Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29799 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 18/11/2019), n.29799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21109-2017 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Poggio Verde

50, presso lo studio dell’avvocato Fabio Ferri, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe

Ferrari 11, presso lo studio dell’avvocato Massimo Valenza, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2017 del Tribunale di Rieti, depositata il

13/03/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

M.G. agiva esecutivamente nei confronti di F.G., notificandogli un atto di pignoramento presso terzi.

L’esecutato, con atto di opposizione agli atti esecutivi e all’esecuzione, contestava la procedura esecutiva, sostenendo che il titolo esecutivo e il precetto non gli fossero stati notificati. Il giudice dell’esecuzione dichiarava improcedibile l’opposizione e, con separata ordinanza, provvedeva ad assegnare l’importo pignorato.

Avverso tale ordinanza il F. proponeva opposizione agli atti esecutivi, respinta dal Tribunale di Rieti con condanna dell’opponente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di responsabilità processuale aggravata.

La sentenza è stata fatta oggetto, da parte del F., di ricorso per cassazione articolato in sei motivi. Il M. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Il ricorrente ha depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 163,164,167,615,616,617 e 618 c.p.c., consistita nell’aver il Tribunale ritenuto che l’opposizione agli atti esecutivi non sia stata tempestivamente proposta.

Con il secondo motivo si denuncia la nullità del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 617 e 618 c.p.c.

I due motivi sono largamente sovrapponibili e possono essere trattati congiuntamente. Con gli stessi si censura, in sostanza, il capo della sentenza impugnata con il quale sarebbe stata affermata la tardività dell’opposizione agli atti esecutivi.

2. Invero, il Tribunale non ha affermato la tardività dell’opposizione proposta dal F.. Piuttosto, ha rilevato che “il ricorso in opposizione depositato nel corso della procedura esecutiva non è stato prodotto da nessuna delle parti, nè risulta la data di comunicazione della ordinanza di assegnazione, per cui non è possibile effettuare alcuna verifica della tempestività della opposizione, evidenziando, però, che il giudice dell’esecuzione nell’ordinanza depositata il 7/1/20174 non ha rilevato la tardività e ha dichiarato inammissibile l’istanza di sospensione solo per la tipologia del provvedimento opposto”. Dunque, il Tribunale ha ritenuto che in difetto di un’allegazione delle parti sufficiente a verificare l’osservanza del termine di cui all’art. 617 c.p.c. – potesse essere sufficiente far riferimento alla circostanza che nessuna tardività era stata rilevata dal giudice dell’esecuzione. In sostanza, il giudice di merito ha fatto proprio l’accertamento implicito riferibile al giudice dell’esecuzione e, pertanto, ha escluso che l’opposizione de qua fosse stata proposta oltre la scadenza del termine stabilito dall’art. 617 c.p.c.

3. L’argomento che ha condotto il Tribunale a dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione è, invece, un altro.

Infatti, è stato correttamente rilevato che il F. non aveva impugnato l’ordinanza di assegnazione per vizi suoi propri, bensì aveva riproposto le deduzioni relative alla pretesa invalidità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto, che già avevano costituito oggetto di una precedente opposizione agli atti esecutivi dichiarata, questa sì, improcedibile per difetto di notifica alla parte opposta. Conclusivamente, con la sentenza impugnata è stato osservato che “con l’odierna opposizione F.G. cerca unicamente di reiterare motivi di opposizione sui quali è maturato il termine di decadenza, come già evidenziato dal giudice dell’esecuzione con l’ordinanza del 27/09/2013 menzionata, e che non possono essere ripetuti ad ogni successivo atto del giudice dell’esecuzione, avendo oramai gli atti opposti acquistato la loro stabilità stante l’opposizione non coltivata nei termini e dichiarata improcedibile”.

Pertanto, il rilievo di decadenza contenuto nella sentenza impugnata non si riferisce, come sembra erroneamente opinare il F., alla tempestività dell’opposizione rispetto alla data di conoscenza del provvedimento formalmente impugnato (ordinanza di assegnazione), bensì alla scadenza dei termini di cui all’art. 617 c.p.c. riferiti all’atto di pignoramento (il quale implicava certamente, in capo al debitore esecutato, la legale conoscenza del titolo esecutivo e dell’atto di precetto che egli assume non essergli stati notificati), essendo quest’ultimo l’atto contro il quale effettivamente si rivolge l’opposizione.

