Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29822 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13484-2018 proposto da:

IACES SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA

n. 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONELLA PICCINI;

– ricorrente –

contro

A.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO

NICOLAI, 70, presso lo studio dell’avvocato LUCA GABRIELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO FIGONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 413/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 30/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 26.10.2006 la società IACES S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2673/2006 emesso dal Tribunale di Genova in favore dell’avv. A.P. in relazione al compenso maturato a fronte di alcune prestazioni professionali rese dall’ingiungente in favore della ingiunta. Nella narrativa dell’atto di citazione l’opponente eccepiva l’intervenuta prescrizione del credito e l’infondatezza della pretesa.

Si costituiva l’opposta invocando il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale, con sentenza n. 1092/2011, rigettava l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando IACES S.r.l. alle spese del grado.

Interponeva appello avverso detta decisione IACES S.r.l. e si costituiva in seconde cure la Edilmironi S.a.s. resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 413/2017, la Corte di Appello di Genova rigettava l’appello condannando l’appellante alle spese del grado. Riteneva la Corte ligure che fosse irrilevante la circostanza, allegata dall’appellante, che quest’ultima avesse retribuito altro difensore (l’avv. Mazzoni) alla luce del principio per cui in caso di attività svolta congiuntamente da più avvocati, ciascuno di essi matura il diritto al compenso: nella specie, l’ A. avrebbe, secondo la Corte genovese, provato di aver svolto l’attività per la quale chiedeva di essere pagata e quindi la sua domanda meritava di essere accolta. Quanto alla prescrizione, la Corte territoriale rilevava che la società appellante si era limitata a formulare una generica eccezione, senza qualificare se intendesse sollevare questione di eccezione ordinaria ovvero presuntiva; si doveva quindi, secondo la Corte genovese, ritenere che l’appellante avesse inteso eccepire la prescrizione ordinaria, che nella specie non era maturata.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione IACES S.r.l. affidandosi a ree motivi.

Resiste con controricorso A.P..

A seguito della proposta del relatore ex art. 380-bis c.p.c. ambo le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, art. 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che la A. avesse maturato autonomo diritto al compenso in relazione all’attività professionale svolta congiuntamente all’avv. Mazzoni, che era stato separatamente pagato dalla IACES S.r.l.. Ad avviso di quest’ultima, infatti, trattandosi di mandato congiunto sarebbe stato necessario quantomeno detrarre dal compenso richiesto dalla A. quanto la società aveva già versato al Mazzoni.

La censura è infondata.

In proposito, va ribadito il principio per cui “Nel caso in cui più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente solo in base all’opera effettivamente prestata, in virtù del principio di cui all’art. 6 della Legge 13 giugno 1942, n. 794″ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22463 del 04/11/2010, Rv.614751).

Ne consegue che tale diritto rimane escluso soltanto se, essendo stato richiesto il pagamento di una sola parcella e non essendo state in essa indicate separatamente le prestazioni di ciascuno degli avvocati, risulta in modo non equivoco una reciproca sostituzione nelle singole prestazioni, poi sommate nella specifica” (Cass. Sez.2, Sentenza n. 9242 del 12/07/2000, Rv.538404).

Se ne ricava che, per potersi configurare una limitazione del diritto al compenso in capo a ciascun singolo procuratore, si deve dimostrare che lo stesso ha svolto solo in parte l’attività professionale per la quale chiede di essere ricompensato (cfr. Cass. Sez.2, Ordinanza n. 20554 del 30/08/2017 e Cass. Sez.2, Ordinanza n. 19255 del 19/07/2018, non massimate). Nel caso di specie, al contrario, la sentenza impugnata dà atto, con adeguato apprezzamento di merito, che “L’avv. A. ha richiesto il pagamento degli onorari relativi all’attività dalla medesima effettivamente svolta e della quale in giudizio ha dato la prova, costituita, oltre che dai preavvisi di parcella tarati dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Genova, dalla produzione dei fascicoli di parte relativi alle cause e della documentazione relativa all’attività stragiudiziale svolta su incarico e nell’interesse della Iaces S.r.l. nonchè per messo delle prove testimoniali” (cfr. pag.4). Di conseguenza, la decisione con cui la Corte di merito ha escluso la configurabilità di una limitazione del diritto al compenso in capo all’odierna controricorrente appare corretta.

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2956 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che, in difetto di specificazione da parte dell’eccipiente, l’eccezione di prescrizione mossa da IACES S.r.l. dovesse essere interpretata come ordinaria e non invece presuntiva.

La censura è infondata.

Occorre infatti ribadire il principio secondo cui “La parte che eccepisce in giudizio la prescrizione ha l’onere di puntualizzare se intende avvalersi di quella presuntiva o di quella estintiva, poichè si tratta di eccezioni tra loro logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi, mentre non è necessaria la specificazione del tipo legale e della durata della prescrizione estintiva, la cui identificazione spetta al giudice secondo le varie ipotesi previste dalla legge, in base al principio iura novit curia” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16486 del 05/07/2017, Rv.644816).

