Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29819 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25814-2018 proposto da:

Q.E., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCO BARBARO;

– ricorrente –

contro

COMUNE PRATO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 50/2018 del TRIBUNALE di PRATO, depositata il

23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Q.E. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza del Tribunale di Prato, che ha definito, in sede di rinvio, l’opposizione contro verbale di contestazione di violazione del C.d.S., notificato dal Comune di Prato.

Il Tribunale ha accolto l’opposizione, in un primo tempo respinta da giudice di pace di Prato, la cui sentenza era stata confermata in grado d’appello con decisione poi cassata con rinvio dalla Suprema Corte.

Il medesimo tribunale, adito in sede di rinvio, ha dichiarato cessata la materia del contendere, riconoscendo la soccombenza virtuale del Comune di Prato, che è stato condannato al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate separatamente per ciascuna fase.

Il tribunale ha negato il rimborso delle spese della consulenza di parte, rilevando che la parte interessata non aveva provato l’effettivo esborso, avendo infatti prodotto solo una fattura pro-forma.

Per la cassazione della sentenza la Q. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1,2,4,5 e 11.

Il tribunale ha liquidato per il giudizio d’appello dinanzi al tribunale la somma di Euro, 221,00 per compensi, invece della maggiore somma di 277,00 risultante dalle voci di tariffa applicate nel minimo.

Analogamente per il giudizio di rinvio, svoltosi sempre dinanzi al tribunale, questo ha liquidato per compensi la somma di Euro 126,00, essendo invece dovuta la maggiore somma di Euro 277,00, ferma l’applicazione nel minimo di tariffa.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge, nella parte in cui tribunale ha negato il rimborso delle spese della consulenza tecnica di parte.

Si sostiene che il giudice, nel liquidare le spese di lite, può escludere la ripetizione delle spese superflue o eccessive, ma non può, con riferimento alla spesa per il consulente di parte, subordinarne il rimborso alla prova del pagamento, essendo sufficiente l’esposizione di della stessa spesa nella nota.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il primo motivo è fondato nei limiti di seguito indicati.

Tanto per il giudizio d’appello, quanto per il giudizio di rinvio, svoltisi entrambi dinanzi al tribunale, la liquidazione operata con la sentenza impugnata, rispettivamente, per l’importo di Euro 221,00 e di Euro 126,00 è inferiore ai minimi previsti dal D.M. n. 55 del 2014 per i giudizi davanti al tribunale, che prevedono i seguenti importi: fase di studio Euro 62,50, fase introduttiva Euro 62.50, fase istruttoria Euro 57,00, fase decisoria Euro 95,000.

In totale Euro 277,00.

Il Tribunale di Prato, pertanto, è incorso nella liquidazione degli onorari in error in indicando, costituito, appunto, dal superamento dei minimi di tariffa (Cass. 22983/2014; n. 17363/2013).

Nel motivo in esame si censura anche il mancato rimborso delle spese generali, ma, per questa parte, la censura è inammissibile. Ed invero, quando, come nel caso in esame, il compenso sia stato liquidato separatamente dagli esborsi, le spese generali sono dovute anche se non menzionate nel dispositivo, senza che sia sul punto necessaria l’impugnazione della sentenza (cfr. Cass., S.U., n. 3970/2018).

Il secondo motivo è fondato.

Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (Cass. n. 84/2013; n. 2280/2015).

D’altra parte, fra le spese processuali che la parte soccombente è tenuta a rimborsare rientrano non solo quelle effettivamente già sostenute dalla parte vittoriosa, ma anche quelle dalla medesima ancora dovute, sebbene all’atto della condanna in suo favore, essa non ne abbia ancora compiuto il pagamento (Cass. n. 1907/1984).

Il tribunale non si è attenuto a tale principio.

Esso ha negato il rimborso in assenza della prova del pagamento, mentre avrebbe dovuto esercitare il diverso sindacato sulla eccessività o superfluità delle spese stesse.

La sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Prato in persona di diverso magistrato affinchè liquidi i compensi e le spese delle spese della consulenza tecnica di parte in conformità ai principi sopra indicati.

Il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso; cassa la sentenza; rinvia al Tribunale di Prato in persona di diverso magistrato anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 novembre 2019

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