Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29785 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

GIOVANNI ANCESCHI SRL (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore Ing. A.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 76, presso lo studio dell’avvocato

SELVAGGI CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

JUNGINGER GIORGIO;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI FIMPAR SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 240/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 31/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2011 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio che ha concluso per l’inammissibilà del ricorso e in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società ANCESCHI acquistava un immobile con servitù di veduta nel suo lato nord-est a carico del confinante terreno agricolo. La servitù veniva indicata nell’atto di trasferimento, ma successivamente non risultava trascritta. La società oggi ricorrente, per evitare la costruzione in aderenza sul confinante terreno, iniziava un giudizio di accertamento dell’esistenza di tale servitù nei confronti anche della società odierna intimata, acquirente a sua volta del terreno confinante, dal precedente unico proprietario. Nell’atto di acquisto da parte di quest’ultima società non risultava indicata l’esistenza di tale servitù. Entrambi gli immobili erano originariamente dello stesso proprietario, che aveva venduto diverse porzioni a soggetti diversi. In subordine chiedeva che fosse dichiarata l’intervenuta l’usucapione della veduta e comunque l’acquisto per destinazione del padre di famiglia.

Il tribunale di Milano rigettava le domande perchè non provate. La corte d’appello rigettava l’impugnazione della srl Anceschi osservando che correttamente il primo giudice, sulla base delle foto in atti prodotte dallo stesso appellante, aveva ritenuto che in concreto mancasse alle aperture presenti sul muro sul lato nord-est dell’immobile la possibilità della affaccio per una veduta completa, necessaria per esercitare la servitù di veduta, stante la presenza di grate o di inferriate. Spettava, quindi, all’appellante provare invece che, pur in presenza di grate e di inferriate, fosse possibile l’affaccio e la vista laterale, in alto e in basso, veduta che risultava esclusa dalle grate presenti. Era rimasto del tutto sfornito di prova, a giudizio della corte territoriale, l’esercizio del possesso ai fini dell’acquisto della servitù di veduta per intervenuta usucapione.

La ricorrente formula tre motivi di ricorso. Nessuna attività in questa sede ha svolto la intimata. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

Col primo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione. Afferma di aver fornito con foto la prova della possibilità della veduta. I giudici di merito non avevano invece “affrontata la problematica relativa alla domanda svolta” perchè non era stata considerata la situazione dei luoghi nei vent’anni di esercizio del servitù. La Corte di appello nella sua motivazione non aveva fatto alcun riferimento all’esistenza di foto risalenti all’epoca di realizzazione dei capannoni. Nè il giudice aveva ritenuto disporre di ufficio una c.t.u.. La Corte territoriale aveva escluso l’usucapione in ragione della situazione di fatto esistente al momento dell’inizio della controversia, senza considerare che le grate che impedivano la prospectio erano state poste in concomitanza con l’inizio del lavoro sul fondo vicino.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione per non aver la Corte territoriale valutato ai fini della usucapione la documentazione fotografica relativa al momento della edificazione del fabbricato dell’attore e quella relativa al momento della costruzione del fabbricato sul fondo della convenuta.

Con il terzo motivo viene dedotta relazione degli artt. 1072, 1073, 1074 e 1075 cod. civ., posto che la presenza delle grate non poteva comportare l’estinzione dei servitù prima del decorso del ventennio.

2. Il ricorso è infondato e va respinto.

I primi due motivi, in quanto strettamente tra loro connessi, possono essere trattati congiuntamente. Sono entrambi infondati.

In primo luogo occorre rilevare l’inammissibilità della censura nella parte in cui si prospetta la questione, che appare nuova, relativa all’apposizione delle grate al momento della costruzione dell’immobile sul fondo confinante. Dalla lettura della sentenza impugnata, tale questione non risulta essere stata proposta nel giudizio d’appello e resta quindi preclusa.

Quanto agli aspetti relativi alla mancata integrale valutazione del materiale probatorio (foto risalenti al momento della edificazione dell’immobile in questione) e del mancato esercizio del potere da parte del giudice di disporre CTU al riguardo, occorre osservare che la Corte territoriale ha osservato che l’appellante “aveva mostrato di non aver interesse a chiedere istruttoria al riguardo, non essendosi presentato nell’udienza istruttoria destinata al tentativo di conciliazione e alla eventuale ammissione di c.t.u., nè tali istanze aveva fatto in sede di precisazione delle conclusioni”.

Pertanto, correttamente la Corte territoriale aveva giudicato con riguardo all’onere della prova e alla relativa attività processuale svolta. Quanto alla mancata disposta CTU basta richiamare il consolidato indirizzo di questa Corte che ritiene che la consulenza tecnica d’ufficio un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario, potendosi la motivazione dell’eventuale diniego essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitaramente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. n. 15219 del 2007 rv. 598312). Al riguardo, la Corte territoriale ha specificamente valorizzato il comportamento processuale tenuto dalla parte e ha semplicemente considerato che le grate apposte (che risultavano nelle foto prodotte dall’appellante) non consentivano una completa veduta con ciò escludendosi ogni presupposto per l’esistenza della servitù così come dedotta.

Il terzo motivo appare inammissibile, perchè prospetta una questione del tutto nuova (quella relativa alla estinzione della servitù, che doveva invece essere provata), che comunque appare non pertinente rispetto alla ratio decidendi.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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