Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29776 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. I, 29/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 29/12/2020), n.29776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27790/2018 proposto da:

Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Crotone, e Ministero

dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliati in

Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato, che li rappresenta e difende ex lege;

– ricorrenti –

contro

Q8 Quaser s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in Roma Viale Giulio Cesare 14, presso lo

studio dell’avvocato Mario Panebianco, che lo rappresenta e difende

in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 533/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

udito l’Avvocato dello Stato EMANUELE FEOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 22/3/2018 la Corte di appello di Catanzaro ha respinto, con aggravio delle spese del grado, l’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Crotone avverso la sentenza del 14/4/2016 del Tribunale di Catanzaro che, giudicando nei giudizi riuniti di opposizione ai decreti ingiuntivi n. 438 e 439 del 2013, richiesti da Q8 Quasar s.r.l. per il pagamento di spese di noleggio di automezzi, di materiali tecnici di officina e di impianti di distribuzione di carburanti, aveva revocato il primo decreto e rigettato l’opposizione avverso il secondo, condannando le Amministrazioni opponenti al pagamento delle spese di lite.

2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso il Ministero dell’Interno e il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Crotone, svolgendo unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la Q8 Quaser s.r.l., chiedendone la dichiarazione di inammissibilità o rigetto.

2.1. Con il motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1218,1182 c.c., del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 278, lett. d), art. 287 e art. 651 e del D.P.R. n. 367 del 1994, art. 1, comma 3, 5, commi 4 e 5, art. 6, comma 1.

I ricorrenti contestano la correttezza dell’assunto della Corte territoriale, secondo cui ai fini di ritenere la liberazione dell’Amministrazione statale dalle obbligazioni pecuniarie non è sufficiente l’emissione dell’ordinativo di pagamento nei confronti della sezione di Tesoreria provinciale dello Stato, ma occorre la prova ulteriore che l’operazione di accreditamento sia andata a buon fine con l’effettiva riscossione delle somme da parte del creditore.

I ricorrenti sostengono che, così ragionando, la Corte di appello di Catanzaro aveva ignorato la disciplina pubblicistica in tema di contabilità dello Stato e aveva pertanto illegittimamente equiparato il regime giuridico delle obbligazioni pecuniarie dello Stato a quello delle obbligazioni dei soggetti privati.

2.2. Dopo la proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata, la parte controricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria le proprie difese.

Con ordinanza interlocutoria del 14/2-10/4/2020 la 6 Sezione ha disposto la trattazione del ricorso alla pubblica udienza della 1 Sezione civile, ravvisando il rilievo nomofilattico della pronuncia.

Le parti ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Le parti ricorrenti sostengono che la Corte di appello di Catanzaro ha errato quando non ha ritenuto sufficiente per la liberazione dell’Amministrazione statale dalle obbligazioni pecuniarie l’emissione dell’ordinativo di pagamento nei confronti della sezione di Tesoreria provinciale dello Stato, ma ha preteso la prova ulteriore che l’operazione di accreditamento fosse andata a buon fine con l’effettiva riscossione delle somme da parte del creditore, perchè così ragionando, ha ignorato la disciplina pubblicistica in tema di contabilità dello Stato, con la conseguente illegittima equiparazione del regime giuridico delle obbligazioni pecuniarie dello Stato a quello delle obbligazioni dei soggetti privati.

La Corte di appello, infatti (trattando delle somme ingiunte con il decreto ingiuntivo n. 439/2013 perchè per quelle oggetto del decreto 438/2013 l’accreditamento era andato a buon fine e il decreto opposto era stato revocato dal Tribunale) non ha ritenuto sufficiente l’emissione dell’ordinativo di pagamento ma ha sostenuto che questo deve venir anche riscosso dal creditore.

2. Le pronunce di questa Corte citate da parte delle ricorrenti affermano che l’adempimento dell’obbligazione da parte dell’amministrazione statale deve ritenersi eseguito – con conseguente liberazione dalla prestazione dovuta mediante l’emissione dell’ordinativo di pagamento (la cui esecuzione è poi affidata alla Tesoreria), non essendo applicabile la regola del pagamento al domicilio del creditore, stabilita dall’art. 1182 c.c. (Sez. 5, n. 4235 del 02/03/2004, Rv. 570729 – 01; Sez. 5, n. 2843 del 09/02/2010, Rv. 611490 01).

