Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29805 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20440-2018 proposto da:

L.N. SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONELLO PAIS;

– ricorrente –

contro

BANCO DI SARDEGNA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SADURNY, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CUDONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 502/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 22/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Sassari, sezione distaccata di Alghero, rigettava la domanda proposta da L.N. s.r.l. nei confronti di Banco di Sardegna s.p.a.: domanda diretta ad ottenere la condanna della convenuta alla restituzione delle somme indebitamente versate dall’attrice sul conto corrente n. (OMISSIS).

2. – La sentenza era impugnata dalla società soccombente.

Nella resistenza della banca, la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, respingeva il gravame.

3. – Contro la pronuncia resa alla Corte isolana L.N. s.r.l. ha proposto un ricorso per cassazione basato su due motivi. Resiste con controricorso il Banco di Sardegna. La ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033,1823,2702 e 2709 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.. La società istante ricorda come, secondo quanto riconosciuto dalla Corte di appello, tra le parti fossero intercorsi due distinti conti correnti: il n. (OMISSIS), oggetto della domanda di ripetizione dell’indebito, chiuso per estinzione del saldo in data (OMISSIS), e il n. (OMISSIS), aperto dall’attrice un mese prima dell’estinzione del primo; osserva L.N. che “l’estratto conto del secondo trimestre del 2003, riferito alla chiusura ed estinzione del primo conto corrente n. (OMISSIS) (…) riporta alla data del (OMISSIS) di chiusura, la dicitura `azzeramento saldo per estinzionè di Euro 22.030,86 (…) all’esito del quale il “saldo finale dopo le sopraelencate scritture” (risultava essere) pari a Euro 0,00″; aggiunge che – al contempo – l’estratto conto del secondo trimestre 2003 del conto corrente n. (OMISSIS) riportava l’annotazione della disposizione di pagamento relativa all’estinzione del sunnominato debito. Rileva quindi la ricorrente non trovare riscontro l’affermazione, formulata dalla Corte di merito, per cui sarebbe stata attuata un’operazione di giroconto, con addebito della somma di Euro 22.030,86 sul conto corrente n. (OMISSIS). L’istante sostiene, in altri termini, che la sentenza impugnata risulterebbe essere errata, avendo essa negato effetto solutorio al versamento che la correntista avrebbe operato per estinguere il saldo debitorio del primo conto corrente e richiama, in proposito, le emergenze degli estratti conto di cui si è detto.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di appello ha respinto il gravame proposto dall’odierna ricorrente osservando come fosse “rimasto positivamente accertato che il saldo negativo del conto n. (OMISSIS) del primo conto corrente era confluito (…) nel nuovo conto mediante operazione di giroconto, senza che fossero intervenuti pagamenti solutori da parte del correntista, circostanza questa che integra il fatto costitutivo del diritto alla ripetizione”.

Tale accertamento di fatto non può essere posto in discussione dalle censure ex art. 360 c.p.c., n. 3, che sono state sollevate col ricorso per cassazione.

E infatti, il vizio di violazione di legge investe la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista, pur rettamente individuata e interpretata, non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione (Cass. 14 gennaio 2019, n. 640); in ogni caso, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. 14 gennaio 2019, n. 640 cit.; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass.11 gennaio 2016, n. 195).

Nè l’accertamento del giudice del merito circa la mancata documentazione, nell’ultimo estratto conto del rapporto n. (OMISSIS)19196(OMISSIS), di un pagamento ad estinzione del saldo debitorio può essere censurato invocando le disposizioni di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c.: questa Corte si è infatti già espressa nel senso che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione delle richiamate norme processuali non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229; Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000).

2. – Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli art. 167 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 2. Vi si sostiene che la Corte di appello non avrebbe dovuto tener conto dell’eccezione della controparte circa la mancata prova del pagamento della somma di Euro 22.030,86: eccezione da considerarsi palesemente tardiva in quanto sollevata per la prima volta in appello. Nel corpo del motivo si ribadisce, poi, che la predetta eccezione sarebbe smentit4a dall’estratto conto al (OMISSIS) relativo al conto corrente n. (OMISSIS)19196(OMISSIS).

Il motivo è infondato.

La deduzione circa la mancata prova del pagamento della somma di Euro 22.030,86 – deduzione che l’istante assume essere stata illegittimamente introdotta in appello – integra una mera difesa: sicchè, non può affermarsi che la proposizione di essa nel giudizio di gravame risultasse preclusa ex art. 345 c.p.c., comma 2; infatti, le mere difese, volte a contrastare genericamente le avverse pretese senza tradursi nell’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo rispetto alle stesse, non sono precluse, ancorchè “nuove”, in appello poichè esse non rientrano nel campo di applicazione della richiamata norma che vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d’ufficio, e non, indistintamente, tutte le difese comunque svolte dalle parti (Cass. 28 maggio 2019, n. 14515; Cass. 1 ottobre 2018, n. 23796).

La doglianza basata sulle evidenze dell’estratto conto del (OMISSIS) costituisce una reiterazione di quanto lamentato col primo motivo, sicchè, sul punto, possono richiamarsi le considerazioni svolte con riferimento ad esso.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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