Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29800 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 29800 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

sul ricorso 2946/2013 proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, Comando
Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi
n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrenti contro
A.m.i. S.r.l.;
– intimata –

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Data pubblicazione: 12/12/2017

avverso la sentenza n. 1614/2011 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE, depositata il 15/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/07/2017 dal cons. VALITUTTI ANTONIO.

con sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1614/2011,
depositata il 15 dicembre 2011, veniva confermata la decisione del
Tribunale di Firenze n. 4368/2006 con la quale era stata accolta la
domanda della Automatismi Manutenzione Impianti (AMI) s.r.l. di
accertamento dell’inadempimento del Ministero della Difesa e
dell’Arma Generale dei Carabinieri al contratto di fornitura di due
sistemi di illuminazione d’area (carrelli rimorchiabili su strada dotati
di gruppo elettrogeno autonomo), stipulato tre la parti in data 16
ottobre 1995, avente ad oggetto la fornitura di due sistemi di
illuminazione d’area, con conseguente condanna delle
Amministrazioni al pagamento del corrispettivo pattuito;
per la cassazione di tale pronuncia hanno proposto ricorso il Ministero
della Difesa e l’Arma Generale dei Carabinieri nei confronti della AMI
affidata a quattro motivi, illustrati con memoria;
l’Intimato non ha svolto attività difensiva;

Considerato che:
con il primo motivo di ricorso le Amministrazioni istanti denunciando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. – censurano l’impugnata
sentenza per avere la Corte d’appello ritenuto, con motivazione del
tutto inadeguata, non necessario approfondire la questione afferente
alla qualificazione da riconoscersi al contratto, ai fini dell’applicabilità,
1

Rilevato che:

o meno, dell’art. 1660 cod. civ., atteso che – qualora il contratto in
questione fosse da qualificarsi, come sostenuto dai ricorrenti, come di
fornitura – il giudicante non avrebbe potuto imporre il pagamento
delle variazioni introdotte unilateralmente dall’impresa al progetto
originario, ai sensi della disposizione summenzionata;

sebbene, in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di
qualificazione giuridica consti di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà
dei contraenti – costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al
giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità per vizi di
motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale (Cass.
04/06/2007, n. 12936; Cass. 12/01/2006, n 420), per potersi
configurare tale vizio su un asserito punto decisivo della controversia
– nel regime precedente alla modifica introdotta dall’art. 54 del d.l.
22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 – sia
comunque necessario un rapporto di causalità fra l’accertamento di
fatto che si assume trascurato e la soluzione giuridica data alla
controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse
stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della
vertenza (Cass. 28/06/2006, n. 14973; Cass. 24/10/2013, n.
24092);
nel caso di specie, per contro, la qualificazione del contratto, in
relazione alla comune intenzione delle parti, sia stata motivatamente
ritenuta irrilevante dalla Corte territoriale, poiché – quand’anche tale
accordo fosse stato qualificato come fornitura, talchè l’art. 1660 cod.
civ. non sarebbe stato applicabile – il punto controverso tra i
contraenti, sul quale si era incentrata la contestazione della pretesa di
pagamento dell’impresa da parte dell’Amministrazione, era
2

Ritenuto che:

l’insussistenza del diritto della AMI al pagamento del corrispettivo per
i manufatti forniti, «per la non conformità di quanto realizzato a
quanto richiesto», a prescindere dalla natura del contratto voluto
dalle parti;
il motivo va, pertanto, disatteso;

