Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29801 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3548-2019 proposto da:

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI

15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALERIO TAVORMINA;

– ricorrente –

contro

V.G., titolare dell’omonima ditta individuale,

T.P., elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO, 14, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FEDERICO V.;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2625/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2625/2018, depositata in data 20/9/2018 – in controversia promossa da V.G. nei confronti della Banca Popolare di Vicenza (con l’intervento di T.P.) al fine di ottenere la restituzione di somme indebitatamente addebitate su due conti correnti, – ha riformato la decisione del Tribunale di Vicenza che aveva, con sentenza del 2018, dichiarato l’estinzione del giudizio, per riassunzione dello stesso, interrotto a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa della Banca Popolare di Vicenza, nei soli confronti del successore a titolo particolare, la Banca Intesa spa, quale cessionaria del ramo di azienda, e non anche nei confronti della Banca Popolare di Vicenza, quale successore universale.

In particolare, i giudici d’appello, in accoglimento del gravame del V. e della T., hanno rilevato che, essendo stato tempestivamente eseguito il deposito del ricorso in riassunzione in cancelleria, non rilevava l’eventuale errore nella esatta identificazione della controparte e la notifica della riassunzione del giudizio nei soli confronti del successore a titolo particolare nel rapporto controverso non integrava una notificazione del tutto inesistente, “non potendo il destinatario dell’atto essere ritenuto del tutto diverso rispetto all’esatta identificazione del contraddittore”, potendo comunque l’incompletezza del contraddittorio essere sanata dal giudice attraverso l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della procedura concorsuale. La Corte di merito ha quindi dichiarato la nullità del giudizio, rimettendo le parti al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio.

Avverso la suddetta pronuncia, Intesa San Paolo spa propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di V.G. e T.P. (che resistono con controricorso).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per non avere la Corte d’appello rilevato l’estinzione del giudizio a seguito della mancata riassunzione dello stesso nei confronti del successore a titolo universale nel rapporto, unico soggetto legittimato, e della sola riassunzione nei confronti del successore a titolo particolare, che non era nemmeno un litisconsorte necessario, in violazione degli artt. 102,110,111,125,156,291,303,305 e 307 c.p.c., L. Fall., art. 300, comma 2, e art. 92 T.U.B., comma 9, essendo peraltro materia di contestazione che il rapporto contrattuale in oggetto fosse stato effettivamente incluso tra quelli oggetto di cessione del 2017 tra i commissari liquidatori della Banca Popolare di Vicenza in l.c.a. ed Intesa San Paolo spa.

2. La censura è infondata.

Questa Corte, già nel 2008 (Cass. 7611/2008), ha chiarito che “in tema di interruzione del processo, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione di una udienza, il rapporto processuale, quiescente, è ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando l’eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell’atto di riassunzione, che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire; ne consegue che il termine di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., non svolge alcun ruolo nella successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, che è volta unicamente ad assicurare il corretto ripristino del contraddittorio ed il rispetto delle regole proprie della “vocatio in jus”, ivi compresa quella relativa alla regolarità della dichiarazione di contumacia. Il giudice, pertanto, ove la notifica sia viziata od inesistente o, comunque, non sia stata correttamente compiuta in ragione di una erronea od incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi, deve ordinarne la rinnovazione, con fissazione di un nuovo termine, e non può dichiarare l’estinzione del processo”.

Successivamente, si è ribadita l’irrilevanza, ai fini dell’integrale perfezionamento della riassunzione del giudizio interrotto, dell’eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell’atto di riassunzione (cfr. Cass. 17679/2009, riguardo ad una ipotesi di fusione per incorporazione fra società, seguita dalla cessione dell’azienda dalla società incorporante ad altro soggetto, ove si è affermata la sufficienza – ai fini della tempestività della riassunzione e per evitare l’estinzione del processo – del deposito, presso la cancelleria del giudice, dell’atto di prosecuzione del giudizio, ancorchè questo fosse stato notificato soltanto nei confronti del cessionario dell’azienda e successore a titolo particolare nel diritto controverso, potendo l’incompletezza del contraddittorio essere sanata dal giudice attraverso l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della società incorporante, successore a titolo universale; Cass. 21869/2013; Cass. 7661/2015; Cass. 2174/2016, che ha raffermato come non incida sulla tempestività della riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, atta invece al ripristino del contraddittorio nel rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”, sicchè, ove essa sia viziata o addirittura inesistente, o comunque non correttamente compiuta “per erronea o incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi”, il giudice sia tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine, ma non possa dichiarare l’estinzione del processo; Cass. 9189/2018; da ultimo, Cass. 6921/2019, che ha chiarito che ove la notifica del ricorso e del decreto, ai fini della “vocatio in ius”, sia stata omessa nei confronti del soggetto che doveva costituirsi, il giudice è tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio la cui inosservanza determinerà, se del caso, l’estinzione del giudizio ai sensi del citato articolo in combinato disposto con l’art. 307 c.p.c., comma 3).

Nella specie, quindi, l’inesatta individuazione della controparte non poteva in ogni caso determinare l’estinzione del giudizio, comunque tempestivamente riassunto con deposito del ricorso in riassunzione nel termine di legge.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.500,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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