Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2977 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 10/02/2010), n.2977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Z.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Zanardelli

20, presso l’avv. LAIS Fabio, che lo rappresenta e difende,

unitamente all’avv. Alberto Bertora, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 117/21/07 del 4/10/07.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

” Z.F. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato il ricorso del contribuente contro una cartella di pagamento IRAP. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita.

Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo il contribuente, sotto il profilo del vizio di motivazione, contesta l’accertamento del giudice tributario quanto al fatto che, dalla sua dichiarazione dei redditi, emergerebbero compensi a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale svolta per L. 51.700.000.

Il mezzo è inammissibile.

Il contribuente non nega che la contestata circostanza emerga dalla propria dichiarazione dei redditi ma, assumendo che l’indicazione sia frutto di errore, si duole che il giudice tributario non ne abbia tenuto conto. In tal modo, però, egli invoca dal giudice di legittimità un inammissibile accertamento di fatto.

Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, assume che l’onere della prova riguardo alla natura delle spese ritenute dal giudice non documentate spettasse all’amministrazione.

Il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che questa Corte ha affermato che l’onere della prova in ordine alle circostanze che escludono l’assoggettamento ad IRAP dei professionisti incombe sul contribuente (Cass. 3676/07 ed altre)”;

che il ricorrente ha presentato una memoria;

che il collegio condivide la proposta del relatore, osservando, quanto al primo motivo, che seppure è vero che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (in questo senso Cass. 22021/06), tuttavia è indubbio che quello riguardo alla sussistenza dei lamentati errori costituisce accertamento di fatto, spettante esclusivamente al giudice di merito, cui non può sovrapporsi la diversa valutazione del giudice di legittimità, adito con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5;

che d’altro canto, quanto al secondo motivo, il principio secondo cui l’onere probatorio incombe sul contribuente il quale, in quanto professionista, assuma l’insussistenza, in concreto, dei presupposti per l’imposizione IRAP, vale anche nel caso in cui il contribuente resista alla pretesa tributaria e non agisca per il rimborso;

che pertanto il ricorso va rigettato;

che appare peraltro equo disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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