Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29780 del 12/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/12/2017, (ud. 04/10/2017, dep.12/12/2017),  n. 29780

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 38/2011, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale di Verona di rigetto della domanda proposta dall’avvocato C.N. nei riguardi della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, per ottenere la pensione di anzianità – avendone maturato il requisito assicurativo e contributivo mediante totalizzazione della contribuzione versata presso l’INPS dal luglio 1970 al marzo 1981 con gli anni di contribuzione alla Cassa compresi tra aprile 1981 e gennaio 2006- pur non avendo provveduto alla propria cancellazione dall’albo professionale.

La Corte territoriale ha osservato che la L. n. 576 del 1980, art. 3, che subordina la corresponsione della pensione di anzianità alla cancellazione dall’albo, non è stata abrogata implicitamente dal d.lgs. 42/2006 che si è limitato a consentire la totalizzazione della contribuzione senza incidere sulla specifica disciplina preesistente presso la gestione interessata.

Avverso la sentenza d’appello l’avvocato C.N. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense resiste con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – denunciando nullità della sentenza e o del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare tutte le ragioni addotte nei motivi d’appello risolvendo la questione con argomentazioni estranee alle difese delle parti.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione per non avere considerato il fatto, controverso e decisivo, della illegittimità della delibera del Consiglio di Amministrazione della Cassa forense n. 279 del 23 giugno 2006 alla luce del D.Lgs. n. 42 del 2006, posto che l’avvocato C. aveva domandato il riconoscimento del diritto all’erogazione della pensione totalizzata e non della pensione di anzianità presso la Cassa forense, per cui aveva diritto all’applicazione della relativa disciplina e non all’applicazione delle regole proprie della pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense che prevede il presupposto della cancellazione dagli albi professionali, ai sensi della L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 3.

3. Il primo motivo è infondato. La denuncia di nullità della sentenza si fonda sull’affermazione di novità delle ragioni addotte dalla Corte territoriale per risolvere la questione controversa. In verità, la sentenza compie una valutazione sistematica delle disposizioni del D.Lgs. n. 42 del 2006, e ne deduce che l’introduzione della facoltà di totalizzazione dei contributi non abbia comportato modifiche sulle condizioni ulteriori richieste per l’erogazione del trattamento pensionistico di anzianità- a carico della Cassa nazionale forense. Si tratta, quindi, di un giudizio di rilievo esclusivamente giuridico relativo al sistema normativo già dedotto in causa che non imponeva alla Corte d’appello di Venezia di vagliare le singole argomentazioni delle parti o del primo giudice ben potendo scegliere un proprio percorso argomentativo anche difforme rispetto a quello seguito in primo grado o nell’atto d’appello.

Questa Corte di cassazione ha, infatti, affermato che la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via), non è nulla in quanto, da tale omissione può solo derivare un vizio di “errore in iudicando”, ovvero di “error in iudicando de iure procedendi”, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato qualora, invece, si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini (Cass. 16.2.2016 n. 2984; SS.UU. 20935/2009).

4. Il secondo motivo è infondato. Il contesto normativo in cui si inserisce la fattispecie di cui si discute è costituito dal D.Lgs. n. 42 del 2006, e dalla L. n. 576 del 1980, art. 3; in particolare, vi è contrasto sulla individuazione delle concrete modalità di completamento della fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità in favore dell’avvocato che intenda avvalersi della totalizzazione di due periodi contributivi costituiti l’uno presso l’Inps e l’altro presso la Cassa forense. In altri termini, va verificato se la totalizzazione della diversa contribuzione versata incida anche sulla condizione specifica della cancellazione dagli albi richiesta dalla normativa professionale.

Dal punto di vista della ricostruzione storico – sistematica dell’istituto della totalizzazione è opportuno osservare che:

– a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 61/1999, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 45 del 1990, artt. 1 e 2, laddove non prevedevano che ai liberi professionisti che non avessero maturato il diritto a pensione, oltre alla ricongiunzione dei periodi contributivi spettasse la facoltà di scelta fra la ricongiunzione onerosa e la totalizzazione gratuita dei periodi contributivi ai fini del conseguimento di una pensione unica, venne introdotto la L. n. 38 agosto 2000, art. 71, che ha esteso l’ambito di applicazione della totalizzazione ai lavoratori le cui pensioni erano liquidate con il sistema retributivo o misto, senza tuttavia abrogare le precedenti disposizioni precedenti contenute nel D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 1, che continuava ad avere riguardo ai i lavoratori le cui pensioni erano liquidate esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo;