Nello stesso senso, ancor recentemente si è espressa la decisione della Sez.5, n. 13082 del 30/06/2020, secondo cui in caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza Irpeg, l’adempimento della relativa obbligazione da parte dell’amministrazione finanziaria – con conseguente liberazione dalla prestazione dovuta – avviene alla data di emissione dell’ordinativo di pagamento (la cui esecuzione è poi affidata alla tesoreria), non essendo applicabile in materia tributaria la regola del pagamento al domicilio del creditore stabilita dall’art. 1182 c.c.; secondo questa pronuncia, è da tale momento, anche alla luce del disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44-bis che decorre il termine finale degli interessi sulle somme da rimborsare, restando invece irrilevanti sia la data della comunicazione dell’emissione stessa al contribuente (da farsi in termini ragionevoli), sia quella dell’effettivo accredito della somma da rimborsare (il cui ritardo può, semmai, essere fonte di responsabilità per il tesoriere).

Le decisioni citate riguardano però un caso particolare, perchè si riferiscono alla fattispecie dei rimborsi in materia di imposte dirette considerata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44; tale norma individua specificamente quale dies ad quem finale della decorrenza degli interessi la data “dell’ordinativo emesso dall’intendente di finanza”.

Si pone quindi il problema di considerare tale norma e la giurisprudenza relativa come espressiva di una regola particolare, nella quale assume rilievo la funzione assegnata all’emissione dell’ordinativo, ovvero quale emersione di un principio generale, scaturente dalla disciplina invocata dalle ricorrenti del R.D. 23/05/1924 n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato) e dal D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367, secondo cui l’amministrazione statale si libera dell’obbligazione a suo carico con l’emissione dell’ordinativo di pagamento alla tesoreria competente.

3. il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 278, lett. d), recante il Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, dispone che il pagamento delle spese iscritte in bilancio e debitamente liquidate e giustificate viene ordinato mediante ordinativi diretti sulle Tesorerie dello Stato e il successivo art. 287 prevede che gli ordinativi possono emettersi anche per il pagamento di qualsiasi altra spesa quando l’amministrazione lo giudichi opportuno.

L’art. 651 dello stesso R.D. sancisce che i mandati informatici, muniti del visto della ragioneria e, ove previsto, anche della Corte dei conti, non possono essere annullati senza il concorso dell’ufficio emittente e degli uffici che li hanno vistati e che dell’emissione del mandato sia dato avviso al creditore.

L’art. 651, comma 5 prevede che per i pagamenti da effettuare allo sportello o presso gli uffici postali della provincia la sezione di tesoreria competente stampi i documenti sostitutivi e i relativi avvisi per i creditori; che gli avvisi devono contenere i dati essenziali del mandato informatico e possono essere recapitati con procedure elettroniche o con altri analoghi sistemi; che i documenti sostitutivi devono contenere gli elementi del corrispondente mandato informatico; che la sezione o l’ufficio postale acquisiscono sui documenti sostitutivi la firma di quietanza del creditore; che l’amministrazione postale trasmette alla sezione competente, per il rimborso, il documento sostitutivo quietanzato.

Il D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367, art. 6, comma 1, dispone che le amministrazioni provvedono mediante mandati informatici ai pagamenti di cui all’art. 16 del presente regolamento; il precedente art. 5 prevede che l’ordine di pagare dà luogo, a cura della competente Ragioneria, ad apposita transazione sul sistema informativo integrato, a completamento dei dati della clausola di ordinazione della spesa già presenti a sistema, che vengono definitivamente convalidati e che l’insieme delle suddette informazioni costituisce il mandato informatico di cui al successivo art. 6; inoltre la transazione autorizza l’esecuzione del pagamento e abilita la competente Ragioneria a far luogo all’ulteriore corso del titolo dopo aver effettuato le verifiche e i controlli di competenza, nonchè l’aggiornamento delle scritture contabili informatizzate.

4. E’ quindi esatto quanto affermano le ricorrenti: mentre il privato, dopo aver assunto un impegno e aver liquidato e quindi determinato l’ammontare del debito maturato, provvede al diretto pagamento in favore del creditore, rendendo disponibili le somme dovute presso il domicilio di costui, l’Amministrazione statale, dopo aver assunto l’impegno di spesa e aver liquidato l’importo dovuto, completa le proprie incombenze con l’ordinazione della spesa e l’emissione dell’ordine di pagamento, rendendo disponibili le somme presso la Tesoreria di Stato, che è il locus destinatae solutionis; a quel punto è il creditore a doversi attivare presso la Banca d’Italia per chiedere il versamento delle somme presso il proprio conto corrente.

