Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29781 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 15/11/2019), n.29781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13435-2018 proposto da:

C.M.E., rappresentata e difesa dall’avvocato

ELISABETTA DI MATTEO e domiciliata presso la cancelleria della Corte

di Cassazione

– ricorrente –

contro

VALASSI COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato CRISTINA SCACCABAROZZI

e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5172/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Valassi Costruzioni S.r.l. evocava in giudizio C.M.E. innanzi il Tribunale di Lecco, esponendo di aver realizzato, in virtù di appalto concluso con la convenuta in data 22.7.2009, un edificio ed invocando la condanna della committente al pagamento del saldo del corrispettivo pattuito.

La convenuta, costituendosi, resisteva alla domanda invocando a sua volta, in via riconvenzionale, la condanna dell’appaltatore al risarcimento del danno derivante dal mancato rispetto della relazione energetica allegata al progetto di realizzazione dell’immobile.

Con sentenza n. 649/2015 il Tribunale di Lecco accoglieva la domanda principale rigettando quella riconvenzionale.

Interponeva appello avverso detta decisione C.M.E. e si costituiva in seconde cure la Valassi Costruzioni S.r.l. resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 5172/2017, la Corte di Appello di Milano rigettava l’appello condannando l’appellante alle spese del grado, ritenendo che nel contratto di appalto fosse stata prevista la sola realizzazione delle opere di edificazione come da progetto approvato dall’ente locale competente, e non anche l’obbligo dell’appaltatore di rispettare le prescrizioni contenute negli elaborati allegati al progetto stesso che, pur previsti dalla legge ai fini del rilascio del titolo autorizzativo, non erano stati poi espressamente richiamati nell’ambito del contratto concluso tra le parti.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.M.E. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso Valassi Costruzioni S.r.l.

A seguito della proposta del relatore ex art. 380-bis c.p.c., la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1460 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel non ritenere che le prescrizioni del progetto energetico previsto dalla L. n. 10 del 1991, fossero immediatamente cogenti per l’appaltatore anche in difetto di espressa previsione contrattuale. Trattandosi infatti di documenti progettuali richiesti dalla legge per l’ottenimento del titolo autorizzativo finalizzato alla costruzione dell’immobile, il loro contenuto avrebbe dovuto essere ritenuto immediatamente precettivo per l’appaltatore, analogamente a qualsiasi altra prescrizione contemplata nel titolo autorizzativo.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in via subordinata, un ulteriore profilo di violazione dell’art. 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte territoriale avrebbe dovuto comunque ritenere l’appaltatore obbligato ad eseguire le opere almeno secondo la classe energetica intermedia prevista dalla normativa vigente (cosiddetta classe “B”) alla luce del principio per cui l’appalto va eseguito comunque secondo buona fede. Ad avviso della ricorrente, in sostanza, anche ammettendo -in ipotesi- che la committente non possa pretendere l’esecuzione delle opere in classe “A”, l’appaltatore non sarebbe legittimato comunque ad eseguirle in classe “C”/ ma le dovrebbe almeno consegnare in modo tale da assicurare il rispetto delle prescrizioni della classe intermedia.

Le due censure, che per la loro connessione possono essere trattate congiuntamente, sono inammissibili.

Si tratta infatti di doglianze attinenti il procedimento di qualificazione giuridica del contratto, sotto il profilo dell’individuazione della comune volontà delle parti, che costituisce un tipico accertamento riservato al giudice di merito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv.646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006 Rv.586972), la cui richiesta di revisione in questa sede si risolve in una censura attinente all’interpretazione del fatto, preclusa in cassazione (Cass. Sez.U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

La Corte di Appello, invero, ha interpretato la volontà negoziale delle parti, giungendo alla conclusione che la mancata menzione, nel contratto di appalto, delle prescrizioni contenute nella relazione energetica allegata al progetto di realizzazione del nuovo edificio non implicasse l’obbligo dell’appaltatore di rispettare le prescrizioni contenute nella prima. In proposito va ribadito il principio secondo cui “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., mentre la seconda -concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente- risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv.646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972). Nel caso di specie la Corte ambrosiana ha correttamente applicato la norma, posto che questa Corte ha avuto modo di affermare che “In tema di contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformità totale e parziale. Nel primo caso, che si verifica ove l’edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l’opera è da equiparare a quella posta in essere in assenza di concessione, con conseguente nullità del detto contratto per illiceità dell’oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullità non sussiste” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30703 del 27/11/2018, Rv. 651755). In considerazione di tale principio, e precisandone la portata, deve ritenersi che l’appaltatore sia tenuto esclusivamente al rispetto delle prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo e di quelle, eventualmente diverse od ulteriori, derivanti dal contratto sottoscritto dalle parti, senza che gli si possano opporre tutte le prescrizioni contemplate nella cospicua documentazione allegata al progetto di realizzazione dell’edificio, ov’esse non siano, appunto, state espressamente richiamate nel contratto di appalto.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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