Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29774 del 12/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 29774 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 10216-2012 proposto da:
INNOCENTI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE G. MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato
IGNAZIO SERRA, rappresentato e difeso dagli avvocati
ROMANO PILLI, GUIDO FERRADINI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3516

POLIGRAFICI EDITORIALE S.P.A.;

intimata

Nonché da:
POLIGRAFICI EDITORIALE S.P.A., in persona del legale

Data pubblicazione: 12/12/2017

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio
degli avvocati MARCO MARAZZA e DOMENICO DE FEO, che
la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

INNOCENTI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE G. MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato
IGNAZIO SERRA, rappresentato e difeso dagli avvocati
ROMANO PILLI, GUIDO FERRADINI, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1023/2011 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/10/2011 r.g.n.
1463/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato ROMANO PILLI;
udito l’Avvocato MAURIZIO MARAZZA per delega verbale
Avvocato MARCO MARAZZA.

contro

n. r.g. 10216/2012

FATTI DI CAUSA

Detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte distrettuale che,
in accoglimento dell’appello interposto dalla società, la condannava al
pagamento in favore di controparte, del minore importo di euro 25.991,45.
A fondamento del decísum, per quel che qui rileva, i giudici del gravame

rimarcavano come dal 10 gennaio 1989 l’Innocenti fosse stato assunto
presso la redazione decentrata de “La Nazione” in qualità di pubblicista cop
rapporto di lavoro a tempo indeterminato e parziale ex art.36 c.c.n.i.
giornalisti, assistito dal requisito della stabilità. Argomentavano che da tale
data, egli avrebbe potuto liberamente agire, senza alcun metus, a tutela
dei propri diritti; doveva quindi ritenersi che fosse decorso il termine di
prescrizione quinquennale ex art.2948 n.4 c.c., non rilevando, al rigúardo,
l’azione di simulazione del contratto stipulato fra le parti nel dicembre 1988
diretta a far emergere l’effettivo mutamento della realtà voluto dalle parti
con la stipulazione del negozio simulato. Confermavano, quindi, la
pronuncia del giudice di prima istanza, nella parte in cui aveva accertato
l’espletamento, da parte del ricorrente, di mansioni di redattore,
quantificando sulla scorta di tale parametro, le differenze retributive
spettanti; confermavano altresì l’accertamento del diritto del lavoratore ad
essere inquadrato, dal momento della iscrizione all’elenco dei giornalisti
professionisti, nella qualifica di redattore ordinario.
La cassazione di tale pronuncia è domandata da Marco Innocenti sulla base
di due motivi. •
Resiste con controricorso la società intimata proponendo ricorso incidentale
affidato a tre motivi cui replica con controricorso l’Innocenti. Entrambe le
parti hanno depositato memoria illustrativa.
La causa, inizialmente riservata alla udienza camerale, è stata quindi
rinviata per la trattazione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1

Il Tribunale di Pistoia, in accoglimento delle domande proposte da Marco
Innocenti nei confronti della s.p.a. Poligrafici Editoriale, condannava la
società al pagamento della somma di euro 408.376,53 a titolo di differenze
retributive rivendicate dal ricorrente in relazione al rapporto di lavoro
giornalistico di natura subordinata intercorso fra le parti sin dal 1982, con
riconoscimento ‘del trattamento economico e normativo spettante al
giornalista professionista ed il mantenimento della qualifica e . delle
mansioni di redattore ordinario.