Ciò peraltro presuppone che il creditore sia stato informato dell’emissione dell’ordinativo, adempimento previsto a carico della Tesoreria dal citato R.D. n. 827 del 1924, art. 651, comma 5.

5. Per il corretto inquadramento dei temi in discussione, come lucidamente proposto dalla Procura generale, occorre tener presente l’importante sentenza delle Sezioni Unite n. 3451 del 08/06/1985 (Rv. 441105 – 01; nello stesso senso anche Sez. 3, n. 3934 del 01/07/1985, Rv. 441505 – 01), che ha affermato che il credito pecuniario verso la Pubblica Amministrazione derivante da un contratto di diritto privato diviene liquido ed esigibile, come ogni altro diritto di credito verso soggetti privati, in conformità alle norme comuni del codice civile; che è ammissibile la condanna della Pubblica Amministrazione al pagamento dei debiti pecuniari liquidi ed esigibili rimasti inadempiuti alla scadenza del termine contrattualmente previsto, prescindendo da ogni considerazione per la tempestiva conclusione della procedura contabile; che la Pubblica Amministrazione inadempiente non può paralizzare le domande del privato invocando la mancata emissione del titolo di spesa secondo le norme sulla contabilità generale dello Stato o l’omessa attuazione degli adempimenti previsti da disposizioni interne dell’amministrazione; che lo Stato e gli altri enti pubblici, con riguardo alle obbligazioni pecuniarie assunte con contratto privatistico, sono soggetti alla comune disciplina civilistica, con la conseguenza che, ove rimangano inadempienti alla pattuita data di scadenza dei debiti medesimi (la quale ne determina l’esigibilità), restano tenuti alla corresponsione degli interessi, nonchè esposti alle azioni accordate al creditore dalla normativa civilistica (ivi incluse quella di condanna all’adempimento e quella di risoluzione del contratto per inadempimento); che tale tutela del creditore non viene sacrificata per il solo fatto che i predetti debitori debbano osservare particolari procedure contabili per l’emissione degli ordini di spesa.

Altrettanto ineccepibile appare il rilievo che la riconduzione dei debiti pecuniari della Pubblica Amministrazione alla disciplina generale impone l’applicazione delle regole in tema di buona fede, lealtà, correttezza e diligenza espresse dagli artt. 1175 e 1176 c.c., che sono espressione di principi fondamentali e non derogabili in quanto attuazione del principio di solidarietà dei cui all’art. 2 Cost..

L’esposta ricostruzione appare inoltre coerente alla natura regolamentare e non legislativa del R.D. n. 827 del 1924, acclarata dalla Corte Costituzione che con la sentenza del 26/05/1981, n. 71, ove è stato affermato che l’art. 270 del regolamento di contabilità generale dello Stato approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827, il quale stabilisce che ai debiti pecuniari dello Stato non si applicano i principi del codice civile sugli interessi moratori e sulla responsabilità per ulteriori danni, costituisce una norma regolamentare non sindacabile dal giudice costituzionale; nè, d’altra parte, dall’ordinamento può desumersi altra fonte cui possa farsi risalire il detto principio – che possa ricondursi sul piano della legge formale o di altro atto, ad essa equiparato, soggetto al sindacato della Corte costituzionale.

Per altro verso, quanto alla disciplina degli interessi moratori, la giurisprudenza di questa Corte, ha affermato che in mancanza di prova dell’esistenza di patto contrario al disposto di cui all’art. 1282 c.c., comma 2, sui debiti delle pubbliche amministrazioni sono dovuti i soli interessi moratori, con decorrenza dalla data della costituzione in mora mediante intimazione scritta di cui all’art. 1219 c.c., comma 1 atteso che, in relazione a tali debiti pecuniari, per i quali le norme sulla contabilità pubblica stabiliscono, in deroga al principio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, che i pagamenti si effettuano presso gli uffici di tesoreria dell’amministrazione debitrice, la natura querable dell’obbligazione comporta che il ritardo nei pagamenti non determina automaticamente gli effetti della costituzione in mora ex re, ai sensi dell’art. 1219, comma 2, n. 3 (Sez. 3, n. 5066 del 03/03/2009, Rv. 607654 – 01; Sez. 3, n. 19320 del 03/10/2005, Rv. 586508 01; Sez. 1, n. 19084 del 25/09/2015, Rv. 636676 – 01).

