Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29768 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Benucci Claudio ed

Eleonora Ziccheddu del foro di Roma ed elettivamente domiciliato

presso il loro studio in Roma, via Cassiodoro n. 19;

– ricorrente –

contro

C.B., rappresentata e difesa dagli Avv.ti de Sisto Luigi

e Teodora Marchese del foro di Roma, in virtù di procura speciale

apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata

presso il loro studio in Roma, via Panaro n. 14;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 5926 depositata il

9 febbraio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27

ottobre 2011 da Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, che – in assenza delle parti costituite

– ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato ex art. 316 c.p.c., B. C. evocava, dinanzi al Giudice di pace di Roma, R. G. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 2.769.000, oltre rivalutazione ed interessi, dovuta a titolo di rimborso pro-quota di quanto dallo stesso percepito per la locazione dell’appartamento condominiale (sito in via (OMISSIS)), per il periodo 1993 – 1998, in qualità di amministratore dello stabile, cifra per la quale era mancata la ripartizione.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuto che evidenziava la temerarietà dell’azione intrapresa, il Giudice di pace adito, espletata c.t.u. contabile, accoglieva la domanda condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 1.430,07, oltre ad interessi. A sostegno della decisione adottata il giudice, preliminarmente, riteneva l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità e di im procedibilità della domanda per non essere consentita la difesa personale dell’attrice, a norma dell’art. 82 c.p.c., comma 1, nonchè di incompetenza per materia del giudice adito, quanto alla prima, perchè essendo stato il giudizio introdotto con processo verbale raccolto dal giudice di pace di turno, l’istante veniva autorizzata alla difesa personale, autorizzazione che però veniva revocata, stante il valore della causa, quanto alla seconda, perchè oltre ad essere tardiva, era assolutamente generica.

Concludeva, nel merito, per la fondatezza della domanda emergendo dalla c.t.u. contabile che non era stata effettuata “alcuna ripartizione dei canoni relativi all’appartamento de quo tra i condomini proprietari”.

Avverso l’indicata sentenza ha presentato ricorso per cassazione il R., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito la C. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè proposto avverso una sentenza del giudice di pace appellabile e non ricorribile direttamente in cassazione.

L’art. 113 c.p.c., stabilisce che il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede Euro 1.100,00. L’art. 339 c.p.c., comma 3, dispone poi che sono inappellabili le sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità indipendentemente dal fatto che il giudice abbia pronunciato sul merito della controversia o si sia limitato ad una pronuncia sulla competenza o su altra questione preliminare o di rito o di merito o, infine, abbia pronunciato sul merito e sulla competenza. Quando, invece, il giudice di pace abbia deciso una controversia di valore superiore ad Euro 1.100,00, la relativa pronuncia è impugnabile con il mezzo di appello e ciò anche quando abbia erroneamente pronunciato secondo equità e non secondo diritto. Al riguardo questa Corte ha avuto modo di chiarire che:

– per le controversie di competenza del giudice di pace, la regola di decisione secondo equità per le cause di valore entro Euro 1.100,00 attiene esclusivamente alle cause decise da detto giudice secondo valore, e quindi necessariamente alle sole cause attinenti a beni mobili per effetto dell’art. 7 c.p.c. (v. Cass. 13 maggio 2003 n. 7293);

– le sentenze del giudice di pace rese in controversie di valore eccedente Euro 1.100,00 o di valore indeterminato o indeterminabile, per le quali vige la presunzione, posta dall’art. 14 c.p.c., che la domanda copre tutta l’area di competenza attribuita al giudice adito, devono essere impugnate, al pari di quelle pronunciate in cause per le quali la competenza sia al giudice di pace attribuita per materia ai sensi dell’art. 7 c.p.c., comma 3, nn. 1, 2 e 3, (qualunque ne sia il valore), mediante l’ordinario mezzo dell’appello ex art. 339 c.p.c., comma 1, e non con il ricorso per cassazione, ciò anche quando il giudice di pace abbia ritenuto di decidere la controversia non secondo diritto ma secondo equità, erroneamente estendendo il potere di decidere “ex bono et aequo” attribuitogli dall’art. 113 c.p.c., comma 2 a ipotesi estranee alla specifica previsione normativa (v. Cass. 8 agosto 2002 n. 11933);

– in tema di impugnazione, le sentenze del giudice di pace, in tutti i casi in cui la competenza gli sia attribuita per materia ai sensi dell’art. 7 c.p.c., comma 3, n. 3, ovvero sia di valore indeterminato, devono essere impugnate con l’ordinario mezzo dell’appello ex art. 339 c.p.c. e non mediante ricorso per cassazione, e ciò anche nel caso in cui il giudice abbia ritenuto erroneamente di decidere la casa non secondo diritto ma secondo equità, estendendo il potere attribuitogli dall’art. 113 c.p.c., ad ipotesi estranee alla specifica previsione normativa (v. Cass. 15 ottobre 2009 n. 21926; Cass. 9 febbraio 2006 n. 2862).

Il Collegio condivide e ribadisce i riportati principi di diritto affermati nella giurisprudenza di legittimità per cui – rilevato che oggetto della controversia attiene ad un credito di Euro 1.430,07 – il ricorso deve essere dichiarato inammissibile essendo stato proposto avverso una sentenza che, per quanto esposto, doveva essere impugnata con il mezzo dell’appello e non con il ricorso per cassazione.

La natura della pronuncia preclude ogni indagine sulla legittimazione del ricorrente – amministratore.

Le spese del giudizio di cassazione vanno poste a carico del ricorrente soccombente e liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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