Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29802 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 18/11/2019), n.29802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22762-2017 R.G. proposto da:

A.R., rappresentato e difeso dall’avvocato Roberta

Busà ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Ferrari 4,

presso lo studio dell’avvocato Marco Frazzini;

– ricorrente –

contro

C.A., rappresentata e difesa dall’avvocato Pia Cirillo ed

elettivamente domiciliata in Roma, Via Giorgio Vasari 4, presso lo

studio dell’avvocato Nunzia Esposito;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 877/2017 della Corte d’appello di Milano,

depositata il 28 febbraio 2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

A.R. proponeva opposizione avverso un atto di precetto notificatogli dalla ex moglie C.A. per il pagamento di oneri di mantenimento, sostenendo che l’importo dovuto fosse diverso da quello intimato, in ragione di un maggior pagamento precedentemente effettuato per errore dalla propria banca in favore della stessa C..

Il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione, ritenendo che i crediti opposti in compensazione fossero anteriori alla formazione del titolo esecutivo e dunque non si potessero far valere mediante l’opposizione ex art. 615 c.p.c..

L’ A. appellava la decisione e la C. si costituiva con una comparsa di costituzione depositata in formato cartaceo alla quale accedeva una procura non validamente sottoscritta dalla parte.

La Corte d’appello, pronunciandosi sulla specifica eccezione difensiva formulata dall’ A., riteneva che il difetto di procura non fosse idoneo ad invalidare l’atto d’appello, redatto dal difensore comunque in forza di un mandato alle liti conferito a margine dell’atto di precetto e comprensivo del potere di attuare tutte le attività necessarie per la soddisfazione del credito, compresa l’attività difensiva negli eventuali giudizi di opposizione, anche in grado d’appello. Nel merito, la corte territoriale rigettava l’impugnazione. Pur osservando che il titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di divorzio pronunciata nel 2002, era in realtà anteriore alla formazione dei crediti opposti in compensazione (risalenti agli anni 2010 e 2011), rilevava il difetto, in concreto, dei presupposti per l’operare dell’eccepita compensazione, in quanto il primo controcredito non era liquido ed esigibile, “in quanto contestato, come pacifico tra le parti, che danno entrambe atto dell’esistenza di separato giudizio in ordine alla debenza dell’importo”. Aggiungeva: “in ogni caso, giova ad abundantiam, evidenziare che, nell’atto di precetto, la creditrice aveva espressamente decurtato la somma di Euro 19.564,56 (corrispondente al controcredito opposto in compensazione) dal credito vantato, dando atto che era pendente innanzi alla Corte d’appello una controversia attinente a quella somma”. Quanto al secondo controcredito, rilevava il difetto di prova circa l’esistenza del diritto a ripetere il relativo importo.

Contro tale sentenza l’ A. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. La C. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Il ricorrente ha depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Anzitutto, deve essere verificata la tempestività del ricorso, giacchè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 28 febbraio 2017 e la notifica del ricorso è stata effettuata in data 28 settembre 2017.

In realtà, pur vertendo la controversia in materia esecutiva, alla stessa si applica la sospensione feriale, in quanto nel giudizio è stata eccepita l’esistenza di un controcredito di importo maggiore del credito azionato.

Infatti, quando nel giudizio di opposizione all’esecuzione sia eccepito dal debitore esecutato un controcredito ed esso sia contestato dal creditore procedente, se il valore del controcredito non eccede quello del credito per cui si procede, il cumulo di cause (quella di opposizione e quella di accertamento del controcredito) non resta soggetto alla sospensione dei termini per il periodo feriale, mentre, se il controcredito sia eccedente, opera tale sospensione (Sez. 3, Ordinanza n. 5396 del 05/03/2009, Rv. 607279 – 01).

Nondimeno, il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.

Con il primo motivo il ricorrente ripropone il tema della validità della procura in forza della quale la C. si è costituita nel giudizio di appello. In particolare, l’ A. si duole della circostanza che la corte territoriale abbia dato d’ufficio rilievo alla procura esistente sul precetto, in presenza dell’eccezione di mancanza della sottoscrizione della procura sulla comparsa di costituzione in appello.

Il motivo non risponde al requisito di ammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, poichè non contiene la trascrizione diretta dell’eccezione che il ricorrente assume di aver proposto innanzi alla Corte d’appello, nè del contenuto della procura apposta sulla comparsa di costituzione, e neppure provvede alla localizzazione di questi atti, così da consentire l’accesso diretto agli stessi da parte di questa Corte.

Sebbene tale rilievo di inammissibilità sia tranciante, il motivo sarebbe infondato anche nel merito.

Il nuovo tenore dell’art. 182 c.p.c., applicabile al presente giudizio ratione temporis, prevede che il giudice, quando rileva un vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegna alle parti un termine per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa.

Nell’ambito di tale potere officioso deve ritenersi compreso, a maggior ragione, quello di verificare se agli atti del processo esista un’altra procura alle liti che, essendo stata resa anche per il grado che si sta celebrando, rende superflua la rinnovazione della procura viziata, sostituendosi alla stessa.

Va quindi affermato il seguente principio di diritto:

“Ai sensi dell’art. 182 c.p.c., comma 2 – nella versione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 – nell’ambito dei poteri officiosi assegnati al giudice al fine di consentire la sanatoria dei vizi afferenti alla procura alle liti appositamente rilasciata per il giudizio in corso rientra anche quello di verificare d’ufficio se agli atti del processo risulti l’esistenza di un altro mandato difensivo conferito anche per il grado che si sta celebrando, così da rendere superflua la rinnovazione della procura viziata”.

Ne consegue che la Corte d’appello certamente poteva, come ha fatto, constatare che in realtà esisteva una procura legittimante, benchè apposta sul precetto, anzichè a margine della comparsa di costituzione.

Con il secondo motivo l’ A. denuncia la “violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 5, e conseguente errore di valutazione o vizio logico”.

Il motivo è inammissibile in quanto prospetta un vizio che non è annoverato fra i motivi di ricorso tassativamente elencati dall’art. 360 c.p.c. In particolare, l'”errore di valutazione” rappresenta una censura relativa al potere riservato al giudice di merito; oppure, inteso in endiadi con il “vizio logico”, va ascritto nell’ambito del vizio di motivazione che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è più previsto fra i motivi di ricorso, a valere per le sentenze pubblicate dall’11. settembre 2012.

Sebbene tale considerazione sia assorbente, anche esaminando il motivo nel merito lo stesso risulta manifestamente infondato.

In relazione al primo controcredito (dell’importo di Euro 19.564,56), il ricorrente prospetta, piuttosto che un vizio di legittimità, un errore revocatorio costituito dall’erronea percezione, da parte della Corte d’appello, dell’esistenza di un giudizio avente ad oggetto la debenza di tali somme.

Inoltre, deve rilevarsi l’omessa impugnazione di una seconda ed autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, rappresentata dalla constatazione del fatto che, nell’atto di precetto, tale importo è stato comunque spontaneamente sottratto dalla creditrice dal totale dovuto. Tale parte della decisione, idonea a sorreggere da sè il decisum della Corte d’appello, non risulta fatta oggetto di specifica impugnazione da parte della società ricorrente.

In relazione al secondo controcredito (dell’importo di Euro 7.333,00), l’ A. si limita ad insistere sulla circostanza che egli avrebbe diritto alla ripetizione di tali somme.

Ma, il rigetto della domanda è basato sul difetto di prova.

Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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