L’unica significativa deroga alla disciplina codicistica attiene alla determinazione del luogo dell’adempimento e scaturisce dalle norme di contabilità pubblica che impone il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni presso gli uffici di tesoreria, configurando le relative obbligazioni come querables.

Infatti nelle cause relative a rapporti di obbligazione aventi ad oggetto somme di denaro dovute da pubbliche amministrazioni, anche diverse da quelle dello Stato ed anche a titolo di interessi per ritardato pagamento, la competenza territoriale secondo il criterio del forum destinatae solutionis spetta all’autorità giudiziaria del luogo in cui hanno sede gli uffici di tesoreria che, secondo le norme della contabilità pubblica, devono provvedere al relativo pagamento a seguito di mandato, in quanto al pagamento delle spese deve provvedere il tesoriere dell’ente, in base al mandato di pagamento e ciò anche nel caso in cui il pagamento debba essere effettuato mediante accreditamento del relativo importo su un conto corrente bancario o postale o mediante commutazione del relativo titolo in vaglia cambiario o postale, costituendo tali forme di adempimento, applicabili su richiesta del creditore ed aventi carattere facoltativo per il titolare dell’ufficio di tesoreria, una mera semplificazione delle modalità di riscossione che non comporta una modificazione del luogo dell’adempimento (Sez. 6 – 1, n. 3505 del 12/02/2020, Rv. 657235 – 01; Sez. 6 – 3, n. 30006 del 21/11/2018, Rv. 651871 – 01; Sez. 6 – 1, n. 6882 del 07/05/2012, Rv. 622380 – 01; Sez. 6 – 3, n. 2265 del 16/02/2012, Rv. 621458 – 01; Sez. 1, n. 24157 del 25/10/2013, Rv. 628203 – 01; Sez. 3, n. 9918 del 26/04/2010, Rv. 612489 – 01; Sez. 3, n. 19320 del 03/10/2005, Rv. 586508 – 01).

In questa logica rientra il recente arresto di questa Corte in tema di interessi corrispettivi, secondo il quale i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili e perciò produttivi di interessi corrispettivi, ai sensi dell’art. 1282 c.c. quando ne sia determinato l’ammontare e se ne possa ottenere alla scadenza il puntuale adempimento, a prescindere dal procedimento contabile di impegno e ordinazione della spesa (c.d. titolo di spesa), che, trattandosi di una regola di condotta interna della Pubblica Amministrazione, costituisce operazione esterna alla fattispecie costitutiva dell’obbligazione logicamente posteriore al suo perfezionamento (Sez. 1, n. 11655 del 16/06/2020, Rv. 657951 – 01).

6. Non appare convincente la tesi esposta dalle Amministrazioni ricorrenti in memoria 26/10/2020 (pag.4) circa la scissione tra il momento di “liberazione” del debitore e quello di “estinzione” dell’obbligazione, suggestivamente corroborata dall’evocazione analogica della funzione di pagamento assunta nella moderna prassi dagli strumenti alternativi di pagamento diversi dalla moneta.

Infatti nel momento in cui l’estinzione del debito (querable) esige la cooperazione ed anzi l’attivazione del creditore non è possibile prescindere dall’informazione recettizia circa la necessità di tali attività positive da parte sua.

7. Tanto premesso, il Collegio ritiene, da un lato, che non possa essere condivisa la totale e completa equiparazione del momento di liberazione del debitore fra i pagamenti della pubblica amministrazione e quelli dei privati, affermata dalla Corte di appello, che ha ragionato in termini di irrilevanza dell’emissione degli ordinativi di spesa in difetto di quietanza appostavi dal creditore, in relazione alle peculiarità della disciplina della contabilità pubblica; d’altro canto, che non si possa neppure accedere alla tesi dell’Amministrazione, ispirata alla dottrina della efficacia esterna della normativa in tema di contabilità statuale e contraddetta dalla natura meramente regolamentare delle norme che la disciplinano secondo la quale la liberazione dell’amministrazione debitrice consegue sic et simpliciter all’emissione dell’ordinativo in difetto di comunicazione al creditore, normativamente prevista come adempimento demandato all’ufficio pagatore R.D. n. 827 del 1924, ex art. 651, comma 5, atto recettizio che pone il creditore in condizione di esigere il pagamento con la presentazione del mandato all’ufficio competente.