n. r.g. 10216/2012

1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa

Ci si duole che la Corte distrettuale abbia ritenuto operante la prescrizione
dei crediti rivendicati anteriormente alla epoca di messa in mora del
23/9/2005, tralasciando di considerare che al rapporto di lavoro
subordinato nullo per contrarietà a norma imperativa quale quello in
esame, in ragione della mancanza di iscrizione all’Albo dei Giornalisti
Professionisti ex art.45 I. n.69/1963, non si applica la disciplina dei
licenziamenti con conseguente sospensione dei termini di prescrizione.
Gli approdi ai qua’ li è pervenuto il giudice del gravame contrasterebbero con
i principi inderogabili in materia di nullità secondo i quali le conseguenze
proprie della nullità del contratto non possono essere evitate per mezzo di
un diverso accordo intervenuto fra le parti. La natura meramente formale
del rapporto di lavoro part time in contrasto con la realtà fattuale dello
stesso, avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di simulazione del
rapporto ex art.1414 c.c.
Ogni questione attinente al diritto di credito vantato dal lavoratore rilevava
in relazione al solo contratto dissimulato, che, in quanto nullo per violazione
di legge, avrebbe comportato la sospensione dei termini prescrizionali di
legge.
2. Il motivo è infondato.
E’ principio informativo in materia di crediti di lavoro, che la disposizione
dell’art. 2948 n. 4 cod. civ. vada interpretata, in relazione alla normativa,
anche pattizia, che introduca un regime di stabilità del posto di lavoro, nel
senso che essa consente il decorso della prescrizione quinquennale dei
crediti di lavoro – dal momento della maturazione di ciascuno di essi – solo
nei rapporti dotati di tale stabilità (Cass. 5/1/1984 n.42).
Già con la sentenza n.63 del 1966 la Corte Costituzionale aveva statuito
che le disposizioni del codice civile le quali consentono che la prescrizione
quinquennale o quelle presuntive, relative a retribuzioni corrisposte per
periodi non superiori o superiori al mese sono da ritenere affette da
illegittimità costituzionale nella parte in cui fanno decorrere i termini relativi
durante la costanza del rapporto di lavoro. Ciò nella considerazione che,
allorché quest’ultima ipotesi si verifichi, è da presumere che la mancanza di
tempestiva impugnazione sia determinata dal timore di licenziamento,
2

applicazione degli artt.2948 n.4, 2935, 2936, 1414, 1418, 2126, 1398 c.c.
dell’art.45 I. n.69/1963, dell’art.18 1.300/70 in relazione all’art.360 comma
primo n.3 c.p.c. nonché omessa o insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ex art.360 comma primo n.5 c.p.c..

n. r.g. 10216/2012

Dopo l’emanazione della richiamata pronuncia, è intervenuta la legge 15
luglio 1966, n. 604, il cui art.1 stabilisce che, nei rapporti di lavoro a tempo
indeterminato per i quali la stabilità non risulti assicurata da norme di legge
o di contratto, il licenziamento non possa avvenire se non per giusta causa,
o per giustificato motivo, ponendo a carico del datore di lavoro l’onere di
fornirne la prova. La successiva legge 20 maggio 1970, n. 300, innovando
con l’art. 18 alle precedenti disposizioni, ha stabilito che, ferma restando
l’esperibilità delle procedure di cui all’art. 7 di queste ultime, l’annullamento
del licenziamento disposto senza giusta causa debba essere accompagnato
dall’ordine al datore di reintegrare il licenziato nel rapporto di lavoro; con
l’obbligo per lui, oltre che di risarcire il danno da questo subito a causa del
licenziamento, di corrispondergli le retribuzioni dalla data della sentenza
fino a quella dell’avvenuta reintegrazione.
Con sentenza n. 143 del 1969, i Giudici delle leggi ebbero a ritenere che il
principio con quella affermato non dovesse trovare applicazione tutte le
volte che il rapporto di lavoro subordinato fosse caratterizzato da una
particolare forza di resistenza, quale deriva da una disciplina che assicuri
normalmente la stabilità del rapporto e fornisca le garanzie di appositi
rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima risoluzione; e tale
interpretazione, fatta allora valere per i rapporti di pubblico impiego statali,
anche se di carattere temporaneo, trova applicazione in tutti i casi di
sussistenza di garanzie che si possano ritenere equivalenti a quelle disposte
per i rapporti medesimi. In tal senso con la sentenza della Corte
Costituzionale n2174 del 1972, si è ritenuto che siffatta analogia si verifichi
allorché ricorra l’applicabilità delle due serie di disposizioni menzionate, di
cui la seconda deve considerarsi necessaria integrazione della prima, dato
che una vera stabilità non si assicura se all’annullamento dell’avvenuto
licenziamento non si faccia seguire la completa reintegrazione nella
posizione giuridica preesistente fatta illegittimamente cessare.

