Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2983 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/02/2017, (ud. 26/01/2017, dep.03/02/2017),  n. 2983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 19184/2011 proposto da:

M.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAVOUR 96, presso lo studio dell’avvocato

M.E., che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

e contro

UNIONE NAZIONALE DEI GIUDICI DI PACE UNAGIPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 535/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/03/2011 r.g.n. 296/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato M.E.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per: rigetto del primo motivo, sul

secondo rinvio alle SS.UU. o in subordine rigetto.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che la Corte di Appello di Perugia ha respinto l’appello proposto dall’Avv. M.E. avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2% e dell’IVA pari al 20% in relazione ai compensi corrisposti al ricorrente per l’attività svolta di giudice di pace;

che la Corte territoriale ha ritenuto non dovuta la contribuzione previdenziale sulla base del disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50, lett. F), modificato dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 36, che assimila il compenso dei giudici di pace ai redditi da lavoro dipendente, anche nella ipotesi di contemporaneo esercizio della professione forense;

che il giudice di appello ha escluso la eccepita illegittimità costituzionale della norma, sia perchè la tutela previdenziale è assicurata al giudice di pace dalla imposizione del reddito relativo alla professione di avvocato, sia perchè, diversamente ragionando, si opererebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra appartenenti alla categoria che svolgono anche la professione forense e giudici di pace non iscritti all’albo professionale;

che la Corte territoriale ha confermato la pronuncia di difetto di giurisdizione quanto alla assoggettabilità ad IVA dei compensi, evidenziando che la giurisdizione del giudice ordinario non poteva essere affermata per il solo fatto che l’appellante avesse provveduto ad emettere fattura;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Avv. M.E., sulla base di due motivi, contrastati dal Ministero della Giustizia con controricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

che con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 50, lett. F, come modificato dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 36, per non avere riconosciuto il diritto del ricorrente alla qualificazione dell’indennità percepita in qualità di giudice di pace come compenso di lavoro autonomo di soggetto esercente la professione di avvocato con conseguente assoggettamento dell’Amministrazione resistente alla corresponsione del contributo obbligatorio di previdenza (2%) e dell’imposta sul valore aggiunto (20%)”; che il secondo motivo lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 1 c.p.c., per avere dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione ad una presunta domanda concernente l’assoggettamento ad IVA dei compensi dell’appellante in presenza di una semplice domanda di accertamento della differenza di indennità in misura corrispondente alla differenza relativa agli accessori di legge non corrisposti”; che il ricorrente evidenzia come nella specie il giudice del merito era chiamato a pronunciare non sulla assoggettabilità del compenso ad IVA, bensì sulla spettanza della differenza reclamata e quindi la questione di rilievo tributario ben poteva essere conosciuta dal giudice ordinario, sia pure incidenter tantum; che il secondo motivo concerne una questione di giurisdizione, sulla quale, ex art. 374 c.p.c., la Corte si pronuncia a Sezioni Unite.

PQM

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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