Se le peculiarità che connotano il procedimento di pagamento dei debiti delle Amministrazioni statali con l’emissione dell’ordinativo e il coinvolgimento degli uffici della Tesoreria consentono di anticipare il momento di liberazione rispetto a quello di incasso della somma dovuta da parte del creditore, non è possibile però ritenere che l’effetto liberatorio consegua nell’inconsapevolezza del creditore, non debitamente informato e non posto quindi in condizione di riscuotere il credito, tenuto conto delle ripercussioni di tali circostanze sia sulla debenza degli interessi, sia soprattutto sul diritto di azione e difesa in giudizio del creditore, che deve poter controllare l’attualità della propria posizione creditoria al momento in cui decide di agire in giudizio a tutela dei propri diritti.

Il Collegio condivide pertanto l’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez.IV, 9/12/1997 n. 1351), secondo la quale va attribuito rilievo alla data della comunicazione dell’emissione dell’ordinativo di pagamento effettuata dalla Tesoreria di Stato, a cui compete l’incombente; la semplice emissione del mandato o dell’ordine di pagamento non è di per sè sufficiente a rendere la somma ivi indicata disponibile per il creditore, in quanto quest’ultimo può esigere il pagamento solo con la presentazione del mandato all’ufficio deputato al pagamento dello stesso; pertanto, perchè la somma dovuta dalla pubblica amministrazione non sia più produttiva di interessi, occorre che del mandato di pagamento sia data notizia al creditore perchè questi possa riscuoterlo, di talchè eventuali ritardi nella riscossione, con conseguente perdita degli interessi, sono solo ad esso imputabili.

Una diversa interpretazione, quale quella propugnata dalle Amministrazioni ricorrenti, che consideri irrilevante la data di comunicazione dell’emissione dell’ordinativo sarebbe gravemente illogica e irragionevole e si porrebbe in rotta di collisione con i principi costituzionali (art. 3,24,111 e 97 Cost.) nel momento in cui pretenderebbe la posizione in essere di condotte da parte di un soggetto non avvisato della loro possibilità e necessità e inciderebbe sul diritto di agire e difendersi in giudizio da parte di un soggetto privo dell’informazione necessaria per comprendere ex ante se ha torto o ragione.

Nè può essere condivisa, per la stessa ragione, l’argomentazione, contenuta nella memoria di parte ricorrente (pag.11) secondo cui l’emissione dell’ordinativo sposterebbe automaticamente, a prescindere dalla comunicazione, sul creditore l’onere di attivarsi per il materiale incasso delle somme dovute e con esso la responsabilità del ritardo nell’estinzione del debito.

8. Di conseguenza, il ricorso deve essere rigettato con la conferma della sentenza impugnata, con diversa motivazione, alla stregua del seguente principio di diritto:

“In tema di debiti delle amministrazioni statali soggetti alla speciale disciplina del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, e del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367, regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, la liberazione dell’amministrazione debitrice non consegue alla semplice emissione del mandato o dell’ordine di pagamento, di per sè insufficiente a rendere la somma ivi indicata disponibile per il creditore, ma esige altresì la comunicazione dell’emissione dell’ordinativo di pagamento effettuata dalla Tesoreria di Stato, a cui compete l’incombente ai sensi del R.D. n. 827 del 1924, art. 651, comma 5 atto recettizio che pone il creditore in condizione di esigere il pagamento con la presentazione del mandato all’ufficio competente.”

Nella specie le Amministrazioni ricorrenti si sono limitate ad assumere che l’ordinativo di spesa era stato emesso prima della notificazione del decreto ingiuntivo, ma non hanno mai dedotto (nè, tantomeno, provato) che la predetta notificazione fosse avvenuta dopo la debita comunicazione dell’emissione dell’ordinativo di spesa al creditore da parte della Tesoreria (circostanza che non risulta neppure allegata in causa): il che giustifica la conferma della sentenza impugnata con questa diversa motivazione, coerente con il principio di diritto enunciato.

Sussistono giusti motivi in considerazione della novità della questione trattata per la compensazione delle spese processuali.

Nei confronti delle Amministrazioni statali ricorrenti non ricorrono i presupposti del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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