Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29796 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16738-2018 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MAZZINI 4,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTA CESCHINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato REMIGIA D’AGATA;

– ricorrente –

e contro

B.G.S.;

– intimato –

avverso il decreto n. 4/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositato l’08/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA

GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello, con decreto n. 4/2018 depositato in data 8/1/2018, – in controversia concernente la revisione delle condizioni di divorzio tra i coniugi B.G.S. e C.R. – ha respinto il reclamo della sig.ra C., confermando la decisione di primo grado, che aveva disposto il collocamento del figlio minore Ch., nato a Catania nel marzo 2000, presso il padre.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che, tenuto conto di quanto riferito dal minore al giudice relatore delegato per l’audizione del medesimo, disposta in appello, non poteva non tenersi conto della precisa volontà espressa dal minore, avente uno sviluppo intellettivo ed emotivo adeguato all’età, di vivere presso il padre e la sua nuova compagna, con la quale egli ha un ottimo rapporto e del suo rifiuto categorico di vivere presso la madre ed il di lei nuovo compagno, non essendovi alcuna prova di forti pressioni psicologiche esercitate sul minore dal padre; doveva pertanto respingersi la richiesta di affidamento esclusivo del minore alla madre e non era possibile imporre, atteso il prossimo compimento della maggiore età del ragazzo, incontri programmati e periodici con il genitore non collocatario.

Avverso la suddetta pronuncia, C.R. propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti di B.G.S. (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione “della normativa inerente i criteri di valutazione del collocamento”; 2) con il secondo motivo, la violazione “del principio garantito della normativa nazionale sull’affidamento condiviso”; 3) con il terzo motivo, la violazione del procedimento, per mancata acquisizione del fascicolo di primo grado, dal quale il Collegio avrebbe dovuto evincere che la decisione del primo giudice era stata fondata su di una consulenza di parte; 4) con il quarto motivo, la violazione del diritto del minore e del genitore ad un giudizio celere che non leda i diritti delle parti interessate, essendo trascorso inutilmente del tempo senza provvedimenti a tutela del chiesto affidamento condiviso; 5) con il quinto motivo, l’erronea statuizione in punto di condanna della reclamante alle spese, “nonostante nessun accertamento si sia fondato sulla fondatezza delle avversarie richieste”.

2. Le prime quattro censure sono inammissibili.

Invero, le richieste concernenti le statuizioni relative all’affidamento della minore ed il suo collocamento sono divenute inammissibili per carenza di interesse (v. Cass. 10719/2013: “quando, nelle more del giudizio di legittimità avente ad oggetto l’affidamento di figlio minore ad uno degli ex coniugi a seguito di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sopravvenga la maggiore età del figlio, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente all’impugnazione”; Cass. 5383/2006). L’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata (Cass. 15623/2005).

Peraltro, la motivazione della Corte d’appello dà conto della precisa volontà espressa dal ragazzo, a seguito di specifica audizione disposta dalla Corte territoriale, ritenendo non necessarie indagini peritali, in ragione del rifiuto espresso dal minore, prossimo dia maggiore età, in ordine al collocamento presso la madre ed il suo nuovo compagno; la Corte territoriale, valutate le risultanze della audizione, ha ritenuto di dovere confermare le misure adottate dal Tribunale per i minorenni, atteso che le diverse soluzioni prospettate dalla madre (affido esclusivo della figlia alla madre o fissazione delle modalità di frequentazione con il genitore non collocatario) si sarebbero rivelate inattuabili a fronte della volontà di un ragazzo quasi maggiorenne (essendo nato nel marzo 2000).

Indubbiamente, si tratta di valutazioni di merito che hanno tenuto conto della complessiva condotta di ciascuna delle odierne parti e del minore, ormai divenuto maggiorenne.

3. L’ultima censura è inammissibile, in quanto, al contrario di quanto dedotto nel motivo, la condanna della reclamante è stata conseguenza della sua soccombenza stante il rigetto del reclamo proposto avverso la statuizione di primo grado.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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