Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29808 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 18/11/2019), n.29808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14415-2018 proposto da:

M.L.I., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO RUSSO;

– ricorrente –

contro

T.T., CTP COMPAGNIA TRASPORTI PUBBLICI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1139/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2004, M.L. conveniva in giudizio T.T. e la Compagnia Trasporti Pubblici spa (in avanti CTP), al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati in qualità di passeggero dell’autobus di proprietà della società e condotto dal T.. Parte attrice assumeva che mentre era seduta sull’autobus, a causa di una frenata brusca del veicolo, veniva sospinta contro il sedile anteriore, urtando con le ginocchia contro lo stesso e riportando lesioni. Il T. restava contumace. La CTP spa si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza 7257/2010, del 24/06/2010, il Tribunale di Napoli dichiarava improponibile la domanda, in quanto, stante l’applicabilità della L. n. 990 del 1969, la stessa non risultava preceduta da rituale messa in mora del conducente e dell’assicuratore del veicolo danneggiante.

2. M.L. proponeva appello avverso la sentenza di prime cure.

Con sentenza 1139/2017, pubblicata il 13/03/2017, la Corte territoriale di Napoli rigettava il gravame, non avendo l’appellante impugnato il capo di sentenza in cui il Tribunale affermava di non avere ella fatto precedere la domanda giudiziale di messa in mora L. n. 990 del 1969, ex art. 22, con conseguente formazione del giudicato interno.

3. Avverso tale sentenza, M.L. propone ricorso per cassazione, con un motivo. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria che non può essere presa in considerazione perchè pervenuta per posta, modalità non prevista di deposito, in quanto ammessa solo per il ricorso e il controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6. Con l’unica doglianza formulata, parte ricorrente lamenta la falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, dovendo ritenersi osservata la relativa prescrizione anche quando lo scopo da essa perseguito debba comunque ritenersi conseguito, sia pure con atti equipollenti.

Il ricorso è manifestamente inammissibile, stante la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, che onera il ricorrente dell’indicazione specifica degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda. In particolare, posto che il gravame ruota intorno alla lettera di messa in mora, era onere del ricorrente riportarne in questa sede il contenuto, sì da poter verificare se lo scopo perseguito dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, potesse dirsi effettivamente conseguito. E’ principio consolidato di questa Corte che in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.), oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008). Ed in ogni caso l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), previsto a pena d’inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da un’elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte.

Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza di una sola delle indicazioni (localizzazione) rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).

Inoltre, il motivo si disinteressa della parte di motivazione circa la non coincidenza del Centro di Liquidazione Danni con l’assicurazione.

7. Non occorre disporre sulle spese in considerazione del fatto che gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta-ter Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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