Intesi in questi termini, i motivi in esame sono dunque inammissibili, in quanto non centrano la ratio decidendi della sentenza impugnata. 4. I motivi sarebbero parimenti inammissibili anche qualora fossero interpretati come riferiti all’asserzione secondo cui, una volta che taluni atti del processo esecutivo acquistano stabilità per non essere stati opposti nei termini, non è possibile recuperare le censure non tempestivamente proposte impugnando gli atti successivi.

Infatti, la tesi secondo cui le nullità degli atti presupposti del processo esecutivo si ripercuoterebbero a catena sugli atti susseguenti si riferisce, in realtà, solamente ai vizi di notificazione e ciò in quanto l’omessa conoscenza dell’atto impedisce il decorso del termine di cui all’art. 617 c.p.c.

Poichè nella specie è fuori discussione la circostanza che il F. ricevette la notifica dell’atto di pignoramento o comunque ne ebbe piena conoscenza, propose opposizione e non coltivò il giudizio (che venne dichiarato improcedibile, con conseguente sanatoria dei vizi ivi dedotti), si può affermare con certezza che i vizi denunciati con quell’opposizione non possono essere riproposti in questa sede, in quanto nel frattempo sanati.

5. Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza, per violazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 132, 615, 617 e 618 c.p.c., nella parte in cui, nonostante l’opposizione fosse inammissibile, si legge che “i motivi di opposizione sono peraltro destituiti di fondamento anche nel merito”.

La doglianza è inammissibile per difetto di interesse.

Le considerazioni svolte dal Tribunale sul merito dei motivi di opposizione agli atti esecutivi, infatti, devono considerarsi tamquam non esset, in quanto pronunciati in carenza di potestas iudicandi (v. Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555 – 01). Del resto, quand’anche si volesse considerare tale parte della sentenza impugnata come contenente una autonoma ragione della decisione, i motivi in esame resterebbero comunque assorbiti dall’inammissibilità dei primi, ai quali consegue il consolidamento della ratio decidendi principale.

Non sussiste, quindi, alcun interesse del F. ad impugnare la sentenza in parte qua e il motivo è inammissibile.

6. Il quarto ed il quinto motivo contengono specifiche censure rivolte contro la decisione di merito di cui si è detto nel paragrafo precedente. Tali censure vanno ascritte, quindi, nell’ambito della questione prospettata con il terzo motivo e ne seguono la sorte, risultando anch’essere inammissibili per carenza di interesse.

7. Con il sesto motivo il ricorrente censura, per omessa motivazione, la condanna per responsabilità aggravata.

In realtà, il Tribunale argomenta la propria decisione osservando che “l’opponente, utilizzando una media diligenza, avrebbe dovuto essere cosciente ab origine dell’infondatezza delle proprie tesi, sì che la proposizione del giudizio si configura come temeraria, considerato che già con l’ordinanza del 27/09/2013, depositata il 3/110/2013, era stata dichiarata inammissibile la reiterazione dell’opposizione agli atti esecutivi proposta il 17/09/2013 sulla base dei medesimi motivi della prima opposizione dichiarata improcedibile l’11/09/2013”.

Tale motivazione si sottrae a censure di legittimità, poichè, come ripetutamente osservato da questa Corte, in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, salvo – per i ricorsi proposti avverso sentenze depositate prima dell’11 settembre 2012 – il controllo di sufficienza della motivazione (Sez. 3, Sentenza n. 19298 del 29/09/2016, Rv. 642582 – 01; v, pure Sez. 2, Sentenza n. 327 del 12/01/2010, Rv. 610816 – 01).

Nel caso di specie, la motivazione si pone certamente al di sopra del c.d. “minimo costituzionale” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01) e, trattandosi di sentenza pubblicata dopo I’ll settembre 2012, ogni altra censura in ordine alla congruità della motivazione è inammissibile. Al contempo, la valutazione circa i presupposti sostanziali della condanna per responsabilità aggravata costituisce un accertamento in fatto, incensurabile in questa sede.

Il motivo è dunque inammissibile.

8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

Sussistono, infine, i presupposti perchè il ricorrente sia condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun apprezzabile sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, nonchè al pagamento – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., in favore della controparte, della somma di Euro 2.500,00.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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