Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29797 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 18/11/2019), n.29797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8065-2018 proposto da:

I.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PORTONACCIO, 200, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MARIOTTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIERO SANTIN;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI JESOLO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI, 256/B, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO ORSINI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCO BURAN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1980/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2011, I.V. conveniva in giudizio il Comune di Jesolo chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’infortunio occorsole, allorchè, attraversando la strada pubblica sulle strisce pedonali, inciampava a causa di un’insidia del manto stradale e cadeva a terra, procurandosi gravi lesioni. I. sosteneva che la responsabilità dell’accaduto era da imputarsi all’Ente proprietario, per omessa, difettosa e carente manutenzione della strada.

Il Comune di Jesolo, costituendosi in giudizio, respingeva ogni addebito, ritenendo non esistente alcuna insidia o trabocchetto che non potesse essere evitato con ragionevole prudenza, essendo l’incidente avvenuto in pieno giorno ed in condizioni di ottima visibililità.

Il Tribunale di Venezia, accoglieva la domanda proposta da I.V. e, per l’effetto, condannava il Comune di Jesolo a risarcire i danni patiti dalla stessa.

2. Seppur quasi interamente favorevole a I.V., quest’ultima proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale, in quanto non risultavano completamente soddisfatte le sue ragioni dedotte in giudizio.

Si costituiva l’amministrazione comunale, con istanza di appello incidentale, con cui chiedeva l’integrale riforma della sentenza.

2.1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1980/2017 del 15.9.2017, in parziale accoglimento sia dell’appello principale che di quello incidentale proposto, riformava parzialmente la sentenza di primo grado. Pur confermando la sussistenza della responsabilità ex art. 2051 c.c. del Comune di Jesolo, ente proprietario della strada, che aveva l’obbligo di controllare l’uso della stessa e il suo stato di conservazione, tuttavia non escludeva un concorso di colpa dell’infortunata. Invero, la screpolatura trovandosi su una delle strisce bianche, risultava visibile, considerando, tra l’altro, che l’incidente avveniva in pieno giorno. Inoltre, si ribadiva il dovere degli utenti del bene pubblico di far uso di una ragionevole prudenza, adeguata allo stato dei luoghi, a salvaguardia della propria incolumità. Ne conseguiva che I.V. aveva diritto al risarcimento dei danni nella misura del 50%.

Il danno veniva rideterminato in complessivi Euro 44.466,52 (Euro 21.316,56 per danno biologico permanente, oltre Euro 9.000,00 per la personalizzazione, Euro 4.486,25 per il danno da casalinga per la temporanea, Euro 413,71 per spese mediche), di cui spettavano a I.V. il 50% pari ad Euro 22.233,26, oltre gli interessi legali. Per l’effetto, condannava I.V. a restituire, al Comune di Jesolo, quanto percepito in eccedenza in esecuzione dell’impugnata sentenza.

3. I.V. ricorre per Cassazione sulla base di due motivi.

3.1. Il Comune di Jesolo resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata aì difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 e 2051 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Secondo la ricorrente la decisione della Corte sarebbe apodittica e contraddittoria nella parte in cui ha ritenuto sussistente il concorso di colpa di I.V. ex art. 1227 c.c., comma 1, nonostante avesse confermato la sentenza di prime cure, riconoscendo in capo al Comune la responsabilità ex art. 2051 c.c.. La Corte avrebbe erroneamente riconosciuto, dapprima, che la sconnessione presente sull’asfalto costituiva “concreto pericolo di caduta per i pedoni e, come tale, idoneo a determinare l’evento dannoso” e, successivamente, per sostenere il concorso di colpa della danneggiata, avrebbe ricorso a meri ragionamenti astratti, sforniti di qualsivoglia conferma probatoria.

6.2 Con la seconda censura, il ricorrente si duole dell’Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5″.

La Corte avrebbe omesso di valutare appieno le testimonianze rese dai testi, V.F. ed I.E., nonchè la documentazione prodotta da questi.

7.1. I motivi congiuntamente esaminabili sono inammissibili.

Lo sono in quanto si risolvono in una sollecitazione a desumerne la fondatezza all’esito di un riesame delle risultanze probatorie, sicchè in realtà anche il primo motivo in iure è inconsistente e ciò che si illustra è la postulazione di un’erronea valutazione delle emergenze probatorie, del tutto al di fuori dei limiti consentiti vigente il nuovo n. 5 secondo Cass. sez. un. nn,. 8053 e 8054 del 2014.

Rientra nei poteri del Giudice di merito la discrezionale valutazione delle prove acquisite. In quanto giudice di legittimità, questa Corte non ha il potere di procedere ad una rivalutazione dei fatti e degli atti processuali.

Ed in ogni caso i motivi sarebbero ugualmente infondati.

La conferma della Corte, circa la responsabilità del Comune ex art. 2051, quale Ente proprietario, non esclude che la vittima, I.V., abbia concorso alla causazione dell’evento dannoso ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1.

Invero, la giurisprudenza di questa Corte ha ribadito più volte il dovere degli utenti del bene pubblico di far uso di una ragionevole prudenza, adeguata allo stato dei luoghi, a salvaguardia della propria incolumità.

Difatti questa Corte, con la sentenza n. 27724 del 30/10/2018, ha dichiarato possibile l’esclusione della responsabilità del custode se l’insidia sul manto stradale risulta ben visibile, ovvero la condotta della vittima può assumere rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso (in senso conforme v. Cass. n. 30775/ 2017; n. 2480/2018; n. 2480/2018). Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente argomentato in modo esaustivo e coerente con le premesse di fatto sottoposte al suo vaglio, rilevato che la screpolatura nel manto stradale era ben visibile, in quanto si trovava proprio su una delle strisce bianche per l’attraversamento pedonale, oltre al fatto che l’incidente era accaduto in pieno giorno.

8. Il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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