Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29821 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

NATUZZI FEDELE & C. s.a.s (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

viale Mazzini n. 73, presso lo studio dell’Avvocato Enzo Augusto,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’Avvocato Marco Cornaro;

– ricorrente –

contro

GRUPPO ITALIANO MANGIMI (GIMA) s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Anapo n. 20, presso lo studio dell’Avvocato Carla Rizzo, dalla quale

è rappresentata e difesa, unitamente all’Avvocato Mastrangeli

Fabrizio Domenico, per procura a margine della memoria di

costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza del Tribunale di Taranto, sezione distaccata di

Ginosa, n. 100 del 2009, depositata il 16 luglio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CARESTIA Antonietta, il quale ha concluso per la

inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso;

dato atto della presenza dell’Avvocato Marco Carnaro e del P.M., in

persona del Sostituto Procuratore Generale dott. VIOLA Alfredo

Pompeo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che la Fedele Natuzzi & C. s.a.s., premesso che aveva svolto attività di agente commerciale per la Panzoo s.p.a. dall’aprile 1992; che dal 25 luglio 2001 in detto rapporto era subentrata la GIMA s.p.a; che quest’ultima, con lettera del 3 maggio 2005, aveva proposto una modifica contrattuale che prevedeva una consistente riduzione della zona ad essa affidata; che essa attrice aveva rifiutato tale proposta; che pochi giorni dopo GIMA s.p.a. aveva comunicato il recesso per violazione dell’obbligo di esclusiva di cui all’art. 3 del contratto di agenzia, conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Ginosa, la Gruppo Italiano Mignini (GIMA) s.p.a., chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento della preponente, con conseguente risarcimento dei danni, e, in subordine, il pagamento dell’indennità di fine rapporto e di quella sostitutiva del preavviso;

che costituitosi il contraddittorio, la società convenuta eccepiva preliminarmente l’incompetenza per territorio dell’adito Tribunale, atteso che l’art. 13 del contratto di agenzia prevedeva la competenza esclusiva del foro di Forlì, peraltro competente anche alla stregua degli artt. 19 e 20 cod. civ.;

che l’adito Tribunale, con sentenza depositata il 16 luglio 2009, ha dichiarato la competenza del Tribunale di Forlì, condannando l’attrice al pagamento delle spese di lite;

che avverso questa sentenza la Fedele Natuzzi & C. s.a.s. ha proposto regolamento necessario di competenza;

che ha resistito, con memoria ex art. 47 cod. proc. civ., la GIMA s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso;

che la Procura Generale presso la Corte di cassazione, nella propria requisitoria, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, e in subordine il rigetto dello stesso;

che entrambe le parti hanno depositato memoria: quella della ricorrente, peraltro, è stata depositata il 10 ottobre 2011, ed è quindi fuori termine.

Considerato che, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

che, ad avviso della ricorrente, il Tribunale, nell’affermare sia che nel caso di specie la clausola concernente la previsione di un foro esclusivo fosse valida ed efficace tra le parti, perchè non poteva ritenersi che fosse stato utilizzato un modulo o un formulario predisposto dalla preponente, sia che non fossero configurabili condizioni generali di contratto, avrebbe errato, atteso che diversi erano gli indici che dovevano indurre a qualificare la clausola derogatoria della competenza prevista nel contratto come una clausola per la quale era necessaria la specifica approvazione per iscritto, nella specie mancante;

che, in particolare, il documento era stato predisposto su carta intestata della predisponente Panzoo; consisteva in una lettera di incarico; nel corpo del documento la contraente diversa dalla predisponente era sempre indicata in modo generico e indistinto; non esistevano nè preliminari nè bozze del documento; quest’ultimo era allegato ad una lettera di accompagnamento, con la quale la destinataria veniva invitata a restituirlo firmato per accettazione;

non vi era alcun richiamo a trattative tra le parti; la stessa zona ove l’agente avrebbe dovuto operare risultava frutto di un’assegnazione da parte del preponente; la stessa clausola di deroga all’esclusiva era contenuta nella lettera di accompagnamento;

che dunque, sostiene la ricorrente, la lettera contratto costituiva una mera riproduzione di uno schema generale precostituito unilateralmente e non il risultato di trattative tra le parti, che necessitava della specifica approvazione per iscritto;

che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per una duplice e concorrente ragione;

che, in primo luogo, deve rilevarsi che il ricorso per regolamento di competenza è configurato come uno specifico mezzo di impugnazione avverso le sentenze che pronunciano sulla competenza e deve, pertanto, contenere tutti gli elementi previsti dall’art. 366 cod. proc. civ., in ordine ai quali l’art. 47 dello stesso codice di rito non disponga una regolamentazione differenziata (Cass. n. 16752 del 2006);

che, nella specie, la ricorrente, pur svolgendo le proprie censure in ordine alla interpretazione delle clausole del contratto contenente la previsione di un foro esclusivo, ha lamentato la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1341 e 1342 cod. civ., e non anche di quelle relative alla interpretazione dei contratti ;

che in proposito, la giurisprudenza di questa Corte è salda nel ritenere che “l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritameli te violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa” (tra le più recenti, v. Cass. n. 10554 del 2010; Cass. n. 22536 del 2007);

che la ricorrente, come rilevato, non ha denunciato la violazione dei canoni di interpretazione dei contratti legislativamente previsti, sicchè, sotto il profilo della denunciata violazione di legge, il motivo è inammissibile;

che il ricorso è inammissibile altresì nella parte in cui denuncia vizio di motivazione, atteso che con l’istanza di regolamento di competenza, che ha la sola funzione d’investire la Corte di Cassazione del compito di individuare il giudice competente, non possono essere denunciati vizi di motivazione del provvedimento in merito al quale si ricorre (Cass. n. 7978 del 1997; Cass. n. 5046 del 1998; Cass. n. 14166 del 2001);

che il ricorso pecca inoltre di autosufficienza, essendosi la ricorrente limitata a richiamare alcune clausole del contratto senza riprodurne il testo nella sua completezza, come viceversa sarebbe stato necessario fare attesa la natura della censura proposta, che postula l’esame dell’intero testo negoziale per poter valutare se si sia in presenza di un contratto predisposto unilateralmente da una parte; e ciò tanto più che il Tribunale, sulla base dell’esame diretto del detto contratto e dell’altra documentazione prodotta dalle parti, aveva ritenuto non provata la destinazione, affermata ma non dimostrata dalla ricorrente, del regolamento contrattuale a una pluralità di rapporti;

che pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che la ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio per regolamento di competenza, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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