3. Sulla scia di tali pronunce, questa Corte di legittimità, con approccio del
tutto univoco, ha ribadito che ai fini della decorrenza della prescrizione, per
la configurabilità di un rapporto di lavoro assistito dalla garanzia della
stabilità è necessario che lo stesso sia regolato da una disciplina che, sul
piano sostanziale, subordini la legittimità e l’efficacia della sua risoluzione
alla sussistenza di circostanze oggettive e predeterminate e, sul piano
processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità
di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo; il che deve essere
3

sicchè la prescrizione non corre prima del giorno in cui sia cessato il
rapporto.

n. r.g. 10216/2012

riconosciuto allorquando il posto di lavoro – quale che sia la natura pubblica
o privata del datore di lavoro – possa essere oggetto di una tutela reale.

4. Il successivo problema inerente alla individuazione del presupposto della
stabilità reale del rapporto, è stato, quindi, risolto da questa Corte nel
senso che deve essere verificato in relazione al concreto atteggiarsi del
rapporto stesso ed alla configurazione che di esso danno le parti
nell’attualità del suo svolgimento (dipendendo da ciò l’esistenza, o meno,
della effettiva situazione psicologica di metus del lavoratore) e non già alla
stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto, in
astratto, regolare il rapporto ove questo fosse sorto, sin dall’inizio, con le
modalità e la disciplina che il giudice, con un giudizio necessariamente ex
post, riconosce applicabili nella specie, con effetto retroattivo per il
lavoratore (ex plurimis, vedi Cass.4/6/2014 n.12553, Cass. S.U. 28/3/2012
n.4942, Cass. 19/1/2011 n.1147).
A siffatti principi la Corte distrettuale, nel proprio incedere argomentativo,
si è, dunque, conformata, laddove ha accertato che la stabilità del rapporto
scrutinato era garantita ex ante al ricorrente dall’art.18 1.300/70, in quanto
gli assicurava – sia pure in relazione al rapporto di lavoro quale giornalista
pubblicista part-time – “la permanenza di tale vincolo contrattuale al riparo
da condotte ritorsive aziendali…e gli consentiva di rivendicare quei diritti
conseguenti alla diversità fattuale del rapporto”.
In altri termini al ricorrente nel caso di specie, la stabilità del suo rapporto
lavorativo veniva assicurata sul piano sostanziale dalla legislazione che
subordinava l’efficacia del licenziamento alla sussistenza di circostanze
oggettive e prefissate, e sul piano della tutela dei diritti, dall’affidamento al
giudice del contratto delle suddette circostanze, con la garanzia di
rimozione degli effetti del licenziamento illegittimo.
Va, quindi, rimarcato che nella fattispecie in esame non si riscontra alcun
margine di incertezza circa il permanere del rapporto, assistito da quella
particolare forza di resistenza che la giurisprudenza dei Giudici delle leggi
pone quale presupposto per la decorrenza dei termini prescrizionali nel
corso del rapporto di lavoro e dalla insussistenza di una situazione di metus
del lavoratore nei confronti della parte datoriale.
4

Detta tutela deve consentire, cioè, non soltanto il risarcimento del danno di
fronte all’illegittimo licenziamento, ma anche la reintegrazione del
lavoratore, ai sensi dell’art.18 I. 20 maggio 1970 n.300, ovvero di altre
disposizioni che comunque garantiscano la stabilità (Cass., sez. lav.,
20/6/1997, n.5494, Cass. 23/4/2002 n. 5934 in motivazione).

