Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2981 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 2981 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza
in firma semplificata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura

generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente
contro
GAVA Angelo (GVA NGL 59C08 C129R), GAVA Antonella (GVA NNL
61S60 F839I) e GAVA Marco (GVA MRC 62T08 F839B), tutti quali eredi di Gava Antonio, rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Gabriele
Gava, elettivamente domiciliati in Roma, via Federico Cesi
n. 72, presso lo studio dell’Avvocato Mario Brancadoro;

Data pubblicazione: 10/02/2014

controricorrenti avverso la sentenza della Corte di cassazione n.
19570/2011, depositata il 26 settembre 2011.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentiti l’Avvocato dello Stato Antonio Valicanti e
l’Avvocato Gabriele Gava;
udito il

Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso
per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto che il Ministero della giustizia proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattordici motivi, avverso il decreto con il quale la Corte d’appello di Roma lo
aveva condannato al pagamento, in favore di Antonio Gava
della somma di euro 140.000,00 a titolo di danno morale,
biologico e all’immagine derivatogli dalla irragionevole
durata di un procedimento penale che lo aveva visto imputato del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. e che si era
concluso a tredici anni dall’avviso di garanzia, con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto;
che resistevano gli eredi di Antonio Gava – Giuliana
Marson, Angelo, Antonella e Marco Gava -, i quali proponevano altresì ricorso incidentale, articolato su quattro motivi;

udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

che la Corte di cassazione, con sentenza n. 19570 del
2011, depositata il 26 settembre 2011, dichiarava inammis-

sibile il ricorso principale e inefficace cpxollo incidentale;

to depositato il 15 aprile 2008 e non era stato notificato
ai fini del decorso del termine breve; che in data 8 agosto
il senatore Antonio Gava decedeva; che la notificazione del
ricorso per cassazione era stata effettuata il 27 maggio
2009 alla parte originaria presso il difensore domiciliatario; che non vi era alcun elemento dal quale potesse desumersi che l’amministrazione ricorrente fosse stata indotta
in errore circa la validità della proposizione e della notificazione del ricorso;
che, sulla base di tali premesse in fatto, la Corte di
cassazione riteneva che dovesse farsi applicazione del
principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n.
26279 del 2009, secondo cui in caso di morte della parte
vittoriosa l’impugnazione va rivolta agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui è avvenuto il decesso
della parte, sia dall’eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente con la conseguente inammissibilità dell’impugnazione rivolta e notificata alla parte deceduta;

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che la Corte rilevava che il decreto impugnato era sta-

che, in particolare, non potevano trovare applicazione
i temperamenti al detto principio enunciati in successive
pronunce di questa Corte (Cass. n. 5481 del 2010), vertendosi in ipotesi di errore inescusabile, anche per la noto-

che avverso questa sentenza il Ministero della giustizia ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi degli
artt. 395, n. 4, e 391-bis cod. proc. civ.;
che gli intimati hanno resistito con controricorso, eccependo la inammissibilità del ricorso;
che l’amministrazione ricorrente ha depositato memoria
ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Considerato

che il Ministero della giustizia, con

l’unico motivo di ricorso, sostiene che la Corte di cassazione sia incorsa in errore di fatto nel ritenere inescusabile l’errore in cui esso ricorrente sarebbe incorso nella
individuazione del destinatario della notificazione, sulla
base tuttavia di un orientamento giurisprudenziale formatosi successivamente alla effettuazione della notifica in
questione;
che, rileva il Ministero, al momento della notificazione del ricorso non vi era alcun contrasto interpretativo in
ordine alla validità ed efficacia della notificazione effettuata alla parte deceduta dopo la pubblicazione della

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rietà del senatore Gava e del suo decesso;

sentenza gravata, in assenza di formale conoscenza della
morte del destinatario della notificazione;
che, quindi, l’errore nel quale esso ricorrente era incorso nella individuazione del destinatario della notifica-

seguente applicazione dell’istituto della rimessione in
termini;
che il ricorso è inammissibile;
che, ad avviso del Ministero della giustizia, l’errore
revocatorio consisterebbe nella erronea qualificazione come
inescusabile di un errore nella proposizione della impugnazione nei confronti della parte deceduta;
che tale essendo il vizio denunciato, si verte,
all’evidenza, in una ipotesi diversa da quella della tassativa previsione dell’art.

391-bis cod. proc. civ., che con-

sente di impugnare per revocazione le sentenze della Corte
di Cassazione soltanto se sono affette “da errore di fatto
ai sensi dell’articolo 395 numero 4,” cod. proc. civ.: errore che quindi deve essere insito non nella valutazione di
un evento sotto il profilo giuridico, ma nella sua materiale percezione, in quanto la sua esistenza sia stata affermata o negata, nonostante che, rispettivamente, risultasse
dagli atti o documenti della causa “incontrastabilmente esclusa” o “positivamente stabilita” (Cass., S.U., n. 24170
del 2004; Cass. n. 24 del 2006; Cass. n. 13303 del 2006);

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zione avrebbe dovuto essere considerato scusabile, con con-

che, analogamente, si è affermato che «l’unico mezzo di
impugnazione esperibile avverso le sentenze della Corte di
cassazione è la revocazione ai sensi degli artt. 391-bis e
395 n. 4 cod. proc. civ., ammissibile solo quando si denun-

re come affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo
indiscutibile, dagli atti o dai documenti di causa, e a tale requisito non risponde, trattandosi sostanzialmente della denuncia di un errore di diritto, la domanda di revocazione della sentenza emessa a conclusione di giudizio in
cui l’avviso di udienza sia stato notificato presso la cancelleria, e non all’avvocato domiciliatario, trasferito altrove, quando risulti che questi non aveva comunicato in
cancelleria il mutamento di indirizzo dello studio, non assumendo alcun rilievo la conoscenza del nuovo indirizzo,
che l’ufficiale giudiziario abbia potuto acquisire in qualsiasi modo» (Cass. n. 17593 del 2005);
che – si è ulteriormente precisato – l’errore revocatorio si configura ove la decisione sia fondata
sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto
che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare; non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali,

ci che la sentenza è frutto di un errore fatto, da intende-

essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una
valutazione (Cass. n. 14608 del 2007);
che come risulta evidente dalla esposizione delle cen-

cui, in ipotesi, si sostiene sia caduta la Corte atterrebbe
in ogni caso ad una valutazione non di fatto, ma di diritto, in quanto tale insuscettibile di dare luogo a revocazione della sentenza;
che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile;
che la rilevata inammissibilità del ricorso esclude che
si debba procedere alla integrazione del contraddittorio
nei confronti di Giuliana Plarson, parte del giudizio concluso con la sentenza di cui è chiesta la revocazione ovvero, essendo quest’ultima deceduta – come affermato nella
memoria di parte ricorrente – nei confronti dei suoi eredi,
ove questi non si identifichino negli altri controricorrent i;
che trova infatti applicazione il principio per cui
«nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza dì
un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella
specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto),
di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di

sure svolte dall’amministrazione ricorrente, l’errore in

litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio» (Cass., S.U., n. 6826
del 2010; Cass. n. 2723 del 2010);

da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
Ministero della giustizia al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 3.700,00 per compensi, oltre ad euro
200,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il
10 dicembre 2013.

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come

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