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione dell’art.
112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod.
proc. civ. – gli istanti lamentano che la il giudice di seconde cure non
si sia pronunciato sul motivo di appello, concernente l’esatta
qualificazione giuridica del contratto de quo;
Ritenuto che:
la censura sia da reputarsi infondata, avendo la Corte di merito preso
in esame il motivo di appello in questione, considerando, peraltro ,come dianzi detto – la questione irrilevante ai fini del decidere;
Considerato che:
con il terzo e quarto motivo di ricorso – denunciando la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1455 e 1460 cod. civ., in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – il Ministero della
Difesa e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri si dolgono del
fatto che la Corte territoriale abbia effettuato un accertamento della
scarsa importanza dell’inadempimento ascritto alla AMI s.r.I., laddove
il giudice di appello avrebbe dovuto, diversamente, accertare che
l’eccezione di inadempimento – alla quale non si applicherebbe,
invero, la disposizione di cui all’art. 1455 cod. civ. – sollevata
dall’Amministrazione ex art. 1460 cod. civ. era fondata, poiché
conforme a buona fede, essendo l’opera fornita dalla ditta difforme
rispetto al progetto originario;

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Considerato che:

in ogni caso, la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso
l’importanza dell’inadempimento imputabile alla AMI s.r.I., ai sensi
dell’art. 1455 cod. civ., tenuto conto del fatto che l’art.
contratto stipulato inter partes

1

del

stabiliva che: «le caratteristiche

tecniche della presente fornitura devono corrispondere alla

all’atto negoziale, ne costituiscono parte integrante»;
Ritenuto che:
il giudice ove venga proposta dalla parte l’eccezione
non est adimplendum»

«inadimplenti

debba procedere ad una valutazione

comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla
loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del
contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico,
sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse;
di conseguenza, qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui
confronti è opposta l’eccezione non sia grave ovvero abbia scarsa
importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art.
1455 c.c., debba ritenere che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la
propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia
giustificato ai sensi dell’art. 1460, comma 2, c.c. (Cass. 03/07/2000,
n. 8880; Cass. 16/05/2006, n. 11430; Cass. 08/11/2016, n. 22626);
nel caso concreto, la Corte d’appello abbia motivatamente
considerato l’inadempimento della AMI s.r.l. non grave, in quanto
l’unica difformità oggetto di contestazione era quella relativa alla
posizione non centrale del palo rispetto al centro del carrello,
considerando che la scelta dell’impresa di arretrare detto palo rispetto
al centro del carrello era stata una scelta, men che arbitraria, del
tutto necessaria, attesa l’«impossibilità di conciliare tra loro le plurime
prescrizioni fornite dalla P.A.»
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descrizione ed ai requisiti tutti di cui al capitolato tecnico che, unito

le doglianze siano, pertanto da rigettare;
Considerato che:
con il quinto motivo di ricorso – denunciando l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. – i ricorrenti

motivazione del tutto incongrua – ritenuto non sussistente la prova di
un subappalto, vietato dal contratto stipulato tra le parti, senza
considerare che dai documenti relativi all’omologazione
dell’apparecchio effettuata dalla Motorizzazione Civile di Brescia,
costituenti atti pubblici fidefacienti ex art. 2700 cod. civ., risultava
quale ditta produttrice la LANMAR, e non la AMI s.r.I.;
il mezzo è inammissibile, poiché non coglie la ratio decidendi della
sentenza impugnata, avendo la Corte d’appello rilevato come fosse
pacifico tra le parti che l’AMI aveva conferito alla LANMAR l’incarico
dell’omologazione stradale degli impianti in questione, sicchè – in
difetto di ulteriori elementi di prova da parte dell’Amministrazione tale indicazione della LANMAR nei documenti relativi all’omologazione
dell’apparecchio ben poteva essere spiegata a prescindere
dall’esistenza – indimostrata – di un contratto di subappalto tra le
due società;
di più, i documenti in parola non sono stati neppure riprodotti o
allegati al ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza (artt.
366, primo comma, n. 4 e 369, secondo comma, n. 2 cod. proc. civ.);
Ritenuto che:
il ricorso, per tutte le ragioni suesposte, debba essere integralmente
rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata
costituzione dell’intimata nel presente giudizio.
P.Q.M.
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si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia – peraltro con

Rigetta il ricorso.

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