Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29773 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29773 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: VALLE CRISTIANO

ORDINANZA

sul ricorso 10973-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, elettivamente
domiciliata in ROMA, Largo G. FARAVELLI 22, presso lo
studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

SIMEONE FABIO, C.F. SMNFBA83TO1H501B elettivamente
2017
3394

domiciliato in ROMA, VIALE ANICIO GALLO 3, presso lo
studio dell’avvocato FRANCO CAPONI, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 665/2012 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 12/12/2017

di ROMA, depositata il 23/04/2012 R.G.N. 4729/2009;

Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non
partecipata del 20 luglio 2017, dal consigliere relatore Cristiano Valle;
rilevato che:
la Corte di appello di Roma, giudice del lavoro, con sentenza pubblicata
il 23 aprile 2012, ha accolto l’appello proposto da Fabio Simeone avverso
la sentenza del Tribunale di Roma dichiarando la nullità del termine

con conseguente ripristino del rapporto e condannato la società alla
corresponsione, in favore del lavoratore, dell’indennità di cui all’art. 32
della I. n. ‘ 183 del 2010, in misura di quattro mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, oltre interessi sulle somme annualmente
rivalutate dal 14 febbraio 2006;
Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione avverso detta
pronuncia, censurandola con plurimi motivi, numerabili
complessivamente in tre, di cui all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.
in relazione all’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001 ed in relazione agli artt.
115, 116, 345, 416 e 420, comma 5, c.p.c. e 2697 c.c.;
Fabio Simeone si è difeso con controricorso.
Poste italiane s.p.a. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ritenuto che:
i primi due motivi di ricorso possono essere congiuntamente trattati
stante la loro stretta connessione;
la Corte territoriale ha affermato l’illegittimità della causale cd.
sostitutiva essendo il Simeone stato assunto “ai sensi dell’art. 1 del
d.lgs. n. 368/2001 per ragioni di carattere sostitutivo, in particolare per
la sostituzione di lavoratori temporaneamente inidonei allo svolgimento
di attività di recapito presso il Polo Logistico Territoriale Lazio, per il
periodo dal 22.12.2005 al 31.1.2006 come risulta da certificazione
medica agli atti di questa società”

in quanto, pur nell’adesione

all’orientamento giurisprudenziale di cui a Sez. L. n. 1577 del 2010 e
successive, nella causale del contratto a tempo determinato non sono

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apposto al contratto a tempo determinato decorrente dal 22.12.2005,

specificati il numero dei lavoratori da sostituire e la tipologia
dell’assenza;
i detti motivi di gravame sono fondati, avendo questa Corte affermato,
sin dal 2010, con riferimento alla causale che l’onere di specificazione
delle ragioni sostitutive è

“correlato alla finalità di assicurare la

trasparenza e la veridicità della causale dell’apposizione del termine e

situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una
singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica,
occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi
legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni
stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali
l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa,
le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla
conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il
numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati
nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della
sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità” (Cass.
n. 1576 e n. 1577 del 2010, seguite da numerose altre quali, più di
recente, n. 1246 del 2016 e n. 9129 del 2017, richiamanti la sentenza
n. 107 del 29.5.2013 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato
l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e
11 del d.lgs. n. 368 del 2001, sollevata dal giudice remittente con
riferimento all’interpretazione, resa dalle pronunce di questa Corte,
dell’onere di specificazione);
la Corte di appello ha ritenuto necessaria l’indicazione del numero dei
lavoratori da sostituire e della ragione dell’assenza del personale che a
mezzo del contratto a tempo determinato si intendeva sostituire ma ciò
non risulta coerente con il principio di cd. elasticità che questa Corte ha
più volte ritenuto governare la materia (Cass. n. 10068 del 2013:

“l’onere di nell’atto scritto costituisce una
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l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle

perimetrazione della facoltà riconosciuta all’imprenditore di far ricorso al
contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta
gamma di esigenze aziendali – di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o aziendale -, a prescindere da fattispecie predeterminate.
Tale onere ha l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato dell’istituto
per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla

momento della stipula del contratto. D’altro canto, tuttavia, proprio il
venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il
concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non Più
standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui
il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione
risente, dunque, di un certo grado di elasticità che in sede di controllo
giudiziale deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e
ragionevolezza. Con riferimento specifico alle ragioni di , pertanto, il contratto a termine se in una situazione
aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a
consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e
ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale
complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore
assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una
singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia
occasionalmente scoperta. In quest’ultimo caso, il requisito della
specificità può ritenersi soddisfatto con la verifica della corrispondenza
quantitativa tra il numero de/lavoratori assunti con contratto a termine
per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che
per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo
dell’assunzione”);
inoltre la Corte Costituzionale con la sentenza n. 107/2013 ha dichiarato
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 11
d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, sollevate in relazione agli articoli 3 e
77, comma 1, della Cost., ed ha osservato che: anche nell’ordinamento

legge, imponendo la riconoscibilità della motivazione addotta già nel

previgente la regola dell’indicazione del nominativo del lavoratore
sostituito non era assoluta e inderogabile; il d.lgs. n. 368/01 ha
introdotto una disciplina generale in materia di cause giustificatrici
dell’apposizione del termine al contratto di lavoro destinata a subentrare
a quella risultante dalla combinazione dell’art. 1 della I. n. 230 del 1962
con l’art. 23, comma 1, della legge n. 56 del 1987, mentre già

della contrattazione collettiva, potessero essere stipulati contratti a
tempo determinato per esigenze sostitutive senza la necessità d’indicare
nel documento negoziale il nominativo del dipendente sostituito;
cosicché l’interpretazione dell’art. 1 d.lgs. n. 368 del 2001, come
accreditata dalla Corte di Cassazione nel solco dei principi enunciati dalla
Corte Costituzionale, non segna una inversione di tendenza neppure
rispetto alla disciplina precedente ed anzi si giustifica in quell’ottica di
armonizzazione e coerenza sistematica cui risponde l’inserimento delle
esigenze sostitutive nella nuova previsione generale delle ragioni a
fronte delle quali il contratto di lavoro subordinato può essere stipulato
a tempo determinato;
la CGUE, esprimendosi sulla compatibilità comunitaria della normativa
in oggetto (sentenza del 24 giugno 2010, in causa C- 98/09), ha
riaffermato il principio che anche il primo ed unico contratto a termine
rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 1999/70/CE e
dell’accordo quadro ad essa allegato; correlativamente, la stessa Corte
di Giustizia ha riconosciuto che un intervento del legislatore nazionale
come quello in questione, ancorché elimini l’obbligo datoriale d’indicare
nei contratti a tempo determinato, conclusi per sostituire lavoratori
assenti, il nome di tali lavoratori e í motivi della loro sostituzione e
prescriva, in sua vece, la specificazione per iscritto delle ragioni del
ricorso a siffatti contratti, non solo è possibile, ma neppure viola la
clausola della direttiva n. 8.3., che vieta una riduzione del livello
generale di tutela già goduto dai lavoratori;

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quest’ultima disposizione, ammetteva che, per il tramite delle clausole

deve, quindi, affermarsi che l’indicazione – nel testo del contratto di
lavoro a tempo determinato – delle mansioni che il Simeone doveva
disimpegnare, in quanto assunto in sostituzione di personale addetto al
recapito – temporaneamente inidoneo allo svolgimento della detta
attività -, in una con l’individuazione della zona di espletamento delle
stesse (Polo Logistico Territoriale Lazio), e la perimetrazione del periodo

di espletamento di esse (coincidente sostanzialmente con i mesi
invernali a cavallo degli anni 2005 – 2006), debbano essere
adeguatamente valutate dalla corte territoriale, ai fini dell’accertamento
della sussistenza o meno del requisito di specificità previsto dall’art. 1
d.lgs. n. 369, del 2001, avuto riguardo al suddetto grado di elasticità;
l’accoglimento dei primi due mezzi comporta l’assorbimento del terzo;
la sentenza gravata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di appello
di Roma, in diversa composizione, che provvederà sulle spese;
stante l’accoglimento del ricorso deve darsi atto dell’insussistenza dei
presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d. P.R. n. 115 del
2002, per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il ricorso con riferimento ai primi due
motivi, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ad
detti motivi e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d. P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente-~ dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso -~pele, a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassaziong.,___
sezione IV lavoro, in data 20 luglio 2017.
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CORTE &PROSA DI CASSAZI4

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Il presidente
Vittorio Nobile

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