n. r.g. 10216/2012

fondamento del motivo, secondo cui il rapporto di lavoro dissimulato, in
quanto nullo per violazione di legge, avrebbe comportato la sospensione dei
termini prescrizionali di legge giacchè, da un lato, secondo i dícta di questa
Corte, ai fini della individuazione del regime prescrizionale applicabile, è
necessario il riferimento al concreto atteggiarsi del rapporto stesso ed alla
configurazione che di esso danno le parti nell’attualità del suo svolgimento
che, nello specifico, era integrato da un contratto di lavoro quale giornalista
pubblicista part-time a tempo indeterminato; dall’altro, sempre alla luce del
consolidato orientamento di legittimità in tema di domanda di accertamento
della nullità del negozio apparente, se l’azione ai sensi dell’art. 1422 cod.
civ. è imprescrittibile, il decorso del tempo può invece colpire i diritti che
presuppongono l’esistenza del negozio dissimulato (vedi Cass. sez. seconda
27/8/2013 n.19678, Cass. 26/11/2003, n. 18025).
Anche sul punto la decisione dei giudici d’appello, per essere corretta in
diritto ed adeguatamente motivata, si sottrae ad ogni censura in questa
sede di legittimità.
Nei sensi descritti, non appare, dunque, dirimente il richiamo di parte
ricorrente a precedente arresto di questa Corte (Cass. 12/11/2007
n.23472), in ragione della fattispecie scrutinata, non sovrapponibile per la
sua specificità, a quella oggetto del precedente invocato, il cui thema
decidendum aveva ad oggetto un contratto di lavoro subordinato qualificato
come autonomo, con modalità del rapporto lavorativo ben differente da
quello oggetto di, esame in questa sede.
5. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt.2948 n.4, 1363-1367 c.c., dell’art.45 I. n.69/1963, dell’art.36 c.c.n.l.
giornalisti professionisti in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c..
Il ricorrente argomenta dalla affermata nullità del rapporto e dalla
conseguente sua inefficacia, la inidoneità del contratto inter partes ad
assicurare al lavoratore “irregolare” la stabilità del rapporto. Precisa che
dalla pattuizione collettiva di cui all’art.36 si evince che le parti sociali
hanno inteso adeguare il rapporto giornalistico redazionale alle disposizioni
inderogabili della legge n.69/63 prevedendo una tutela transitoria per i
rapporti di lavoro già in atto con pubblicisti assunti a tempo pieno e con
vincolo di esclusiva. La disposizione assicurerebbe esclusivamente una
tutela di tipo economico in relazione ad un rapporto irregolare, che
esulerebbe da ogni riflesso sulla stabilità del rapporto.
6. La censura presenta profili di improcedibilità non essendo prodotto
integralmente, ma solo per stralcio, il contratto collettivo di settore, così
5

Nell’ottica descritta non appare decisiva l’argomentazione posta a

il.r.g.10216/2012

plurimis, Cass. 26/9/2016 n. 18866 nonchè Cass. 4/3/2015 n. 4350,
secondo cui “nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli
accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art.
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella formulazione di cui al
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione
del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla
funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario . per
l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ.” cui
adde). Si palesa comunque infondata alla luce delle considerazioni espresse
in relazione al motivo che precede.
In definitiva, il ricorso principale non è meritevole di accoglimento.
7. Con il primo motivo del ricorso incidentale la società denuncia violazione
e falsa applicazione dell’art.1 I.n.69/1963, dell’art.36 c.c.n.l. FNSI/FIEG del
10/1/1959 recepito con d.p.r. n.153/1961 in relazione all’art.360 comma
primo n.3 c.p.c., nonché omessa o insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ex art.360 comma primo n.5 c.p.c..
Si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto che “un giornalista
pubblicista, assunto a tempo parziale, ogni qualvolta utilizzato per lo
svolgimento di un’attività di lavoro a tempo pieno, pone in essere una
prestazione di lavoro viziata da nullità insanabile e, pertanto, idonea a
poter esser tutelata solo ai sensi dell’art.2126 c.c.”. Argomenta per contro,
che la prestazione resa dal giornalista, ancorchè a tempo pieno, non può
essere considerata affetta da nullità, stante la legittimazione del giornalista
pubblicista addetto alle redazioni decentrate, a svolgere appieno anche
l’attività giornalistica in virtù della citata disposizione contrattuale collettiva.
Incongrua era quindi da ritenersi l’azione intrapresa dal ricorrente ex
art.2126 c.c., correttamente inquadrabile nell’ambito della rivendicazione di
differenze retributive per lavoro straordinario il cui svolgimento non aveva
rinvenuto adeguato riscontro in sede istruttoria.
8. Con il secondo motivo la società deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 1 e 63 I. n. 69/1963 dell’art.36 c.c.n.l.g. in relazione all’art.360
comma primo n.3 c.p.c., nonché omessa o insufficiente motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art.360 comma primo n.5
c.p.c.. Critica la sentenza impugnata per aver applicato il trattamento
retributivo proprio del giornalista professionista in relazione alle prestazioni
lavorative rese dall’Innocenti in eccedenza rispetto all’orario di lavoro
contrattuale, a lui competendo i compensi riconosciuti in favore dei
praticanti giornalisti.
6

