Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29781 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32117-2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GRAZIA CONTE,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADRE SEMERIA

63, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUCE STEFANIA STASI,

rappresentato e difeso dall’avvocato UBALDO MACRI’;

– controricorrente –

avverso il decreto della n. R.G. 214/2017 CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositato il 23/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Lecce con decreto in data 23/4/2018, pronunciando in sede di reclamo avverso il provvedimento del Tribunale di Lecce sulla istanza di revoca dell’assegno divorzile proposta da P.A., ha confermato la revoca dell’assegno a favore della moglie dopo aver accertato la stabile convivenza di quest’ultima con il suo nuovo compagno. Avverso tale decreto ha proposto ricorso in cassazione M.M. Anna affidato a tre motivi e memoria. P.A. resiste con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e della L. 898 del 1970, art. 5, comma 10, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale ha ritenuto provata la convivenza di M.M. con il suo nuovo compagno M.S. sulla base della relazione investigativa prodotta dall’ex-coniuge e non ha invece tenuto conto del materiale probatorio offerto dalla ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. 898 del 1970, art. 5, comma 10, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito revocato l’assegno divorzile equiparando la convivenza di fatto alle nuove nozze e motivato con affermazioni contraddittorie basando la decisione su considerazioni illogiche. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito omesso di considerare che non esisteva alcuna stabile e continuativa convivenza ultratriennale tra la ricorrente ed il nuovo compagno con condivisione degli impegni economici gravanti su entrambi e che non vi era alcuna famiglia di fatto che esonerava l’ex coniuge dall’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere il giudice di merito omesso di motivare sulla richiesta di ascolto di persone informate sui fatti.

Il ricorso proposto deve essere rigettato.

Sulla questione preliminare se sia o meno ricorribile per cassazione il decreto pronunciato dalla Corte di Appello occorre richiamare Sez. U, Sentenza n. 22238 del 21/10/2009 relativamente ai provvedimenti del tribunale di revisione delle disposizioni sulla misura dell’assegno e reclamo alla corte d’appello: “Il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni accessorie alla separazione, in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonchè caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure “rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure sommariamente, può essere censurato anche per carenze motivazionali, le quali sono prospettabili in rapporto all’art. 360 c.p.c., u.c., nel testo novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al comma 1, n. 5, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata.”

Ciò premesso M.M. agisce per la riforma del decreto della Corte di Appello di Lecce che ha eliminato l’assegno divorzile a suo favore ed a carico dell’ex marito P.A. stante la convivenza more uxorio della ricorrente con M.S..

In generale i motivi di ricorso contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte di Appello, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto deduce, a sostegno della denuncia della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la errata o illogica valutazione delle circostanze di fatto poste a base della decisione (cfr. tra molte: Cass. n. 13960/14; n. 27000/16; n. 1229/20).

Il secondo motivo di ricorso è palesemente infondato ove deduce l’inapplicabilità della L. 898 del 1970, art. 5, comma 10, alla convivenza more uxorio.

Infatti Sez. 1, Sentenza n. 6855 del 03/04/2015: “L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.” (vedi sul punto anche Cass.civ. n.2466 dell’8/2/2016).

Il motivo risulta inoltre inammissibile in quanto censura la valutazione espressa dalla Corte sulla sussistenza nella specie degli elementi della convivenza stabile senza peraltro neppure sottoporre a specifica contestazione la affermazione in sentenza in ordine alla circostanza “pacifica” della durata della convivenza con M.S. dal 2010, confermata dalle testimonianza dell’investigatore relativamente alla situazione nel 2016.

Il terzo motivo di ricorso si palesa infondato là dove lamenta l’omesso esame di fatti secondari che invece risultano esaminati nella sentenza impugnata, ed inammissibile là dove si duole dell’omesso esame di due circostanze (cfr. nn. 2 e 5 di pag.17 ricorso) senza indicare dove e come esse fossero state introdotte nel giudizio di merito.

Infine inammissibile si palesa anche il quarto motivo di ricorso, non contenendo alcuna specifica indicazione circa le circostanze di fatto che la ricorrente avrebbe chiesto di provare, e neppure sulla collocazione nel fascicolo degli atti contenenti tale istanza istruttoria (cfr. Cass. n. 19985 del 10/08/2017).

Il ricorso deve quindi essere rigettato con condanna alle spese del giudizio di legittimità.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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