Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29808 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33941-2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FISCHIONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO SALATO;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, in persona del procuratore pro tempore, nella sua

qualità di procuratore della CASTELLO FINANCE SRL, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI 13, presso lo studio

dell’avvocato MANLIO MANNINO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 828/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il 24 settembre 2010 S.F. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso il 13 luglio 1993 con il quale era stato ingiunto al medesimo, quale debitore principale e ad altri fideiussori, il pagamento della somma di Lire 59.277.744, oltre interessi, in favore di Banca Sicula s.p.a.. L’opponente eccepiva l’inefficacia del decreto ingiuntivo, notificato a distanza di 17 anni dalla sua emissione e la prescrizione del diritto; deduceva, inoltre, che la banca, nel corso del rapporto, aveva addebitato al correntista somme non dovute.

Si costituiva in giudizio Italfondiario s.p.a., cessionaria dei crediti in sofferenza di Banca Commerciale Italiana s.p.a., che aveva incorporato Banca Sicula: la convenuta eccepiva pregiudizialmente l’inammissibilità dell’opposizione.

Il Tribunale di Trapani revocava il decreto ingiuntivo opposto, avendo riguardo alla prescrizione del credito azionato.

2. – La banca impugnava la sentenza di primo grado e, nella resistenza di S., la Corte di appello di Palermo riformava detta pronuncia rilevando che il decreto ingiuntivo era stato impugnato tardivamente.

3. – Contro la decisione della Corte palermitana, pubblicata il 20 aprile 2018, ricorre per cassazione, con un unico motivo, S.F.. Resiste con controricorso Italfondiario s.p.a., nella qualità di procuratrice di Castello Finance s.r.l., cessionaria del credito.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico mezzo di impugnazione vengono lamentate violazione e falsa applicazione degli artt. 643,644,645 e 647 c.p.c., in riferimento all’art. 477 c.p.c.. Viene censurata l’affermazione della Corte di appello secondo cui l’odierno ricorrente non poteva più opporsi al decreto ingiuntivo giacchè la notifica, allo stesso, del provvedimento aveva avuto luogo in conformità di quanto disposto dall’art. 477 c.p.c.: la Corte di merito aveva infatti valorizzato la circostanza per cui il decreto ingiuntivo era stato notificato a tutti gli intimati l’11 settembre 1993, mentre la successiva notifica del 5 luglio 2010 a S.F. aveva riguardato lo stesso nella qualità di erede di altro ingiunto, nel frattempo deceduto. Secondo l’istante, dal cit. art. 477 c.p.c., si ricaverebbe d’inefficacia del titolo nei confronti dell’erede sino a quando non venga notificato il titolo stesso all’erede, anche quando la notifica del titolo sia stata già eseguita nei confronti della parte defunta”.

2. – Il motivo è infondato.

Il ricorrente mostra di sovrapporre, sul piano effettuale, due attività: la notifica del decreto ingiuntivo eseguita a norma dell’art. 641 c.p.c., e la notifica del decreto stesso, quale titolo esecutivo, nei confronti dell’erede del defunto.

La prima notificazione determina, in assenza di opposizione, che il decreto divenga esecutivo e passi in giudicato. Essa, nella fattispecie in esame, ha avuto pacificamente luogo nel lontano 1993.

L’ulteriore notifica del decreto esecutivo ai fini dell’esecuzione forzata risulta addirittura non necessaria a norma dell’art. 654 c.p.c., comma 2, il quale si limita a prescrivere che nel precetto si faccia menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del provvedimento ingiuntivo e dell’apposizione della formula (ciò nel quadro di una semplificazione dell’inizio del procedimento esecutivo, evitando una inutile duplicazione della notifica del titolo, già avvenuta ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell’opposizione: cfr. Cass. 30 maggio 2007, n. 12731; Cass. 5 maggio 2009, n. 10294). In caso di decesso del debitore, l’art. 477 c.p.c., comma 1, prescrive, poi, come ricorda la Corte di appello, che il titolo esecutivo contro il defunto abbia efficacia contro gli eredi, ai quali si può notificare il precetto soltanto dopo che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione del titolo stesso: incombente – va precisato – peraltro necessario solo se alla persona poi defunta non sia stato notificato nè il titolo nè il precetto, oppure sia stato notificato solo il titolo esecutivo e non anche il precetto (Cass. 10 ottobre 2008, n. 25003; Cass. 14 luglio 2015, n. 14653). La suddetta notifica, di cui la banca si è concretamente fatta carico, rimane tuttavia funzionale al corretto avvio del procedimento di esecuzione forzata (come lo è, in termini generali, salve eccezioni – tra cui rientra quella posta dal cit. art. 654 c.p.c., comma 2, – l’attività di notificazione del titolo esecutivo e del precetto contemplata, in via generale, dall’art. 479 c.p.c.): essa non può di certo porre nel nulla il dato dell’irretrattabilità del decreto ingiuntivo, siccome in precedenza notificato e non opposto.

Quanto detto è evidentemente assorbente rispetto al rilievo, svolto dalla Corte di merito, per cui l’odierno ricorrente riveste, oltretutto, non solo la qualità di erede di uno dei fideiussori intimati, ma anche quella di obbligato principale: di soggetto, cioè, già destinatario del decreto ingiuntivo passato in giudicato, ed estraneo alla vicenda successoria che ha indotto la banca a reiterare la notifica del provvedimento stesso.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

4. – Segue la condanna del ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese processuali.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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