Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29816 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11931-2018 proposto da:

G.A., B.M., quali eredi di B.O.,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ROMOLO FREDDI;

– ricorrenti –

contro

CA.AN., M.M.A.,

CA.AL., quali eredi legittimi del Sig. Ca.Gi.,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO OSIMANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 24308/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 16/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28762 del 2017, ha rigettato il ricorso proposto da G.A. e B.M. contro la contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona, che aveva definito la lite promossa Ca.Gi. nei confronti di B.O. in relazione a un contratto appalto.

Nel rigettare il ricorso, articolato su tre motivi, la Corte ha rilevato che il secondo motivo, “al di là delle svariate disposizioni di legge invocate (poi non sviluppate nell’esposizione del ricorso, se si eccettua il richiamo effettuato nell’ultima riga del motivo), non censura violazione di legge, ma si risolve in una critica alle modalità di recepimento, da parte della pronuncia della Corte d’appello, delle argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio M.”.

Contro la sentenza è proposta istanza di revocazione.

Si denuncia che il secondo motivo di ricorso, a torto ritenuto generico, conteneva una dettagliata critica della sentenza.

In conseguenza di tale errore di percezione la Suprema Corte aveva omesso l’esame di uno dei motivi di ricorso.

A sua volta l’omesso esame di un motivo del ricorso per cassazione costituisce errore denunciabile con ricorso per revocazione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il ricorso è inammissibile, in quanto col medesimo viene in realtà dedotto non un errore di percezione dei fatti di causa (come previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4), ma un preteso errore valutativo, non deducibile con lo strumento della revocazione.

Ed invero altro è il mancato esame di un motivo di ricorso nell’erronea supposizione della inesistenza del motivo stesso, altro è la valutazione negativa di un motivo in tesi avvenuta a seguito di una errata considerazione del suo contenuto.

E’ stato chiarito che “in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, configurabile solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo, non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perchè in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso (Cass. n. 3760/2018; n. 10466/2011).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

ddichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 novembre 2019

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