
l’appaltatore in grado di iniziare immediatamente una
parte dei lavori, da quella della mancata consegna,
riservando soltanto a questo secondo caso l’applicazione
della disciplina dettata dall’art. 10, coma 8, del d.p.r.
n. 1063/1962.
Secondo un altro orientamento, invece, la consegna
parziale non prevista dal capitolato speciale deve essere
equiparata sempre a mancata consegna e pone
all’appaltatore la scelta se chiedere o meno di recedere
dal contratto, con le conseguenze che sono state sopra
ricordate. Pertanto, se l’appaltatore preferisce non
chiedere il recesso deve presumersi che abbia considerato
ancora eseguibile il contratto, senza ulteriori oneri a
carico della stazione appaltante e senza che possa
rilevare neppure la tempestiva costituzione in mora del
committente e l’iscrizione di riserva. L’appaltatore potrà
al più pretendere un prolungamento del termine

di

completamento dell’opera (Cass. 15 novembre 1997, n.
11329; Cass. 26 marzo 2012, n. 4780).
12

Il Collegio ritiene di dover dare seguito a questo
secondo orientamento. Anzitutto, si deve osservare che
nella disciplina dettata dall’art. 10 del d.p.r. n.
1063/1962 non è prevista alcuna ipotesi di rimborso da
parte dell’Amministrazione dei maggiori oneri incontrati

dall’appaltatore nel caso di una consegna parziale. In
tale situazione l’affermazione di un diritto
dell’appaltatore al rimborso dei maggiori oneri appare il
frutto di un non consentito innesto della disciplina
civilistica nell’ambito di una disciplina della consegna
dei lavori che rispetto a quella ha evidentemente
carattere speciale, tanto se si riconduce la consegna
parziale ad un inadempimento contrattuale (non così grave
da giustificare la risoluzione) quanto se la si riconduce
alla violazione dell’obbligo di cooperazione del
creditore. In secondo luogo, la

ratio

della disciplina

dettata dall’art. 10, coma 8, citato è individuata,
concordemente, nella esigenza di assicurare
all’Amministrazione la possibilità di conoscere
immediatamente le conseguenze del ritardo della consegna
e, quindi, di stabilire l’opportunità di mantenere in vita
il rapporto ovvero di adottare una diversa determinazione
in vista dell’eventuale superamento degli originari limiti
di spesa. Sicchè tale finalità sarebbe elusa ove fosse
consentito all’appaltatore di richiedere il rimborso di
maggiori oneri, a qualsiasi titolo, durante e dopo
13

l’esecuzione dell’opera, pur avendo accettato la consegna
tardiva dei lavori e il nuovo termine contrattuale.
Orbene, se questa è la ratio della disposizione in esame è
evidente che la stessa esigenza ricorre anche nel caso in
cui l’Amministrazione proceda ad una non consentita

ritenesse possibile la soggezione dell’Amministrazione
alla prosecuzione del contratto e, conseguentemente, al
rimborso dei maggiori oneri incontrati dall’appaltatore
sarebbe elusa la finalità di consentire
all’Amministrazione di conoscere le conseguenze del
proprio ritardo e di stabilire se mantenere o meno in vita
il rapporto.
In conclusione, in un appalto di opere pubbliche al
quale si applichi ratione temporis il d.p.r. n. 1063/1962,
si deve escludere una differenza di disciplina tra la
mancata consegna (o il ritardo nella consegna di tutti i
lavori) e la consegna parziale non prevista dal capitolato
speciale poiché in entrambi i casi trova applicazione il
disposto dell’art. 10, comma 8, del citato d.p.r., secondo
cui l’appaltatore può scegliere se chiedere il recesso dal

4

contratto, acquisendo il diritto al rimborso dei maggiori
oneri ove la sua istanza venga rigettata, ovvero
proseguire nel rapporto con la sola esclusione della sua
responsabilità per l’eventuale conseguente ritardo nel
completamento dell’opera.
14

consegna parziale dei lavori. Anche in questo caso, se si

del

All’accoglimento

secondo

motivo

consegue

l’assorbimento del primo e del terzo motivo del ricorso
principale.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione
degli artt. 61, 62 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.

nonché il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di
appello, pur avendo dichiarato l’appellante decaduta dalla
prova, aveva disposto una consulenza tecnica d’ufficio
snaturandone la funzione, che è quella di mezzo di
valutazione della prova e non di mezzo di prova, ed
addirittura chiedendo alle parti di indicare i quesiti da
porre al c.t.u.
Il motivo è infondato laddove lamenta il coinvolgimento
delle parti nella formulazione dei quesiti; detto
coinvolgimento, infatti, lungi dal determinare di per sé
uno snaturamento della consulenza tecnica, rappresenta
soltanto una modalità di realizzazione del principio del
contraddittorio quando, comunque, la definitiva
formulazione dei quesiti è riconducibile al giudice, come
non può negarsi anche quando questi fa proprie le
richieste delle parti. Il motivo è, invece, inammissibile
per genericità laddove lamenta apoditticamente uno
snaturamento della consulenza tecnica senza precisare come
si sarebbe manifestata la deviazione della funzione.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione
degli artt.

23,

51,

64 e 89 del r.d. n.

