Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29770 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 15/11/2019), n.29770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2997-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.F. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VICO GIAMBATTISTA 22, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FRUSCIONE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MARCO TURCI, RAFFAELLA VIANELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4279/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 25/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la V.F. s.p.a., impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia che, decidendo in sede di rinvio pronunziato da questa Corte con la sentenza n. 16109/2015 nel procedimento proposto dalla società per l’annullamento di avvisi di rettifica contenenti anche sanzioni per avere indebitamente fruito del regime di sospensione del pagamento dell’IVA in relazione all’introduzione solo formale di merce importata nel deposito IVA, ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio- che aveva rinunziato parzialmente al gravame in relazione all’annullamento in autotutela degli avvisi di rettifica – e decidendo sull’importo della sanzione applicabile disponeva applicarsi al ritardato versamento dell’imposta una sanzione da calcolare secondo il criterio dell’interesse legale, pure indicato dalla sentenza Equoland del 17 luglio 2014.

La V.F. s.p.a. si è costituita con controricorso, eccependo preliminarmente l’improcedibilità del, ricorso, pure depositando memoria.

Quanto alla ritualità del ricorso per cassazione, posta in discussione dalla controricorrente sotto il duplice profilo del formato con il quale è stato inviato il documento informatico e della esistenza di una indicazione circa l’invalidità di una delle firme risultante dall’apertura del documento in Adbode Reader DC, le censure sono infondate, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte, alla cui stregua In tema di processo telematico, a norma del D.Dirett. 16 aprile 2014, art. 12, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 – Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato decreto dirigenziale, art. 19 bis, commi 2 e 4, -cfr. Cass., S.U., n. 10266/2018 – Nè l’eccezione relative all’esistenza di una firma non valida inficia la presenza nel documento informative notificato alla Franco Vago l’esistenza della firma digitale dell’Avvocato dello Stato Meloncelli dallo stesso attestata all’atto del deposito dell’attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, artt. 6 e 8 e D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23.

Passando all’esame del ricorso, con il primo motivo l’Agenzia deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2. La CTR non avrebbe applicato il principio di diritto affermato da questa Corte con la sentenza n. 16109/2015 in punto di sanzioni, laddove era stato chiaramente affermata l’applicabilità del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, con le eventuali riduzioni ivi previste in relazione all’epoca del ritardo.

La censura è fondata.

Ed invero, questa Corte, con la ricordata sentenza n. 16109/2015, affrontando la questione relativa alla sanzionabilità della condotta dell’importatore che aveva indebitamente utilizzato il deposito IVA per l’inserimento solo virtuale della merce, ha così statuito, per quel che qui rileva:

“2.5 Orbene, non rinvenendosi all’intero del testo unico leggi doganali di cui al D.P.R. n. 43 del 1973 o del Reg. CEE n. 2913/1992 – cod. doganale comunitario – una disposizione sanzionatoria speciale per le condotte di omesso o ritardato versamento dell’IVA all’importazione, appare corretta la sussunzione della condotta contestata alla parte contribuente nello stigma del ricordato art. 13, in questa direzione orientando per un verso – come detto – il riconoscimento dell’IVA all’importazione quale tributo interno e, per altro verso, la portata generale della sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e la sua applicabilità all’omesso o ritardato versamento di qualunque tributo – Cass. n. 17436/2010 -.

12.6 Errata, pertanto, risulta la decisione impugnata laddove ha escluso l’applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 senza considerare che tale sanzione consegue tanto all’ipotesi del mancato pagamento dell’IVA all’importazione che a quella di ritardato pagamento della stessa – ove dovesse risultare che il sistema dell’auto fatturazione con il quale è stata assolta l’IVA interna era conforme a quanto previsto dalla sentenza Equoland al fine di escludere l’esistenza della relativa pretesa fiscale da parte dell’Agenzia delle dogane -.

12.7 Resta ancora da evidenziare che, come già ricordato, la sentenza Equoland ha espresso rilevanti principi in tema di proporzionalità della sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 in relazione alla condotta di mancato versamento dell’IVA all’importazione per effetto dell’immissione virtuale dei beni in deposito IVA. 12.8 Orbene, anche tali principi dovranno essere applicati dal giudice del rinvio. La CTR, in particolare, dovrà valutare in sede di rinvio la proporzionalità della sanzione applicata in relazione alla contestazione esposta dall’Ufficio, considerando la rilevanza del pagamento effettuato all’atto di estrazione della merce con le forme della autofatturazione disciplina dal D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 6 e tenendo conto del tempo intercorso fra omesso versamento dell’IVA all’importazione ed eventuale assolvimento dell’IVA interna – con annotazione nei relativi registri – all’atto dell’estrazione della merce – v. pp. 39 e 42 sent. Equoland -. Ciò anche al fine di vagliare l’applicazione alla fattispecie delle misure sanzionatorie ridotte previste dal medesimo art. 13 citato in caso di ritardo nel versamento e della loro proporzionalità in relazione ai criteri indicati dalla Corte di Giustizia ai punti n. 42/44 della sentenza Equoland.

Sulla base delle superiori conclusioni, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia, la quale si atterrà ai principi di diritto sopra esposti, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità”.

Ora, la CTR ha ritenuto che la misura sanzionatoria dovesse essere applicata nella misura degli interessi legali, richiamando un passaggio della sentenza Equoland.

Così facendo la CTR non si è tuttavia uniformata al principio di diritto posto da questa Corte, rivolto a riconoscere per l’un verso l’applicabilità delle sanzioni dell’art. 13 e, per altro verso, a demandare al giudice del rinvio l’esame della proporzionalità del regime normativo, anche in relazione alla possibilità di applicare le misure ridotte che la stessa disposizione dell’art. 13 prevede per i casi di ritardato versamento del tributo.

Le superiori considerazioni resistono alle prospettazioni difensive esposte in memoria dalla parte contro ricorrente, ove si consideri che le statuizioni in diritto fissate dalla sentenza n. 16109/2015 di questa Corte in punto di applicabilità dell’art. 13 cit. con i temperamenti resi necessari in ragione del rispetto del canone di proporzionalità della sanzione non potevano essere in alcun modo modificabili dal giudice di rinvio, anche nell’ipotesi di mutamento giurisprudenziale successivo da parte del giudice di legittimità -cfr.Cass. n. 27155/2017, Cass. n. 608/2014 -.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per il fatto che la CTR, liquidando le spese per quattro gradi di giudizio nella misura di Euro 10.000,00 avrebbe determinato un importo non conforme ai criteri di ripartizione delle spese legali, tenuto conto che l’Agenzia non era da ritenere soccombente totale, tale censura rimane assorbita dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente, la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 15 novembre 2019

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