Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29784 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 29/12/2011), n.29784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.M., rappresentato e difeso, per procura in calce al

ricorso, dall’Avvocato Belardinelli Maurizio, elettivamente

domiciliato in Roma, via della Giuliana n. 82, presso lo studio

dell’Avvocato Vittorio Suster;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso gli uffici della quale in Roma, via dei Portoghesi n.

12, è domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Ancona n. 1014 del 2005,

depositata in data 29 dicembre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Francesco Bevivino per delega;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Giudice di pace di Ancona ha parzialmente accolto l’opposizione proposta da T.M. avverso l’ordinanza- ingiunzione del Ministero della Salute, Dipartimento della qualità, Direzione generale delle risorse umane e delle professioni del 19 luglio 2005, con la quale gli era stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 5.146,56, per avere effettuato pubblicità sanitaria, vietata dal R.D. n. 12 65 del 1934, rideterminando la sanzione nella misura minima edittale;

che il Giudice di pace, sul rilievo che era stato provato che l’opponente aveva apposto all’esterno dell’edificio sito in (OMISSIS) una targa riportante la dicitura “Dott. M. T. Medico Chirurgo Odontoiatra”, in assenza dell’autorizzazione del Sindaco, previo nulla osta dell’ordine professionale, e che tale condotta violava il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 201 TULS, ha disatteso l’assunto dell’opponente, secondo cui la L. n. 175 del 1992 avrebbe disciplinato ex novo la materia della pubblicità delle professioni sanitarie, con conseguente applicabilità della sola sanzione disciplinare prevista dalla legge stessa e non anche di quella amministrativa irrogata dall’autorità amministrativa;

che in particolare, il giudicante ha rilevato che l’omissione contestata all’opponente rivestiva sia carattere di illecito amministravo, ai sensi del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 201 TULS, sia di illecito disciplinare, non essendo condivisibile la tesi dell’intervenuta abrogazione tacita dell’art. 201 citato, stante la diversità dell’ambito materiale disciplinato dalle due fonti;

che la cassazione di questa sentenza è chiesta da T. M. sulla base di un motivo;

che il Ministero della Salute ha resistito con controricorso;

che l’amministrazione resistente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 175 del 1992, art. 3 sostenendo che il Giudice di pace avrebbe errato nell’escludere che la legge citata – nel disciplinare integralmente la pubblicità delle professioni sanitarie, delle case di cura e degli ambulatori, stabilendo che per l’esercizio di detta pubblicità, in assenza di autorizzazione del Sindaco, gli esercenti delle professioni sanitarie sono assoggettati alle sanzioni disciplinari della censura o della sospensione dall’esercizio della professione sanitaria ai sensi del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 40 – abbia abrogato il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 201, ai sensi dell’art. 15 delle preleggi;

che il ricorso è infondato alla luce del principio, di recente ribadito da questa Corte e condiviso dal Collegio, secondo cui la L. 5 febbraio 1992, n. 175, recante norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie, comminando la sospensione dall’esercizio professionale a carico di coloro che effettuino pubblicità senza l’autorizzazione ovvero con mezzi e forme non disciplinati dalla legge, non prevede una contravvenzione amministrativa ma una fattispecie di illecito disciplinare. Deve, pertanto, escludersi che detta legge abbia comportato la tacita abrogazione del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 201 (Testo unico delle leggi sanitarie), che assoggetta a sanzione amministrativa pecuniaria la violazione delle norme sulla pubblicità in materia sanitaria da esso previste (Cass. n. 5727 del 2 010; nonchè, ivi richiamate: Cass., Sez. Un., 14 ottobre 1998, n. 10151; Cass., Sez. 2, 28 maggio 2008, n. 14006);

che il ricorrente non adduce argomenti idonei a pervenire a conclusioni difformi da quelle affermate con il richiamato consolidato orientamento;

che il ricorso deve quindi essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese eventualmente prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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