Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29807 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31231-2018 proposto da:

JULIET SPA, che agisce non in proprio ma esclusivamente in nome e per

conto di SIENA NPL 2018 SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CONSOLATO 6,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SERRA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALBERTO CERIONI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BANCO

DI S. SPIRITO n. 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO

D’OTTAVI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNALISA MARINELLI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. R.G. 1341/2018 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositata il 19/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Ancona pronunciava, in data 19 settembre 2018, decreto con cui respingeva l’opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS), proposta da Juliet s.p.a., in nome e per conto di Siena NPL 2018 s.r.l.. Banca Monte dei Paschi di Siena aveva in precedenza fatto istanza di insinuazione tardiva per la somma complessiva di Euro 585.005,39 in chirografo: il credito, che riguardava il saldo debitore di due conti correnti, era stato escluso dal giudice delegato in quanto non documentato da contratti aventi data certa e non corredato da estratti conto decorrenti dall’inizio del rapporto.

Avendo riguardo all’opposizione proposta, il Tribunale rilevava che i due contratti di conto corrente erano documentati da scritture prive di data certa, da estratti conto atti a rappresentare solo parzialmente le movimentazioni intercorse (dal marzo 2007) e da documenti sprovvisti di valore sul piano processuale (la stampa rigenerata degli estratti per il periodo ricompreso tra il 2004 e il 2006, con riferimento a uno dei due rapporti).

2. – Juliet s.p.a., in nome e per conto di Siena NPL, ha proposto un ricorso per cassazione basato su due motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., comma 1, ultimo inciso, c.c., nonchè omessa, ovvero insufficiente motivazione su di un presupposto di fatto essenziale ai fini della decisione. Con particolare riguardo ad uno dei due rapporti di conto corrente viene rilevato che “(i)n sede di produzione della movimentazioni integrale degli estratti conto veniva (…) dato atto (dall’estratto ultimo trimestre 2008, emesso a gennaio 2009) che dal 31 dicembre 2008 il predetto rapporto di conto corrente risultava trasferito in capo alla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. incorporante della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. in forza di atto di fusione per incorporazione in data (OMISSIS)”: si sostiene che la documentazione dell’atto di fusione, munita di data certa, “ricavabile seppur indirettamente dal fascicolo dell’opposizione”, avrebbe consentito al Tribunale di accertare l’anteriorità del contratto di conto corrente in questione sia rispetto all’atto pubblico di fusione per incorporazione (risalente al (OMISSIS)), sia, a maggior ragione, rispetto alla data del deposito della sentenza dichiarativa del fallimento.

Il motivo è inammissibile.

Ciò di cui si duole la ricorrente è, in sintesi, l’omesso esame di un documento (l’estratto conto dell’ultimo trimestre 2008, da cui -secondo la stessa istante – si sarebbe potuto trarre indiretto riscontro dell’anteriorità del contratto di conto corrente rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento). E’ noto, però, che non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 14 gennaio 2019, n. 640). Nè sul punto può farsi questione di un vizio di omessa o insufficiente motivazione: infatti, un ipotetico cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che, per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Cass. 26 settembre 2018, n. 23153); segnatamente, è escluso possa essere invocato l’art. 360 c.p.c., n. 5, richiamato in rubrica, in quanto il fatto storico che si pretende di enucleare dal documento non risulta sia stato oggetto di discussione: perlomeno la ricorrente non chiarisce se e come tale fatto sia stato prospettato dalla banca nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo (sul punto: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054).

2. – Il secondo mezzo evoca, ancora, l’art. 360 c.p.c., n. 5, per far valere l’assoluta carenza di motivazione del decreto impugnato su un punto essenziale della controversia, e cioè per denunciare l'”omessa valutazione dell’affermata idoneità della produzione integrale degli estratti conto ai fini del conseguimento della compiuta prova del credito vantato”. Viene dedotto che la produzione degli estratti conto risulta essere idonea a consentire l’ammissione al passivo del credito azionato con tutti gli accessori previsti in contratto, anche ove quest’ultimo sia documentato da una scrittura privata sprovvista di data certa: la ricostruzione del rapporto bancario mediante le singole movimentazioni antecedenti al fallimento consentirebbe, infatti, di “ritenere tale negozio giuridico stipulato prima della sentenza dichiarativa e di valutare tali emolumenti concordati in data anteriore al fallimento”.

Il motivo è inammissibile.

Occorre premettere che l’art. 2704 c.c., non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autentica deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza del fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa (Cass. 17 novembre 2016, n. 23425; Cass. 15 marzo 2018, n. 6462). Il Tribunale non era del resto tenuto a prendere puntualmente in esame documenti che reputasse privi di decisività ai fini della certezza della data: in termini generali, il giudice del merito è solo tenuto a indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere obbligato a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 31 luglio 2017, n. 19011). E’ certamente consentito, col ricorso per cassazione, far valere il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ma la ricorrente anzitutto non indica, con precisione, a quale fatto storico (necessariamente diverso dagli estratti conto, che sono semplici documenti) essa alluda: non era evidentemente sufficiente, a tal fine, affermare che gli estratti conto documentassero l’andamento del rapporto, ma era necessario indicare in che modo tali scritti dessero evidenza di un fatto che stabilisse in modo certo (secondo l’art. 2704 c.c., comma 1), l’anteriorità del documento contrattuale rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento. Correlativamente, poi, l’istante non indica quando tale fatto sarebbe divenuto oggetto di discussione tra le parti: e sul punto si devono quindi richiamare le considerazioni svolte con riferimento all’analoga doglianza formulata col primo mezzo.

3. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

4. – Per le spese vale il principio di soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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