come previsto dal costante orientamento espresso da questa Corte (vedi ex

r.g. 10216/2012

9. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli

10. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la
soluzione di questioni giuridiche connesse, vanno disattesi per plúrime
concorrenti ragioni.
Non può sottacersi, innanzitutto, che presentano aspetti di improcedibilità
per violazione dei dettami di cui all’art.369 n.4 c.p.c. con riferimento al
deposito in forma integrale del c.c.n.l. di settore, che non risulta
ritualmente prodotto.
11. Deve inoltre, evidenziarsi, con riferimento al terzo motivo, che non
risulta dimostrata la rituale formulazione della questione nel corso del
giudizio di merito.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, qualora una determinata
questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti
trattata in alcun modo nella sentenza impugnata né indicata nelle
conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede
di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità
della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto
difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla
Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione,
prima di esaminare nel merito la questione stessa (vedi Cass. 22/4/2016
n.8206). La censura non si sottrae, dunque, ad un giudizio di
inammissibilità.
12. In ogni caso va rimarcato, ancora una volta, come la Corte distrettuale,
laddove ha accertato lo svolgimento da parte dell’Innocenti, di attività
redazionale, quotidiana e a tempo pieno, con attribuzione del trattamento
economico previsto dall’art.36 c.c.n.l. per il giornalista professionista
redattore ordinario, abbia emesso una statuizione conforme a diritto perché
coerente coi dicta di questa Corte secondo cui “per l’esercizio dell’attività
giornalistica di redattore ordinario è necessaria la iscrizione nell’albo dei
giornalisti professionisti. Ne consegue che il contratto giornalistico concluso
con un redattore non iscritto nell’albo dei giornalisti professionisti, è nullo
non già per illiceità della causa o dell’oggetto, ma per violazione di norme
7

artt. 29, 31 c.1 n.3 e 34 I. n. 69/1963, nonché degli artt.35 e 36 c.c.n.l.g.
in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c., la ricorrente deduce, in
sintesi, che l’iscrizione dell’Innocenti all’Albo dei Giornalisti professionisti
sarebbe avvenuta in difformità dall’iter procedimentale previsto ex lege
vantando il proprio diritto a non vedere modificato il rapporto di lavoro per
effetto della illegittima iscrizione del lavoratore all’albo dei giornalisti.

n. r.g. 10216/2012

imperative, con la conseguenza che, per il periodo in cui il rapporto ha
avuto esecuzione, detta nullità non produce effetti ex art. 2126 cod. civ. e il
lavoratore ha diritto, ai sensi dell’art.36 Cost., alla giusta retribuzione, la
cui determinazione spetta al giudice di merito” (vedi da ultimo Cass.
21/4/2017 n.10158 – che ha confermato la decisione con cui la Corte

un parametro remunerativo in tutto corrispondente alle previsioni per tale
figura del CCNL Giornalisti – cui adde Cass. 22/11/2010 n.23638, Cass.
10/3/2004 n.4941).
Al lume delle superiori argomentazioni, anche il ricorso incidentale deve,
conclusivamente, essere respinto.
In considerazione della situazione di reciproca soccombenza, le spese del
presente giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Compensa fra le parti le spese del
presente giudizio.
Così deciso in Roma il 20 settembre 2017.
Il Consigliere estensore

Punziottarl o Giuclizbuio
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L.£,,,k’Ai
611’0144-a

CORTE SUPREMA DI CASSAM4

IV Sezione 4.1111110110,442

r Il President

territoriale aveva considerato che il pieno svolgimento, da parte del
giornalista, delle mansioni di redattore ordinario giustificasse l’adozione di

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