– per aver diritto alla totalizzazione, anche per il legislatore del 2000, i periodi di contribuzione da cumulare non devono essere coincidenti, il lavoratore non deve aver maturato il diritto a pensione nel regime generale, nei regimi speciali sostitutivi, esclusivi o esonerativi di quello generale, ed anche nei regimi “privatizzati” di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994, e D.Lgs. n. 103 del 1996, nei quali egli sia, o sia stato, iscritto; inoltre, anche questa ulteriore fattispecie di totalizzazione non è prevista per il conseguimento della pensione di anzianità, ma soltanto per il conseguimento delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti;

– interviene, dunque, la Corte costituzionale che con la sentenza n. 198 del 2002 ha affermato che, nel nostro ordinamento, la totalizzazione dei periodi di contribuzione non è un istituto di “carattere generale” ed il precedente esaminato dalla sentenza n. 61/1999 della stessa Corte è chiaramente delimitato al caso specifico “del lavoratore che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali è stato iscritto”; la Corte costituzionale, inoltre, afferma che la funzione e le finalità della totalizzazione è quella di consentire al lavoratore di cumulare, anche ai fini della misura della pensione, i contributi che, in ragione dei percorsi lavoratori intrapresi, siano stati versati a diverse istituzioni previdenziali”, risponde soprattutto “ad un’esigenza di politica sociale legata alla crescente flessibilità dei rapporti di lavoro”;

– Su tali basi interviene la L. n. 243 del 2004, (di riforma del sistema previdenziale e pensionistico) che delega al Governo di adottare uno o più decreti legislativi per “rivedere” e “ridefinire” la disciplina della totalizzazione, estendendone ulteriormente “l’operatività”. Le deleghe contenute nella L. n. 243 del 2004 sono attuate con il D.Lgs. n. 42 del 2006, che estende, per quanto ora di interesse, la totalizzazione anche ai lavoratori che già abbiano maturato il diritto a pensione presso uno dei regimi previdenziali di iscrizione, ma non siano ancora titolari di “trattamento pensionistico autonomo” e la possibilità di cumulare i contributi viene prevista per il conseguimento (oltre che delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti) anche della pensione di anzianità (D.Lgs. n. 42 del 2006, art. 1 comma 1). E’, inoltre, previsto che sia l’Inps (e non più separatamente le singole gestioni) ad erogare le quote di pensione che esse stesse liquidano, previa stipulazione di “apposite convenzioni con gli enti interessati”.

6. La disciplina dettata dal D.Lgs. n. 42 del 2006, prevede, poi, che ogni singola quota della pensione “totalizzata” sia calcolata (non più sulla base dei requisiti e secondo i criteri stabiliti da ciascun ordinamento, ma) “esclusivamente con le regole del sistema contributivo.

Inoltre, è previsto che il diritto a pensione sorga soltanto a condizione che: il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contribuzione e abbia raggiunto un’età di 65 anni, ovvero abbia maturato un’anzianità contributiva di almeno 40 anni, indipendentemente dall’età; sussistano gli ulteriori, eventuali, requisiti (diversi dall’età anagrafica e dall’anzianità contributiva) previsti “dai rispettivi ordinamenti per l’accesso alla pensione di vecchiaia”; i periodi di contribuzione siano considerati “tutti e per intero”; la L. n. 247 del 2007, infine, ha ulteriormente ampliato i limiti soggettivi di utilizzabilità della totalizzazione modificando anche il D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 1, comma 1, abrogando le parole “che non abbiano maturato in alcuna delle predette forme il diritto al trattamento previdenziale”.

7. Da quanto si è fin qui esposto emerge con chiarezza che la disciplina della totalizzazione non ha in alcun modo lambito le regole di erogazione dei trattamenti pensionistici di anzianità proprie di ogni singolo ordinamento interessato dalla totalizzazione contributiva, alla luce del disposto del D.Lgs. n. 148 del 1997, art. 1, comma 3, limitandosi a consentire di valorizzare effettivamente tutti i contributi versati dal lavoratore nel corro della sua intera vita lavorativa, per conseguire il diritto a pensione, o ad una pensione più elevata.