Invero le varie ipotesi di prescrizione estintiva (ordinaria ed abbreviata) costituiscono un modo di estinzione dell’obbligazione, che può essere posto nel nulla soltanto per effetto dell’adempimento spontaneo del debitore, il quale tuttavia non ha l’effetto di far rivivere l’obbligazione ormai estinta, ma si pone piuttosto sul piano dell’adempimento dell’obbligazione naturale. La prescrizione presuntiva, invece, costituisce una presunzione legale di estinzione di uno specifico diritto per effetto del decorso del tempo previsto dalla norma, superabile con prova contraria. Ne deriva che i due istituti prescrizione presuntiva ed estintiva- non sono tra loro assimilabili poichè si fondano su diversi presupposti e perseguono finalità non assimilabili: all’unico elemento comune del decorso del tempo, quindi, essi ricollegano effetti giuridici tutt’affatto differenti.

Ne discende che le correlative eccezioni non possono essere assimilate, con conseguente onere dell’eccipiente di specificare se egli intende sollevare eccezione di prescrizione estintiva (nelle forme alternative, ordinaria ed abbreviata) ovvero presuntiva. In difetto, spetta al giudice del merito procedere all’interpretazione della volontà delle parti, ma il relativo giudizio non è utilmente censurabile in Cassazione, posto che esso si colloca sul terreno dell’interpretazione della domanda giudiziale, sul quale il giudice di merito si deve confrontare soltanto con i limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta (cfr. Cass. Sez.2, Sentenza n. 8225 del 29/04/2004, Rv.572456 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 27428 del 13/12/2005, Rv.585512).

E’ ben vero che questa Corte ha avuto modo di affermare che il giudice di merito -ferma restando la non fungibilità, in termini generali, delle due eccezioni di prescrizione estintiva e presuntiva e la non estensibilità dell’una all’altra, occorrendo comunque una formulazione distinta per ciascuna di esse- ha la facoltà di esaminare l’eccezione di prescrizione presuntiva anche “… desumendone l’implicita proposizione dalla proposizione della difesa in mancanza di maturazione della prescrizione estintiva e dalla comparsa conclusionale, in cui la parte invochi le norme sulla prescrizione presuntiva” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1203 del 18/01/2017, Rv.642464). Ma ciò non comporta alcun dovere del giudice di merito, che nel caso di specie ha valorizzato la mancata proposizione dell’eccezione di prescrizione estintiva sia nella prima difesa che nelle successive memorie ex art. 183 c.p.c., ritenendo tardiva la formulazione dell’eccezione stessa soltanto con la comparsa conclusionale. La società ricorrente, d’altra parte, non riporta nel motivo di censura, neanche parzialmente, il contenuto della propria comparsa conclusionale, e quindi non consente a questa Corte di apprezzare se, in concreto, il giudice di merito avrebbe potuto ragionevolmente configurare un’ipotesi di implicito rilievo dell’eccezione di prescrizione presuntiva di cui si discute. Al contrario, il motivo valorizza il fatto che IACES S.r.l. avesse sin dal proprio atto introduttivo lamentato che l’ A. ed il Mazzoni avessero svolto alcune attività nel 1996 senza avanzare alcuna richiesta di compenso sino al 2005; e che la società non avesse mai ricevuto alcuna comunicazione dai predetti avvocati dal 2001 al 2005. Nessuno di tali rilievi, tuttavia, è idoneo a far presumere che la parte abbia inteso sollevare, ancorchè implicitamente, eccezione di prescrizione presuntiva, poichè essi sono limitati al mero elemento del decorso del tempo che, come visto, è l’unico dato comune che presentano i due istituti della prescrizione estintiva e presuntiva. Ne consegue che manca, in concreto, nella doglianza in esame qualsiasi riferimento al quid pluris rispetto al mero decorso del tempo che avrebbe potuto eventualmente condurre il giudice di merito a ritenere che la parte avesse inteso implicitamente sollevare, insieme all’eccezione di prescrizione estintiva, anche quella presuntiva.

Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile il terzo motivo, riferito alla contestazione del quantum della pretesa dell’ A., sul presupposto che le relative doglianze fossero state “specificate per la prima volta in comparsa conclusionale in primo grado, come dalla stessa IACES S.r.l. affermato in atto di appello (cfr. pag.9) e per tale motivo tardivamente proposte” (cfr. pag.4 della sentenza impugnata).

La censura è fondata.

Risulta invero che la società odierna ricorrente avesse contestato la pretesa dell’ A. sin dal primo atto, con formulazione generica idonea a comprendere sia an che quantum. Inoltre nel motivo si dà atto che la contestazione sul quantum era stata precisata già all’udienza del 3.4.2007, in cui si discuteva dell’istanza di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto invocata dall’Azzolini e che quest’ultima aveva espressamente riconosciuto, nelle proprie memorie ex art. 183 c.p.c., alcuni pur marginali errori nel calcolo delle proprie spettanze. Da quanto sopra emerge che, a prescindere da quel che possa risultare dall’atto di appello, la società odierna ricorrente aveva sollevato la contestazione sul quantum della pretesa avversaria sin dal primo atto difensivo in prime cure; da ciò discende che la Corte territoriale ha errato nel ritenere inammissibile il terzo motivo di appello.

In definitiva, vanno respinti i primi due motivi di ricorso ed accolto il terzo. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alla censura accolta con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso ed accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 novembre 2019

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