Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29806 del 12/12/2017


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Cassazione civile, sez. I, 12/12/2017, (ud. 13/07/2017, dep.12/12/2017),  n. 29806

Fatto

RILEVATO CHE:

il Tribunale di Ancona ha respinto l’opposizione di Equitalia Marche (ora Equitalia Centro) s.p.a. allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria della A.M. s.p.a.;

ha confermato, in particolare, l’esclusione di crediti previdenziali per Euro 209.698,99, in quanto i medesimi erano documentati esclusivamente in base a estratti di ruolo; di crediti per sanzioni ed interessi per complessivi Euro 63.489,09 per la stessa ragione e perchè non era nemmeno provato che si trattasse di sanzioni e interessi maturati prima del terremoto, nè che si riferissero a lavoratori non interessati dalla relativa disciplina speciale; di ulteriori crediti contestati dai commissari in quanto pertinenti a interessi e sanzioni relativi a crediti tributari venuti a scadenza in epoca successiva all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, e dunque non addebitabili alla stessa, senza adeguata replica dell’opponente, limitatasi a un’istanza di esibizione documentale generica ed esplorativa e a una richiesta di chiamata in causa dell’ente impositore non compatibile con il D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 33, essendo peraltro irrilevante l’omessa impugnazione della cartella di pagamento;

ha dichiarato inammissibili, infine, le ulteriori istanze della opponente, in quanto avanzate soltanto con la memoria presentata in corso di causa e in contrasto con le preclusioni di cui alla L. Fall., art. 99, comma 7;

Equitalia Centro s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi, cui l’amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo e il secondo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24,D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 24 e 87 e dei principi generali in materia di riscossione mediante ruolo, nonchè vizio di motivazione, si sostiene che ai fini dell’ammissione al passivo dei crediti previdenziali era sufficiente la semplice iscrizione a ruolo, peraltro notificata il 1 giugno 2010 (qualche giorno prima dell’insinuazione al passivo) al curatore, il quale non l’aveva impugnata nei termini di legge;

la tesi della ricorrente è infondata;

è vero, infatti, che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, prevede che il concessionario della riscossione “chiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo della procedura” concorsuale, ma è il successivo art. 88, che disciplina le conseguenza delle eventuali contestazioni del curatore prevedendo l’ammissione del credito con riserva dell’esito dei ricorsi davanti al giudice tributario;

l’ammissione con riserva è resa necessaria dal fatto che il giudice ordinario difetta di giurisdizione sulla fondatezza di una pretesa tributaria, riservata invece alla giurisdizione tributaria: egli, quindi, in tal caso deve arrestarsi di fronte alle contestazioni del curatore, non può esaminarle nel merito, ma deve attendere l’esito degli eventuali ricorsi davanti al giudice tributario;

allorchè, invece, la pretesa iscritta a ruolo non abbia natura tributaria, bensì previdenziale, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, che la esercita secondo le competenze e le procedure previste dalla legge, come appunto la procedura di opposizione allo stato passivo, nell’ambito della quale dunque il tribunale esamina le contestazioni e verifica la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opponente, il quale ha l’onere di provarne il fondamento;

nè rileva, in tal caso, l’avvenuta notifica della cartella (ossia dell’estratto del ruolo) al curatore (o al commissario straordinario in caso di amministrazione straordinaria), il quale non è affatto tenuto ad impugnarla, ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, davanti al giudice del lavoro, perchè una volta apertasi la procedura concorsuale l’accertamento del credito previdenziale, come di tutti gli altri crediti nei confronti di una procedura concorsuale, è riservato appunto alla speciale procedura di insinuazione al passivo, che si svolge davanti al tribunale fallimentare;

giova aggiungere che i precedenti di questa Corte in cui si afferma che i crediti fatti valere dal concessionario della riscossione sono ammessi al passivo fallimentare sulla base del semplice estratto del ruolo, anche non notificato, si riferiscono tutti a crediti di natura tributaria, con l’eccezione di Cass. 11014/2012, richiamata dall’opponente ma rimasta isolata;

con il terzo motivo si censura il rigetto dell’istanza di esibizione “di tutta la documentazione relativa” alle iscrizioni a ruolo di cui trattasi nei confronti dell’INPS e dell’Amministrazione finanziaria di Ancona;

il motivo è infondato perchè correttamente il Tribunale ha definito generica tale richiesta;

con il quarto motivo si denuncia la nullità del decreto impugnato e del procedimento per violazione del contraddittorio, non essendo stata accolta l’istanza di autorizzazione alla chiamata in giudizio degli enti impositori quali litisconsorti necessari;

sull’obbligo del tribunale di autorizzare la chiamata in causa dell’ente impositore nel giudizio di opposizione a stato passivo riguardante crediti previdenziali si registra un contrasto nella recente giurisprudenza di questa Corte, avendo Cass. Sez. Lav. 16/06/2016, n. 12450 affermato la sussistenza di tale obbligo, riconoscendo senz’altro all’ente previdenziale la qualità di litisconsorte necessario, e Cass. Sez. 1 05/05/2016, n. 9016, che l’ha invece negata riconducendo la chiamata in causa di cui al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39 (“Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”) all’art. 106 c.p.c., con la conseguenza che l’autorizzazione della stessa costituisce oggetto di una valutazione discrezionale del giudice di primo grado, incensurabile in sede d’impugnazione;

ad avviso del Collegio la questione va risolta in senso affermativo, anche sulla scorta di un più risalente orientamento di questa Corte, espresso da Sez. 1 16/10/1976, n. 3513 – con riferimento alla disposizione di cui al D.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 77 (allora vigente), analoga a quella dell’art. 39, cit. – la quale ha affermato che tale disposizione non prescrive l’integrazione del contraddittorio nei soli casi in cui l’esattore assuma la veste di convenuto in giudizio, ma l’impone in tutti i casi in cui l’ente impositore abbia interesse a contrastare la pretesa del contribuente, ossia quando venga in questione la sussistenza del rapporto d’imposta o la validità del titolo esecutivo, anche nell’ambito del giudizio di opposizione a stato passivo;

nè sarebbe coerente con il carattere “obbligatorio” della chiamata in causa dell’ente impositore, oggi prevista dal menzionato del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39,ricondurre la stessa all’art. 106 c.p.c., con la conseguente discrezionalità del potere autorizzatorio del giudice di primo grado;

con il quinto motivo di ricorso si censura la non ammissione della “domanda di rettifica” della collocazione di crediti già ammessi al passivo, sostenendo che il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., in L. 15 luglio 2011, n. 111 – contenente la previsione della nuova collocazione – ha carattere retroattivo e che l’inserimento della richiesta di rettifica nell’opposizione già pendente è la via più rapida per ottenere la rettifica stessa;

il motivo è infondato perchè la modalità prevista dalla legge per effettuare la rettifica è l’impugnazione di crediti ammessi anteposti, ai sensi della L. Fall., art. 98,comma 3 (art. 23, comma 40, D.L. cit.);

il decreto impugnato va in conclusione cassato in relazione al motivo accolto, per lo svolgimento di un nuovo giudizio con contraddittorio esteso all’ente previdenziale indicato dall’opponente (INPS);

il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2017

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