8. Deve, quindi, disattendersi la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui il D.Lgs. n. 42 del 2006, avrebbe introdotto sostanzialmente una nuova fattispecie di trattamento pensionistico di anzianità con l’effetto, nel caso di specie, di far venir meno l’obbligo di cancellazione dagli albi professionali previsto dalla disposizione in tema di pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (L. n. 476 del 1980, art. 3) che prevede: “La pensione di anzianità è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno 35 anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa. La corresponsione della pensione è subordinata alla cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore, ed è incompatibile con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi Attività di lavoro dipendente. La pensione è determinata con applicazione dei commi dal primo al quinto dell’art. 2. Verificandosi uno dei casi di incompatibilità di cui al secondo comma, la pensione di anzianità è revocata con effetto dal momento in cui si verifica l’incompatibilità”.

9. La disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima (Corte cost. 28 febbraio 1992, n. 73), “nella parte in cui prevede l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dagli albi di avvocato e di procuratore, e con qualsiasi attività di lavoro dipendente”. Deve, quindi, affermarsi che la cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore concorre ad integrare, con la prevista anzianità di iscrizione e contribuzione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense di almeno trentacinque anni – la fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità a carico della stessa Cassa (vedi Cass. n. 1311/98, nonchè Cass. n. 11935/2004, 8347/2003, 6571/2001, con riferimento alla analoga cessazione dell’attività lavorativa, quale requisito per l’accesso alla pensione di anzianità in favore di lavoratori dipendenti ed a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti).

10. La presenza di tale presupposto è stata ritenuta conforme a Costituzione (artt. 3 e 4, art. 35, comma 1, e art. 38, comma 2) – secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (n. 73/1992; n. 362/1997) – in quanto si tratta di una condizione che, analogamente alla pensione di anzianità dei lavoratori subordinati, è concepita come forma di riconoscimento e di premio a coloro che hanno adempiuto il dovere prescritto dall’art. 4, secondo comma, Cost. con una partecipazione assidua a un’attività di produzione sociale durata almeno trentacinque anni, sia che la si intenda “come anticipo del godimento della pensione concesso in considerazione del presumibile logoramento psico-fisico sopravvenuto dopo un lungo periodo di attività professionale” (Corte cost. n. 73/92). Inoltre, l’erogazione della pensione di anzianità, secondo Corte cost. n. 362/97, “consegue ad una libera scelta dell’interessato” ed è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa per quasi tutti i lavoratori, subordinati ed autonomi (vedi Corte cost. n. 73/92, cit.).

11. Peraltro questa Corte di legittimità (Cass. n. 11935/2004, 8347/2003, 6571/2001) ha affermato che il requisito della cessazione di ogni attività lavorativa subordinata – per l’accesso dei lavoratori dipendenti alla pensione di anzianità (fin dalla istituzione della pensione stessa ai sensi della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 22, non è mutato neanche dopo la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare (L. 8 agosto 1995, n. 335) – avendone questa modificato soltanto i requisiti assicurativi e contributivi (stessa L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 25 e ss., cit.). Di conseguenza, non è configurabile l’asserita abrogazione tacita (ai sensi dell’art. 15 preleggi) della disposizione (L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 3, cit.) – che prevede, appunto, l’analogo requisito della cancellazione dall’albo professionale, per l’accesso alla pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense – a seguito dell’entrata in vigore della stessa legge di riforma (L. n. 335 del 1995, cit.) e, segnatamente, in dipendenza della armonizzazione alle pensioni di anzianità a carico dell’AGO (art. 3, comma 12, penultimo periodo) – quanto a requisiti (assicurativi, appunto, e contributivi) per l’accesso (di cui all’art. 1, comma 25 e ss., cit., appunto) – dei pensionamenti anticipati di anzianità a carico degli enti previdenziali privatizzati (quale la Cassa resistente).

12. Peraltro gli stessi enti – anche dopo la privatizzazione (ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509) – “continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato (…), rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni, (e) continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione” (stesso D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1, cit.). Coerentemente, è rimasta immutata – in difetto di qualsiasi abrogazione, deroga o modifica – anche la disposizione (L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 3, cit.) – quale si legge dopo la sentenza di parziale accoglimento della Corte costituzionale (sentenza n. 73 del 1992, cit.) – che prevede – la cancellazione dall’albo professionale degli avvocati e procuratori, quale requisito per l’accesso alla pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense.

13. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3500,00 per diritti, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2017

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