Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29801 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 29801 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: MARULLI MARCO

sul ricorso 28834/2012 proposto da:

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Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bruno Buozzi
82, presso lo studio dell’avvocato Iannotta Gregorio, che la
rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi n.12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope
legis

Data pubblicazione: 12/12/2017

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ontroricorren

avverso la sentenza n. 5322/2011 della CORTE d’APPELLO di ROMA,
depositata il 12/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/07/2017 dal cons. MARULLI MARCO.

1. Con il ricorso in epigrafe le Assicurazioni Generali impugnano – e
ne chiedono perciò la cassazione sulla base di tre motivi – la sentenza
n. 5322 del 12.12.2011, con la quale la Corte d’Appello di Roma, a
definizione del gravame proposto dalla ricorrente avverso la decisione
di primo grado, in merito agli obblighi nascenti dalle polizze
fideiussorie da essa rilasciate in favore della Restel Sud, ha
confermato che gli effetti delle garanzie non erano venuti a meno a
seguito della realizzazione dell’intervento finanziato ai sensi della
legge 219/1981, essendo infatti oggetto di esse anche altre
obbligazioni assunte dalla Restel e rimaste, all’atto della loro
escussione, inadempiute.
Ha depositato atto di costituzione l’intimato Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso l’impugnante si duole dell’errore di
diritto, nonché del vizio di insufficiente ed illogica motivazione, in cui
è incorso il giudice territoriale, poiché la comune intenzione delle parti
(la garanzia era prestata in funzione della realizzazione
dell’intervento), il loro comportamento successivo (l’amministrazione
aveva autorizzato la riduzione della polizza), la lettera dell’accordo (lo
svincolo totale era condizionato al collaudo finale e non alla ricorrenza
delle altre condizioni menzionate dal disciplinare) comprovano che

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FATTI DI CAUSA

l’efficacia della garanzia era circoscritta alla sola realizzazione
dell’opificio e non al mantenimento dei livelli occupazionali.
2.2. Il motivo è infondato.
Premesso che secondo il diritto vivente il convincimento esternato dal
giudice di merito nella sentenza impugnata è censurabile per

esso svolto e quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato
o deficiente esame di punti decisivi della controversia, che non può
consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso
difforme da quello preteso dalla parte (Cass. Sez. U, 25/10/2013,
24148) e che la parte che intenda denunciare un errore di diritto o un
vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale
non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt.
1362 e ss. cod. civ., avendo l’onere di specificare i canoni che in
concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del
merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi
nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e
quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. IV, 15/11/2013,
n. 25728; Cass., Sez. V, 4/06/2010, n. 13587; Cass., Sez. I,
13/12/2006, n. 26683), nella specie la lettura delle risultanze
negoziali operata dal giudice territoriale si rivela immune dalle
denunciate censure, risolvendosi esse, per l’appunto, nel rivendicare
la rinnovazione di un sindacato di fatto, in opposizione a quello
esperito dal giudice di merito, che è estreneo ai compiti che
l’ordinamento processuale affida a questa Corte in quanto giudice di
legittimità e giudice quindi dei soli fatti processuali e non dei fatti
sostanziale.
Invero, anche nei ridotti limiti in cui l’errore è interpretativo è
deducibile quale motivo di ricorso per cassazione, il ragionamento
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cassazione sotto il profilo motivazionale solo se, nel ragionamento da

decisorio a cui si affida nell’occasione il giudice d’appello è privo di
criticità ed opera, anche in punto di diritto, una razionale ed esaustiva
selezione dei dati negoziali disponibili, in particolare evidenziando
che, contrariamente alla rappresentazione della ricorrente,
l’intervenuto collaudo dell’opera rende possibile, secondo le

fideiussione, ma non lo svincolo totale, permanendo infatti la garanzia
in relazione agli altri obblighi assunti dal concessionario.
3.1. Il secondo motivo di ricorso fa leva sulla pretesa erroneità della
sentenza, nonché sul vizio motivazionale che inficia la relativa
statuizione, nel legittimare un’interpretazione del negozio di garanzia
che, laddove estende gli effetti di essa anche al mantenimento da
parte del concessionario dei livelli occupazionali connessi
all’intervento realizzato, viola il principio di conservazione del
contratto, poiché l’adempimento dell’obbligo in parola, in caso di
decozione dell’impresa, mette capo ad un’obbligazione nulla e la
prestazione di garanzia non può essere volta a rendere possibile il
recupero del contributo, in tal caso incorrendo la compagnia nella
violazione del divieto di prestare garanzie finanziarie.
3.2. Il motivo è infondato.
Come il giudice d’Appello ha diligentemente spiegato, nel rigettare il
relativo motivo di gravame, non vi è dubbio che sia precluso
all’imprenditore in stato di decozione di proseguire l’attività di
impresa, tuttavia il disciplinare – allorché subordina la continuità del
beneficio all’effettività dell’attività imprenditoriale e al mantenimento
dei livelli occupazionali – non impone all’imprenditore di violare la
legge, ma si limita a prevedere, in difetto delle condizioni sopradette,
l’obbligo per il concessionario e, per esso, del suo garante di restituire
il finanziamento ricevuto, e ciò a prescindere dalla causa che ne è
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disposizioni recate dal disciplinare, solo lo svincolo parziale della

fonte, onde la tesi appellante si rivela priva di pregio poiché oggetto
della garanzia è solo la legittima fruizione del contributo.
E’ dunque evidente che la contraria prospettazione declinata dalla
ricorrente sia frutto di un duplice errore concettuale, giacché, da un
lato, si basa su una falsa percezione della realtà negoziale, atteso che

singoli obblighi che fanno capo al concessionario – ai quali la
compagnia resta e non potrebbe che restare estranea – ma solo
l’obbligo di restituzione che incombe al concessionario, allorché,
venendo meno o non realizzandosi le condizioni previste dal
disciplinare, si renda necessario restituire il contributo; dall’altro
opera uno scambio tra causa ed effetti della garanzia, postulando un
interpretazione della prima alla luce dei secondi, tanto che il giudice
d’appello, nello smentire l’attendibilità di una siffatta quadratura, si è
dato cura, non a caso, di notare che «l’imprenditore ben potrebbe
cessare l’attività per motivi diversi dallo stato di decozione e anche
per questa ipotesi il disciplinare prevede l’obbligo di restituzione del
finanziamento».
4.1. Il terzo motivo lamenta un vizio di omessa pronuncia, nonché un
paritetico vizio motivazionale, poiché il giudice d’appello avrebbe
frainteso la domanda giudiziale di essa compagnia, intesa a
promuovere un accertamento negativo in ordine all’obbligo dedotto
dall’amministrazione e, quindi, la limitazione della garanzia escutibile
all’ammontare di polizza.
4.2. Il motivo è infondato, giacché, una volta previamente ricordato
che ai fini della deduzione del vizio in questione «è necessario, da un
lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od
un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed
inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa
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l’obbligazione di garanzia prestata dalla compagnia non concerne i

necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate
puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per
riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con
l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di
udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte» (Cass., Sez. IV,

motivo di ricorso, asseritamente inteso a far valere la censura di che
trattasi, si è esattamente attenuta al soprascritto comando
nomofilattico, sicché il relativo pronunciamento è immune dalla
sollevata doglianza e si sottrae perciò alla richiesta pronuncia
cassatoria.
5. Il ricorso va dunque respinto.
Spese alla soccombenza.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio che liquida in euro 7200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

4/07/2014, n. 15367), la Corte d’Appello nel negare accesso al terzo

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