Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29820 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26552-2018 proposto da:

MG ADVERTISING SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 186, presso lo

studio dell’avvocato SABRINA MARIANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona della Sindaca pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

lo gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, rappresentata e difesa

dagli avvocati DOMENICO ROSSI, ANTONIO CIAVARELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12736/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 30/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

M.G. Advertising s.r.l. proponeva opposizione davanti al Giudice di pace di Roma contro ordinanza ingiunzione notificata dal Comune di Roma l’8 ottobre 2010, per la violazione del Regolamento Comunale, art. 28 (installazione di un impianto pubblicitario in assenza di autorizzazione).

Il giudice di pace rigettava l’opposizione.

Il Tribunale di Roma confermava la sentenza.

Per quanto ancora interessa in questa sede il tribunale riconosceva che, in materia, è applicabile la prescrizione quinquennale, decorrente dalla notificazione del verbale di accertamento della infrazione il 5 ottobre 2005, che nella specie era stata interrotta con la notificazione in data 3 settembre 2009 dell’invito a comparire ai fini della richiesta audizione.

Per la cassazione della sentenza la società ingiunta ha proposto ricorso affidato a un unico motivo.

Il Comune di Roma ha resistito con controricorso.

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 690 del 1981, art. 28.

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui il tribunale ha riconosciuto efficacia interruttiva della prescrizione all’invito a comparire rivolto al trasgressore.

Si sostiene che, in materia di sanzioni, gli atti aventi efficacia interrutiva sono solamente il verbale di accertamento della violazione e poi l’ordinanza ingiunzione, che nella specie era stata notificata quando erano decorsi cinque anni dalla notificazione del verbale.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame del ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.

“In tema di sanzioni amministrative, l’audizione del trasgressore, prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 18, e la relativa convocazione, sono idonei a costituire in mora il debitore, ai sensi dell’art. 2943 c.c., atteso che ogni atto del procedimento previsto dalla legge per l’accertamento della violazione e per l’irrogazione della sanzione, ha la funzione di far valere il diritto dell’Amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria, e costituisce esercizio della pretesa sanzionatoria” (Cass. n. 22388/2018; n. 28238/2008; con f. n. 3124/2005; n. 9520/2001).

La sentenza è in linea con tale principio, laddove ha riconosciuto efficacia interruttiva all’invito del trasgressore a comparire ai fini della richiesta audizione.

Non è neanche vero che questa Corte abbia deciso diversamente in una fattispecie analoga su un diverso ricorso proposto dalla attuale ricorrente sempre in materia di sanzioni (sentenza n. 14133 del 2018).

In quella occasione la Corte rilevò che “a fronte della prospettata maturazione del termine di prescrizione quinquennale assunta come venutasi a verificare tra il primo atto interruttivo riconducibile alla notificazione a mani del verbale di accertamento in data 5 ottobre 2005 e la notifica della susseguente ordinanza-ingiunzione notificata il 9 ottobre 2010, pur correttamente richiamandosi l’applicabilità della disciplina del codice civile (con conciata operatività dell’art. 2945 c.c.), il Tribunale di Roma – nella sentenza qui impugnata – ha attestato, in modo del tutto apodittico ed immotivato, l’intervenuto compimento di idonei e tempestivi atti internativi che avrebbero impedito il maturarsi del termine prescrizionale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28. In tal modo, però, il giudice di appello ha adottato una motivazione propriamente apparente in ordine allo specifico motivo rappresentato dall’appellante (senza, cioè, porre riferimento ad alcun preciso eventuale atto interruttivo ulteriore sopravvenuto nell’intervallo tra le due richiamate notificazioni degli indicati atti), in tal modo incorrendo, pacificamente, nella violazione della stessa L. n. 689 del 1981, art. 28 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 e, da ultimo, Cass. n. 23940/2017)”.

Diversamente, nel caso deciso con la sentenza impugnata, il tribunale ha individuato l’atto interruttivo della prescrizione nell’invito a comparire comunicato il 3 settembre 2009.

E’ stato già chiarito che tale valutazione è giuridicamente in linea con la costante e uniforme giurisprudenza della Corte, conseguendone l’inammissibilità del ricorso.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 novembre 2019

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