Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 298 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 298 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 23863-2010 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO, SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
2013
3233

che la rappresentano e difendono unitamente
all’avvocato PIERLUIGI LAX, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CAMILLERI ELISA C.F. CMLLSE60B65H501Y;

Data pubblicazione: 09/01/2014

– intimata –

Nonché da:
CAMILLERI ELISA C.F. CMLLSE60B65H501Y, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 35, presso lo
studio dell’avvocato D’AMATI DOMENICO, che la

COSTANTINI CLAUDIA, D’AMATI GIOVANNI NICOLA, D’AMATI
NICOLETTA, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO, SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
che la rappresentano e difendono unitamente
all’avvocato PIERLUIGI LAX, giusta delega in atti;
– controri corrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 8262/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/10/2009 R.G.N.
9726/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega
SCOGNAMIGLIO RENATO;

rappresenta e difende unitamente agli avvocati

udito l’Avvocato COSTANTINI CLAUDIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

‘…-.—–”—–.—–•-•’–.—–.–..’———.\

Svolgimento del processo
Con sentenza del 18/11/08 — 16/10/09 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato
l’impugnazione proposta dalla R.A.I. s.p.a avverso la sentenza del giudice del lavoro del
Tribunale di Roma che aveva dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato tra la società radiotelevisiva ed Elisa Camilleri a decorrere dal 24/6/92 per

era stata assunta come programmista-regista.
La Corte ha spiegato che correttamente il primo giudice aveva ritenuto che la società
radiotelevisiva non aveva provato, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine, la
sussistenza di un collegamento tra i programmi in relazione ai quali i contratti erano stati
stipulati e l’apporto creativo della Camilleri e che non era possibile desumere dalla
documentazione offerta la specificità dell’apporto professionale e creativo di quest’ultima.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la R.A.I con cinque motivi.
Resiste con controricorso Elisa Camilleri, la quale propone a sua volta ricorso incidentale
affidato ad un solo motivo, al cui accoglimento si oppone la R.A.I. s.p.a.
Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale ai
sensi dell’art. 335 c.p.c.
1. Col primo motivo del ricorso principale la RAI denunzia la violazione o falsa
applicazione dell’art. 1372 cod. civ. contestando la parte della decisione attraverso la
quale la Corte di merito le ha respinto l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo
consenso e, a tal riguardo, evidenzia che sin dal primo grado di giudizio aveva fatto
presente che la Camilleri aveva accettato con lettera la risoluzione anticipata del rapporto
al 13/1/97 anziché alla data stabilita inizialmente per il 28/2/97.
2. Col secondo motivo la ricorrente ripropone la stessa questione della eccepita
risoluzione del rapporto per mutuo consenso sotto il diverso aspetto del vizio della carenza
di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel valutare la portata della
suddetta lettera di accettazione della risoluzione anticipata del rapporto.

1

effetto dell’accertata nullità dell’apposizione del termine al contratto col quale quest’ultima

Entrambi i motivi, che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione,
sono infondati.
Invero, l’indirizzo consolidato di questa stessa Sezione (Cass. sez. lav. n. 5887
dell’11/3/2011; Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010; Cass. sez. lav. n. 26935 del
10/11/08; C. sez. lav. n. 17150 del 24/6/08; C. sez. lav. n. 20390 del 28/9/07; C. sez. lav. n.

inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a
configurare una ipotesi di risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinchè
possa considerarsi sussistente una tale risoluzione, è necessario che sia accertata – sulla
base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine,
nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una
chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni
rapporto lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della portata del complesso di
tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in
sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.
È, comunque, onere della parte che faccia valere in giudizio la risoluzione per mutuo
consenso allegare prima e provare poi siffatte circostanze (v. Cass. sez. lav. n. 2279
dell’i /2/2010, n. 16303 del 12/7/2010, n. 15624 del 6/7/2007), non potendo ritenersi,
quindi, sufficiente la sola allegazione delle stesse.
Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è correttamente attenuta a tali principi nel
momento in cui, con motivazione immune da rilievi di carattere logico-giuridico, ha
precisato che il disinteresse delle parti alla prosecuzione del rapporto era un dato di per sé
neutro, sia perché i periodi di interruzione tra un contratto e l’altro non si erano rivelati
particolarmente lunghi, sia perché mancavano le condizioni per attribuire al decorso del
tempo un significato negoziale.
3. Col terzo motivo la ricorrente principale segnala il vizio di violazione e falsa applicazione
dell’art. 1, comma 2, lett. e) della legge n. 230 del 1962, censurando l’impugnata sentenza
laddove è stata affermata l’illegittimità del termine per la ravvisata insussistenza dei
requisiti della specificità dei programmi o degli spettacoli in relazione ai quali era avvenuta
l’assunzione temporanea ed il vincolo di necessità diretta dell’apporto della lavoratrice a
2

23554 del 17/12/04; C. sez. lav. n. 17674 dell’i 1/12/02) è nel senso di ritenere che la mera

quegli stessi programmi o spettacoli radiotelevisivi. Secondo la ricorrente la norma in
esame non conterrebbe alcuna proposizione atta ad accreditare la tesi della necessaria
esistenza di un vincolo di necessità diretta del singolo lavoratore assunto a termine
rispetto allo specifico programma in relazione al quale avviene l’assunzione stessa, per cui
si sarebbe rivelata errata la pretesa della Corte di merito di accollarle l’onere di prova un

essere inteso, secondo la ricorrente, come particolare, distinto o individuato da caratteri
propri, per cui sarebbe censurabile la decisione impugnata nella parte in cui, nella
negazione della ricorrenza di siffatto requisito, si era posto in rilievo una non meglio
precisata natura non atipica del singolo programma all’interno della produzione aziendale
in relazione al quale era avvenuta l’assunzione.
4. Col quarto motivo la ricorrente si duole della carenza di motivazione della sentenza in
ordine al requisito della specificità dei programmi per i quali erano avvenute le diverse
assunzioni, requisito, questo, che era stato prospettato nel giudizio di merito attraverso la
specifica descrizione del contenuto degli stessi programmi.
5. Attraverso il quinto motivo la ricorrente imputa alla Corte d’appello di essere incorsa in
un ulteriore vizio della motivazione per non aver attentamente valutato il contenuto delle
mansioni svolte dalla Camilleri, così come puntualmente descritte con riferimento ai singoli
contratti in guisa tale da evidenziarne l’importanza dell’apporto rispetto ai singoli
programmi, e di essere, pertanto, pervenuta ad un errato giudizio di valutazione nel
ritenere che fosse insussistente nella fattispecie il cosiddetto vincolo della necessità diretta
tra le suddette mansioni ed i programmi o gli spettacoli per i quali la medesima lavoratrice
era stata assunta.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per
ragioni di connessione, sono infondati.
Invero, la legge n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), come modificato dalla legge n.
266 del 1972, prevede e consente l’applicazione del termine “nelle assunzioni di personale
riferite a pubblici spettacoli, ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.
Nell’interpretazione di tale norma, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato che,
affinchè il rapporto di lavoro a termine possa ritenersi legittimo, è necessario il concorso di
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tale requisito. Quanto al requisito della specificità del programma lo stesso dovrebbe

una pluralità di requisiti, essenzialmente riferibili alla temporaneità e specificità dello
spettacolo e dell’esigenza lavorativa che il contratto è diretto a soddisfare, ed in particolare:
a) che il rapporto si riferisca ad una esigenza di carattere temporaneo della
programmazione televisiva o radiofonica, da intendersi non nel senso della straordinarietà
o occasionalità dello spettacolo (che può ben essere anche diviso in più puntate e ripetuto

