Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2980 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/02/2017, (ud. 10/11/2016, dep.03/02/2017),  n. 2980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19606-2015 proposto da:

P.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SESTIO CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO BOSCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO ZENATTO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

DDWAY S.R.L. GIA’ CSC ITALIA S.R.L. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

DUWAY S.R.L. GIA’ CSC ITALIA S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato

FEDERICO HERNANDEZ, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ISABELLA BECCARIA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 683/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/01/2015 R.G.N.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. BRONZINI GIUSEPPE;

udito l’Avvocato MAURO ZENATTO;

udito l’Avvocato HERNANDEZ FILIPPO per delega verbale Avvocato

BECCARIA ISABELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale per quanto di ragione, inammissibilità del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 25.10.2013 P.P. impugnava la sentenza del 5.6.2013 del Giudice del lavoro di Padova con la quale era stata respinta la sua domanda di declaratoria di illegittimità del recesso intimatogli dalla DDWAY srl con le conseguenze di legge e di risarcimento del danno per collocazione in CIGS senza rotazione. Il Giudice di primo grado riteneva la sussistenza della giusta causa stante l’assenza continuativa nei gg. 12-15 dicembre 2006 e nel giorno 18 periodo immediatamente successivo alla cessazione del suo collocamento in CIG e non fondata la doglianza circa l’assenza di consapevolezza dell’intervenuta cessazione del periodo di cassa integrazione. Per il Giudice di prime cure era inessenziale il fatto che il lavoratore prima della collocazione in CIGS si trovasse in malattia; escludeva anche l’illegittimità della collocazione in CIGS senza rotazione viste le mansioni non fungibili svolte dal lavoratore. La Corte di appello confermava la sentenza impugnata in ordine alla legittimità del recesso mentre riteneva illegittima la collocazione del lavoratore in CIG senza rotazione liquidando la somma di Euro 15.830,81 a titolo di risarcimento del danno. La Corte territoriale osservava che il lavoratore era stato pacificamente assente nel periodo contestato e che la durata della CIGS era stata comunicata a tutto il personale e non era incerta sicchè doveva escludersi che il lavoratore non sapesse la data del dovuto rientro: il termine fissato per il rientro non richiamava alcuna situazione soggettiva impeditiva. La sanzione appariva non eccessiva tenuto conto della carattere pretestuoso delle argomentazioni del dipendente. Circa la collocazione in CIG senza rotazione il criterio adottato dall’accordo sindacale del 6 novembre era generico e si riferiva alle esigenze tecnico produttive ed organizzative non meglio evidenziate e quindi rimesse in buona sostanza alla mera discrezionalità del datore di lavoro. La pretesa infungibilità delle mansioni svolte non era stata prevista dall’Accordo sindacale intervenuto all’epoca.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il lavoratore con 4 motivi; resiste controparte con controricorso che ha proposto ricorso incidentale affidato a un motivo. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (del ricorso principale) si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. La Corte di appello aveva errato nel non considerare rilevante la malattia del dipendente e non aveva esaminato una circolare INPS sul tema.

Il motivo appare infondato in quanto ciò che rileva in ordine alla legittimità dell’intimato recesso è la conoscenza da parte del dipendente della data finale della CIGS che la Corte di appello ha già valutato come effettivamente avvenuta in quanto la durata del trattamento di integrazione salariale era necessariamente a carattere generalizzato (anche perchè sottoposto a decreto ministeriale autorizzativo) e quindi era irrilevante la particolare condizione soggettiva di malattia che riguardava il solo trattamento economico del dipendente. Non si vede quindi a che cosa rilevi una circolare INPS sul rapporto tra trattamenti di malattia e di integrazione salariale posto che il thema decidendum è un altro e cioè la conoscenza della data di cessazione della CIGS che la Corte con motivazione congrua e logicamente coerente ha accertato esservi stata.

Con il secondo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata comunicazione scritta sulla data di rientro.

Il motivo appare inammissibile in quanto non coerente con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5: il “fatto” di cui si parla è stato ampiamente esaminato nella sentenza impugnata che ha anche giudicato “pretestuose” le argomentazioni del lavoratore. Questa Corte, a sezioni unite, già con la sentenza n. 8053/2014 ha affermato il principio per cui “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’ omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”. Tutti gli aspetti pertinenti alla questione qui in discussione (se il lavoratore fosse stato o meno informato della data di rientro al lavoro) sono stati già esaminati.

Con il terzo motivo si allega la violazione di norme di legge e/o errata o contraddittoria motivazione. Violazione dell’art. 1455 c.c. e della L. n. 300 del 1970, art. 18. Omesso esame di un fatto decisivo per la controversia. La sanzione era eccessiva e sproporzionata; il lavoratore non era stato richiamato dopo il primo giorno di assenza.

Il motivo, ai limiti dell’ammissibilità in quanto solleva questioni già esaminate nella sentenza impugnata, appare comunque infondato posto che la sanziona espulsiva è prevista – come riconosce la stessa parte ricorrente – dal CCNL in caso di assenza superiore a quattro giorni. Inoltre la gravità del fatto è stata comunque esaminata dalla Corte di appello che ha ritenuto pretestuose le argomentazioni addotte dal lavoratore per giustificare l’assenza posto che si è ritenuto, con motivazione congrua e logicamente coerente, che la data di rientro era del tutto nota.

Con il quarto motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia. Dal danno liquidato per illegittima mancata rotazione erano state detratte le spettanze accessorie come l’indennità sostituiva delle ferie e permessi e l’importo per i buoni pasto.

Il motivo che presenta profili di inammissibilità perchè non specifica come e quando queste voci sarebbero state specificamente richieste e non chiarisce perchè la decisione sul punto costituirebbe un “omesso esame” è comunque palesemente infondato in quanto – come si allega nello stesso motivo- si tratta di spettanze accessorie che presuppongono l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, che nel caso in esame nel periodo considerato non vi è stata.

Con il motivo del ricorso incidentale si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Era emersa come da accordi sindacali e da dichiarazione dei testi una possibilità di attività per il Prodotto Stealth, attività per la quale il lavoratore intimato aveva dimostrato la propria indisponibilità:pertanto era stata dimostrata l’infungibilità delle mansioni di questo.

Il motivo appare inammissibile e comunque infondato posto che la Corte di appello ha osservato che nell’accordo sindacale per l’applicazione della rotazione questa era prevista solo compatibilmente con le esigenze tecniche organizzative e quindi con un criterio eccessivamente discrezionale, mentre non si richiamava affatto il criterio dell’infungibilità delle mansioni. L’indisponibilità del lavoratore all’assegnazione al gruppo Stealth è già stato esaminato dalla Corte territoriale che ha sul punto osservato che tale circostanza non può esentare la società dal criterio di rotazione posto che l’infungibilità delle mansioni a monte non era stato previsto. Il ” fatto” di cui si discute è stato quindi già esaminato e nel motivo si sviluppano censure che in realtà sono di merito, incompatibili con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si devono quindi rigettare i ricorsi: stante la reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per compensare tra le parti il giudizio di legittimità.

La Corte ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale e di quello inciderttale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte:

rigetta i ricorsi e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

La Corte ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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