Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29814 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23546-2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO SOMALIA 67,

presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

S.M., S.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FRANCESCO SAVERIO NITTI, 72, presso lo studio

dell’avvocato VALENTINA ROSSI, rappresentati e difesi dall’avvocato

VITTORIO ANGELO MONTORO;

– controricorrente –

e contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 342/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

S.C. e S.M. chiamavano in giudizio davanti al Tribunale di Catanzaro C.M., al fine di fare dichiarare la nullità del testamento olografo di S.G. per difetto di autografia (il testamento conteneva la nomina del convenuto quale erede universale).

Il tribunale, eseguita consulenza grafica, accoglieva la domanda, riconoscendo il difetto di corrispondenza fra testo e sottoscrizione.

In particolare accertava che la scheda non era stato redatta dall’apparente autore, essendo invece autentica la sottoscrizione.

La Corte d’appello di Catanzaro confermava la decisione.

Essa condivideva la valutazione del primo giudice sui risultati della consulenza tecnica; negava che la contestazione dell’autenticità del testamento olografo richiedesse la proposizione della querela di falso, motivando al riguardo attraverso il richiamo della recente giurisprudenza di legittimità, che ha individuato nella domanda di accertamento negativo della provenienza della scheda lo strumento per proporre una simile contestazione, con il correlativo onere probatorio a carico dell’attore.

Per la cassazione della sentenza il C. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.

S.M. e S.C. hanno resistito con controricorso.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Il giudice di primo grado aveva fatto proprie le conclusioni della consulenza tecnica senza tenere conto delle osservazioni del consulente di parte.

La corte d’appello ha confermato la decisione senza dare conto a sua volta delle ragioni del proprio convincimento.

In particolare il difetto di motivazione è ravvisato in ciò: la corte d’appello non ha tenuto conto delle contestazioni del consulente di parte in riferimento al mancato esame dell’originale del documento. Inoltre la corte di merito, nel richiamare il principio di giurisprudenza sullo strumento processuale utilizzabile per contestare l’autenticità del testamento olografo, non ha verificato se, nella specie, fosse stato rispettato il criterio di riparto dell’onere della prova derivante dall’applicazione di quel principio.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

Il motivo propone due censure:

a) l’omessa motivazione sul rispetto del principio dell’onere della prova: si richiama in proposito la relazione del consulente tecnico d’ufficio, nella parte in cui l’ausiliario aveva lamentato che i procuratori degli attori, nonostante le richieste, avevano omesso di prendere contatti con lui, determinando con tale comportamento una richiesta di proroga;

b) la corte ha omesso di pronunciare sul motivo d’appello con il quale il C. aveva contestato l’attendibilità delle risultanze della consulenza grafica per omesso esame dell’originale del documento.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2716 e 2717 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il motivo ripropone la censura che la consulenza è stata eseguita su una copia fotostatica del testamento e non su una copia conforme all’originale, come erroneamente riconosciuto dal tribunale. Nonostante il consulente tecnico di parte avesse chiarito che il mancato esame dell’originale non potesse ritenersi irrilevante, le relative osservazioni sono state trascurate dai giudici di merito.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Le parti hanno depositato memorie.

Il primo motivo è inammissibile.

Intanto si deve precisare che, nella sentenza impugnata, la motivazione esiste non solo come parte grafica del documento, ma che essa rende perfettamente percepibili le ragioni del decisum.

E’. vero che la sentenza d’appello nulla dice in merito al mancato esame dell’originale del testamento. Tuttavia, a fronte del silenzio della sentenza d’appello sulla questione, il ricorrente non chiarisce se e in che termini essa fu sottoposta alla cognizione del giudice d’appello, derivandone perciò l’inammissibilità della censura (Cass. n. 20694/2018; n. 15430/2018).

analogamente inammissibile la censura sulla mancata applicazione del principio di giurisprudenza che pone a carico dell’attore l’onere di provare la non autenticità del testamento.

La censura non coglie la ratio decidendi. La corte di merito, accogliendo la domanda, non ha risolto in senso favorevole per l’attore il dubbio sull’autenticità del testamento. La domanda è stata accolta perchè la corte ha riconosciuto che c’era la prova positiva del difetto di corrispondenza fra testo e sottoscrizione.

Il secondo motivo è inammissibile.

In quanto al rispetto del criterio di riparto dell’onere probatorio in materia di contestazione dell’autenticità del testamento olografo, si richiamano le considerazioni già proposte nell’esame del primo motivo.

In ordine al rilievo che i procuratori dell’attori non presero tempestivi contatti con il consulente tecnico, la relativa circostanza è del tutto irrilevante, non potendo certamente farsi discendere che gli attori non avessero, per ciò solo, assolto al loro onere di provare il difetto di autenticità.

Il terzo motivo è inammissibile.

Si ripropone la questione che la consulenza grafica doveva svolgersi sull’originale del documento.

Si richiamano quindi le considerazioni già proposte sul difetto di specificità della censura.

Si può aggiungere che il tribunale aveva riconosciuto che l’esame è stato svolto su una copia conforme all’originale. Nel ricorso si sostiene il contrario, e cioè che si trattava di semplice fotocopia, tuttavia ancora una volta non si chiarisce se in che termini il supposto errore del primo giudice fu denunciato in appello.

palesemente inammissibile, infine, la censura con cui si denuncia che il consulente tecnico d’ufficio avrebbe usato scritture di comparazione non autentiche.

Non solo manca il raccordo fra la censura e precedenti deduzioni proposte nel giudizio di merito, ma la stessa censura si risolve in una affermazione del tutto generica, in assenza di qualsiasi specificazione in ordine alle scritture indebitamente usate.

Si ricorda che il consulente tecnico può usare in comparazione non solo le scritture autenticate, ma anche quelle su cui ci sia consenso delle parti (art. 217 c.p.c., comma 2).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro. 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 novembre 2019

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