350/1895,
15

dell’art. 26 del d.p.r. n. 1063/1962, degli artt. 167 e
183 c.p.c., lamentando che essa, contrariamente a quanto
ritenuto nella sentenza impugnata, aveva puntualmente
contestato sin dal primo atto difensivo la tempestività
delle riserve formulate dall’appaltatore, e che

erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto comunque
acquisita la prova di tale tempestività.
Il

motivo

è

inammissibile

per

difetto

di

autosufficienza poiché la ricorrente, pur richiamando il
numero delle pagine degli atti difensivi ove avrebbe
contestato le deduzioni dell’attrice, non ha precisato il
tenore di tali contestazioni con riferimento agli elementi
acquisiti al giudizio.
Con il primo motivo la ricorrente incidentale deduce la
violazione dei principi generali in materia di esecuzione
di opere pubbliche e la contraddittorietà della
motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva
determinato i maggiori oneri sostenuti dall’appaltatore
previa detrazione dell’alea revisionale, pur avendo
affermato il principio che il relativo diritto compete
all’appaltatore, in caso di colpa dell’Amministrazione e
pur essendo rimasto provato che la Regione Sardegna aveva
impedito una tempestiva esecuzione dei lavori sia a causa
della consegna parziale dei lavori sia a causa delle
quattro sospensioni dei lavori.

16

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio
fondata sulla mancanza di prova del nesso di

decidendl

causalità. La sentenza impugnata, infatti, distingue tra i
maggiori costi conseguenti alla protrazione degli oneri di
cantiere ed il maggior costo dei lavori conseguente ad

aumenti dei costi unitari, affermando che rispetto a
questi ultimi non sussisteva la prova che non si sarebbero
verificati senza le sospensioni.
Con il secondo e con il quarto motivo la ricorrente
incidentale deduce la violazione degli artt. 116 c.p.c. e
2697 c.c. nonché il vizio di motivazione, lamentando che
erroneamente la Corte di appello non aveva riconosciuto il
suo diritto al rimborso dei maggiori oneri sostenuti per
il mantenimento delle attrezzature e dei macchinari di
cantiere durante le quattro sospensioni senza tenere conto
della documentazione versata in atti dalla quale
emergevano

maggiori costi sostenuti a causa delle

sospensioni dei lavori
Il

motivo

è

inammissibile

per

difetto

di

autosufficienza. La ricorrente, infatti, non indica
specificamente quali elementi decisivi, pur essendo
acquisiti al giudizio, non sono stati presi in
considerazione dalla Corte di appello.
Con il terzo motivo la ricorrente incidentale deduce la
violazione dei principi generali in materia di esecuzione
di opere pubbliche, lamentando che, in relazione alla
17

riserva n. 3, erroneamente la sentenza impugnata aveva
rigettato la richiesta di interessi per il ritardato
pagamento della quota di lavori eseguiti in quanto tali
interessi non potevano essere confusi con il ristoro degli
oneri patiti per la consegna parziale.
motivo

è

inammissibile

per

difetto

di

Il

autosufficienza. Invero, la Corte di appello, con
riferimento alla riserva n. 3, ha escluso il risarcimento
dei danni determinati dal c.t.u.; la relativa motivazione,
certamente laconica, può essere compresa e censurata
soltanto in connessione con la causa di danno individuata
e valutata dal c.t.u. A tale valutazione la ricorrente
incidentale ha, invece, omesso ogni riferimento non
sviluppando compiutamente la propria censura.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere
cassata con riferimento all’accoglimento del secondo
motivo del ricorso principale. Poiché non sono necessari
accertamenti di fatto, questa Corte, decidendo nel merito,
rigetta la domanda proposta dalla s.r.l. IMECO con
riferimento ai maggiori oneri conseguiti al ritardo nella
consegna di una parte dei lavori, atteso che la predetta
società non si è avvalsa, ai sensi dell’art. 10, comma 8,
del d.p.r. n. 1063/1962, della facoltà di chiedere il
recesso. Conseguentemente la condanna della Regione
Autonoma Sardegna si riduce, una volta esclusa la condanna
a lire 118.932.000 a titolo di danno per ritardata
18

consegna definitiva, da C 227.457,28 ad C 146.455,41;
resta fermo il danno da ritardato adempimento
dell’obbligazione risarcitoria connessa alle illegittime
sospensioni, liquidato dalla sentenza impugnata in E
109.869,30; resta altresì ferma la decorrenza degli

interessi legali sulle somme liquidate.
Le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio di
merito devono essere compensate per metà, in
considerazione del solo parziale accoglimento delle
domande della s.r.l. IMECO, e vengono liquidate, come in
dispositivo, confermando la liquidazione dell’intero
operata dalla Corte di appello.
Le spese del giudizio di Cassazione devono essere
compensate per intero in considerazione del parziale
accoglimento del ricorso principale e dell’inammissibilità
del ricorso incidentale.

riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo del ricorso
principale, dichiara assorbiti il primo ed il terzo
motivo, rigetta gli altri motivi; dichiara inammissibile
il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda di risarcimento dei danni per la
ritardata consegna definitiva dei lavori; condanna
conseguentemente la Regione Autonoma Sardegna al pagamento
della minore somma di e 146.455,41 nonché della somma di E
19

109.869,30 a titolo di danni da ritardato adempimento
dell’obbligazione risarcitoria, oltre interessi legali su
tali importi dalla sentenza di secondo grado al saldo;
compensa per metà le spese del giudizio di primo e di
secondo grado che liquida per l’intero, quanto al giudizio

diritti e 14.720,00 per onorari, oltre spese vive, spese
generali, IVA e CP e, quanto al giudizio di secondo grado,
in E 23.240,00=, di cui 3.874,00 per diritti e 19.366,00
per onorari, oltre spesa della consulenza tecnica, spese
vive, spese generali, IVA e CP; compensa per intero le
spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24
gennaio 2013.

di primo grado, in E 17.043,00=, di cui 2.324,00 per

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