Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29812 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18857-2019 proposto da:

D.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ZUPPELLI LUCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 1136/2018 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Brescia del 22 maggio 2019. Con quest’ultima pronuncia è stata respinta la domanda proposta da D.O., in tema di protezione internazionale.

2. – Nel ricorso per cassazione sono rubricati tre motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Viene lamentato che il Tribunale di Brescia abbia mancato di prendere atto della documentazione prodotta e delle precise affermazioni contenute nella domanda di protezione internazionale, di attivare i poteri officiosi necessari a un’adeguata conoscenza della situazione del paese di provenienza e di valutare la domanda avente ad oggetto la protezione umanitaria.

Col secondo mezzo è lamentata l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti o questioni controversi e decisivi ai fini del giudizio. Sostiene il ricorrente che il giudice del merito si sarebbe sottratto al preliminare scrutinio dei criteri legali previsti per il vaglio delle dichiarazioni del richiedente asilo; assume, inoltre, che il Tribunale avrebbe ignorato la reale situazione socio-politica che caratterizzava il paese di provenienza. Il giudizio di intattendibilità del narrato – ad avviso del ricorrente – si fonderebbe su mere asserzioni inidonee a far comprendere le ragioni per cui la vicenda descritta era da considerarsi non autentica e non circostanziata.

La narrazione del richiedente, incentrata sul timore di essere arrestato per aver partecipato a una manifestazione in cui era stata uccisa una persona, è stata ritenuta generica, non plausibile, avendo riguardo a una serie di elementi specificamente indicati nel corpo del provvedimento, e priva di alcun riscontro nei resoconti giornalistici (che il Tribunale precisa di aver consultato, menzionando i canali di ricerca percorsi a tal fine). Ora, questa Corte ha precisato che in tema di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, le lacune probatorie del racconto del richiedente asilo non comportano necessariamente inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione che il giudice del merito è tenuto a compiere delle circostanze indicate alle lettere da a) ad e) della citata norma (Cass. 29 gennaio 2019, n. 2458; Cass. 10 luglio 2014, n. 15782, e in precedenza Cass. 18 febbraio 2011, n. 4138, per la quale ove il richiedente non abbia fornito prova di alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova devono essere ritenuti comunque veritieri se ricorrano le richiamate condizioni). Nel caso in esame, il giudice del merito ha però motivatamente escluso, come si è visto, che le dichiarazioni del richiedente potessero ritenersi specifiche, plausibili e coerenti con le informazioni generali pertinenti al caso esaminato, come invece è richiesto dalla lett. a) e dalla lett. c) dell’art. 3, comma 5, cit.. Nè l’istante può dolersi del giudizio formulato, in proposito, dalla Corte di merito, giacchè la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) ed è certamente escluso che la pronuncia prospetti il lamentato vizio motivazionale: vizio che è oggi deducibile solo come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340).

La censura attinente alla mancata spendita dei poteri officiosi appare del resto connotata da assoluta genericità, a fronte dei plurimi richiami, nel provvedimento, agli elementi conoscitivi tratti da report ufficiali e, più in generale, dalla rete internet: il ricorrente, del resto, manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso con riguardo alle diverse ipotesi di protezione fatte valere.

Completamente destituita di fondamento risulta essere, infine, la doglianza formulata con riguardo alla domanda protezione umanitaria, che è stata oggetto di decisione e di diffusa trattazione nel decreto impugnato (pagg. 6-8).

2. – Col terzo mezzo viene prospettata l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 per violazione del requisito di straordinaria necessità e urgenza, nonchè la violazione degli artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1998, art. 15. Assume l’istante che il nominato decreto legge sarebbe “sprovvisto dei requisiti costituzionali e legislativi di necessità ed urgenza, poichè contiene da un lato norme di non immediata applicazione e dall’altro norme del tutto eterogenee”. Nel corpo del motivo è censurata pure l’adozione, da parte del legislatore, di un modello, quello camerale, che non garantirebbe adeguatamente, ad avviso del ricorrente, l’esercizio del diritto di difesa.

Ora, la straordinaria necessità ed urgenza non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge, ma ben può fondarsi sulla necessità di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato sia per qualche aspetto necessariamente differito (Corte Cost., sentenza n. 5 del 2018; Corte Cost., sentenza n. 16 del 2017). Questa stessa Corte ha poi specificamente evidenziato, con riguardo al decreto legge sospettato di incostituzionalità, che il difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza non può prospettarsi nemmeno ove si abbia riguardo alla disposizione transitoria che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito: previsione, questa, che è da ritenere connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717).

Vero è, poi, che, secondo quanto rilevato dal giudice delle leggi, l’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o alla finalità del decreto “spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgena del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge” di cui all’art. 77 Cost. e che la L. n. 400 del 1988, art. 15, comma 3, là dove prescrive che il contenuto del decreto legge “deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”, pur non avendo, in sè e per sè, rango costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nell’art. 77 Cost., comma 2, il quale “impone il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell’eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento” (Corte Cost., sentenza n. 22 del 2012) Nondimeno, l’omogeneità del provvedimento normativo che qui viene in esame non è affatto intaccata dall’inserimento, tra le competenze delle sezioni specializzate di cui al D.L., art. 1, di controversie estranee alla materia della protezione internazionale, come quelle attinenti al riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione Europea o dei loro familiari, o quelle aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione Europea o dei loro familiari per motivi di pubblica sicurezza: infatti, lo scopo dell’intervento legislativo, esplicitato nel preambolo dello stesso decreto legge, ha un contenuto ampio, estendendosi alla celere definizione della posizione degli stranieri rintracciati nel territorio nazionale, senza distinzione tra cittadini dell’Unione Europea e soggetti che non rientrano in questa condizione. In tal senso, l’assunto per cui il testo normativo avrebbe dovuto rispondere a una necessità e urgenza riferita alla sola materia della protezione internazionale è privo di dimostrazione e apertamente sconfessato dalla coerenza dell’intervento legislativo, fondato su di un apprezzamento politico circa la sussistenza dei detti presupposti e sul conseguente intento di assicurare una celere definizione delle controversie concernenti gli stranieri, ivi compresi i cittadini dell’Unione Europea. Avendo riguardo alla regolamentazione delle controversie che esulano dalla protezione internazionale difetta, quindi, quella speciale evidenza del difetto dei presupposti di legittimità della decretazione d’urgenza che giustifica lo scrutinio di costituzionalità (cfr. Corte Cost., sentenza n. 171 del 2007).

Per venire all’ultima delle censure svolte in questo terzo motivo, va osservato, infine, che la nuova disciplina processuale, introdotta con il D.L. n. 13 del 2017, convertito, con modificazioni, in L. n. 46 del 2017, non attua alcuna violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di status, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717 cit.).

3. – Nulla deve ovviamente statuirsi in punto di spese processuali.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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