Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29788 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.B.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 26, presso lo

studio dell’avvocato BAUZULLI FILIPPO, rappresentato e difeso

dall’avvocato TREVISI ANGELO;

– ricorrente –

contro

A.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA MERCALLI 13, presso ST CANCRINI PISELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PALMA ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Palma Antonio difensore della controricorrente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva del 4-9-1995 il Tribunale di Lecce, pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione del 20-5- 1981 da A.M. nei confronti del fratello B. A. e della madre Filomena Epifania disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni relitti dal defunto A. A., dichiarava esecutivo il progetto di divisione ereditaria redatto dal CTU ed assegnava a A.B. la porzione dell’immobile contrassegnata nella relazione tecnica con la lettera A), e a A.M. quella contrassegnata con la lettera B), nonchè in comune e “pro indiviso” ai due fratelli la porzione contraddistinta con il colore rosa nei disegni nn. 1 e 2 allegati alla relazione dello stesso CTU; il giudizio proseguiva per accertare il diritto di A.B. di ottenere il pagamento dell’indennità per i miglioramenti che questi assumeva di aver apportato all’immobile e per la loro quantificazione.

Deceduta nel frattempo E.F., successivamente A. M., non avendo la sentenza disposto il rilascio in suo favore del bene assegnatole, con atto di citazione notificato il 7-4-2000 conveniva in giudizio A.B. dinanzi al Tribunale di Lecce- Sezione Distaccata di Campi, e con ordinanza del 27-3-2001 emessa ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c., il Giudice Unico ordinava al convenuto di rilasciare in favore della sorella M. la parte di immobile alla stessa assegnata dalla sentenza sopra menzionata del 4- 9-1995.

A.B., previa rinuncia alla pronuncia definitiva, proponeva gravame avverso tale ordinanza cui resisteva M. A. dinanzi alla Corte di Appello di Lecce, che con sentenza dell’11-5-2005 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza A.B. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui A.M. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 186 c.p.c., comma 4, censura la sentenza impugnata per non aver considerato che l’immobile in questione era indivisibile e soprattutto inabitabile da parte di due famiglie in assoluto contrasto tra di loro; invero la norma ora menzionata non è applicabile in tutti i casi di rilascio di beni, perchè l’oggetto dell’ordine di rilascio deve essere possibile, determinato ed usufruibile in modo autonomo ed indipendente, mentre nella fattispecie le due suddette porzioni erano comunicanti ed avevano in comune il bagno ed il corridoio.

Con il secondo motivo A.B., deducendo omessa motivazione, sostiene che il giudice di appello non ha esaminato l’aspetto più rilevante della questione, che era quello di accertare in via preliminare se la porzione di pertinenza di A.M. potesse o meno essere oggetto di rilascio; tale indagine avrebbe consentito di appurare che, data la situazione strutturale, l’immobile era indivisibile, e che pertanto la suddetta porzione non era suscettibile di essere rilasciata ex art. 186 c.p.c., comma 4.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono inammissibili.

La Corte territoriale ha rilevato il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva del Tribunale di Lecce del 4-9-1995 che, dopo aver dichiarato sciolta la comunione ereditaria dei beni relitti da A.A. ed aver dichiarato esecutivo il progetto di divisione redatto dal CTU, aveva assegnato a A.B. la porzione dell’immobile sito in Campi Salentina contrassegnata nella relazione tecnica con la lettera A) ed a A.M. quella contraddistinta con la lettera B); pertanto, premesso che tale statuizione del giudice di appello non è stata oggetto di censure in questa sede, ne consegue che la questione sollevata con i motivi in esame, relativa alla asserita indivisibilità dell’immobile oggetto di comunione ereditaria tra le parti, è ormai preclusa dal giudicato.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1152 c.c. e art. 295 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, assume che erroneamente la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di sospensione del giudizio promosso dalla controparte avente ad oggetto il rilascio della porzione a lei assegnata fino alla definizione del giudizio pendente tra le stesse parti riguardante il diritto dell’esponente alle indennità per i miglioramenti apportati a suo tempo sull’immobile per cui è causa;

infatti, se all’esponente sarà riconosciuta l’indennità suddetta, egli avrà diritto di ritenzione sulla quota dell’immobile di spettanza di A.M..

La censura è infondata.

Il giudice di appello ha affermato che il diritto di ritenzione invocato da A.B. non impediva l’emanazione dell’ordine di rilascio della porzione di immobile assegnata a A.M. in quanto, mentre, come già osservato, la sentenza che aveva assegnato tale porzione a quest’ultima era passata in giudicato, il giudizio relativo ai miglioramenti pendeva ancora dinanzi al Tribunale e non aveva carattere pregiudiziale rispetto alla definizione della presente controversia.

Orbene tale convincimento è corretto, posto che la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. è disposta quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, ovvero quando la pronuncia da assumere in detta altra causa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, essendo idonea a spiegare effetti vincolanti, con l’autorità propria del giudicato, in quanto suscettibile di definire, in tutto o in parte, le questioni oggetto del giudizio da sospendere; tale ipotesi è quindi del tutto estranea alla fattispecie, laddove l’esito del giudizio relativo ai miglioramenti richiesti dall’ A. è inidoneo in radice a produrre tali effetti nel presente giudizio che, avendo ad oggetto l’ordine di rilascio in favore di A.M. della porzione dell’immobile ad essa assegnato con sentenza passata in giudicato, è stato promosso onde ottenere una pronuncia avente natura meramente consequenziale a detta sentenza.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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