complessiva programmazione fissata dall’azienda, per cui, essendo destinato ad esaurirsi,
non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa; b) che il programma, oltre
ad essere temporaneo nel senso sopra precisato, sia anche caratterizzato dalla atipicità e
singolarità rispetto ad ogni altro evento organizzato dall’azienda nell’ambito della propria
ordinaria attività radiofonica e televisiva, per cui, essendo dotato di caratteristiche idonee
ad attribuirgli una propria individualità ed unicità (quale species di un certo genus), lo
stesso sia configurabile come un momento episodico dell’attività imprenditoriale, e come
tale rispondente anche al requisito della temporaneità; c) che, infine, l’assunzione riguardi
soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non può
ritenersi sufficiente a giustificare l’apposizione del termine la semplice qualifica tecnica o
artistica del personale, richiedendosi che l’apporto del peculiare contributo professionale,
tecnico o artistico del lavoratore sia indispensabile per la buona realizzazione dello
spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda
(confronta ex multis da ultimo Cass. n. 17053/2008; Cass. n. 8385/2006; Cass. n.
1291/2006).
Di tali criteri interpretativi, che il Collegio condivide e ritiene di confermare, la sentenza
impugnata ha fatto corretta applicazione, per cui nessuna censura può essere mossa alla
stessa.
Invero, con giudizio di fatto adeguatamente motivato e che sfugge ai rilievi di legittimità, la
Corte territoriale ha osservato che il cosiddetto vincolo di necessità diretta non risultava
dai contratti allegati dai quali si evinceva solo che ogni assunzione aveva una durata
media corrispondente a quella della trasmissione in relazione alla quale era effettuata; che
si trattava di trasmissioni che, pur con la loro specificità, avevano, comunque, contenuti
4

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nel tempo), bensì nel senso che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della

vari e non specialistici; che le mansioni indicate erano proprio quelle tipiche del
programmista-regista; che, tuttavia, nessuna specificità dell’apporto personale e creativo
della dipendente era desumibile dalla citata documentazione, se non il fatto che si trattava
di trasmissioni aventi carattere divulgativo che traevano genericamente spunti da attualità
sociale la cui specificità non concerneva le modalità di acquisizione, elaborazione e

la realizzazione della sua funzione informativa. Infine, la RAI non aveva chiesto di provare
altrimenti l’esistenza di un vincolo di necessità diretta tra apporto creativo della lavoratrice
assunta e singola trasmissione.
Ne consegue che è corretta la decisione di conferma della sentenza del primo giudice
sulla ritenuta instaurazione “ab initio” di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quale
sanzione normativa scaturita dalla rilevata nullità dell’apposizione del termine al primo dei
contratti in questione.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato.
Quanto al ricorso incidentale, formulato per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett.
e), e 3 della legge n. 230/1962, 112 e 115 c.p.c., oltre che per omessa o insufficiente
motivazione su un punto decisivo della controversia, attraverso il quale la Camilleri si
duole sostanzialmente del fatto che la Corte territoriale non avrebbe considerato che la
RAI non aveva fornito la prova del requisito della specificità dei programmi per i quali era
avvenuta l’assunzione, si osserva che lo stesso è stato proposto solo in via condizionata,
per cui la sua disamina rimane assorbita dal rigetto del ricorso principale della società
radiotelevisiva.
Infine, atteso che i motivi di entrambi i ricorsi non investono la questione economica
conseguente alla disposta conversione a tempo indeterminato del rapporto in esame,
neppure potrebbe incidere in qualche modo nel presente giudizio lo “ius superveniens”,
0
rappresentato dall’art. 32, commi 5 , 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore
dal 24 novembre 2010.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di principio, costituisce
condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che
abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il
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diffusione della comunicazione nell’ambito del palinsesto predeterminato dall’azienda per

fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di
censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è
limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-22004 n. 4070).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente principale e

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e
condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di € 3500,00 per
compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2013

Il Consigliere estensore

vanno liquidate come da dispositivo.

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